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FUTURE FILM FESTIVAL 2002
Bologna, 16-20 gennaio 2002

16 gennaio - 17 gennaio - 18 gennaio - 19 gennaio - 20 gennaio

Terza giornata, 18 gennaio 2002

Purtroppo è ancora necessario fare qualche tiratina d'orecchie all'organizzazione del festival: i titoli di coda dei film, specialmente quando si tratta di anteprime di cui non sono in distribuzione i pressbook, non si devono tagliare per nessun motivo, specialmente poi se questo motivo sono comunicazioni di servizio che possono essere date qualche minuto dopo. La nostra massima solidarietà e comprensione per tutti i disagi inevitabili causati dai danni riportati alla sede della sala stampa il primo giorno del festival in seguito ad un incendio, ma non per quelli evitabili.

Avalon e i piani di realtà nel cinema di Mamoru Oshii

Per cercare di capire - o perlomeno di godere di - un film come "Avalon" bisogna essere disponibili a rinunciare alle nozioni di spazio-tempo così come le abbiamo sempre intese. Non c'è un "prima, durante e dopo", non c'è un "qui" ed un "là", ma piani spazio-temporali completamente avulsi da qualsiasi contesto, che vivono di leggi proprie e che solo a queste fanno riferimento.
Non tragga in inganno il fatto che questo specifico tema è da qualche anno a questa parte al centro di una cospicua serie di pellicole più o meno valide, che vanno dal sopravvalutato "Matrix" all'autoriale "eXistenZ", dal commerciale "Il tredicesimo piano" all'intelligente "Truman Show" o all'inquietante e fumettistico "Dark City". Non ci si faccia ingannare, si diceva, pensando che Oshii stia seguendo la moda del momento, perché il suo è un discorso coerente che si snoda nel corso degli anni, e che era già molto evidente in un film d'animazione uscito in tempi decisamente non sospetti, negli anni '80: "Lamù Beautiful Dreamer" (proiettato mercoledì 16, purtroppo in video). Qui il pretesto per riflettere su realtà ed immaginazione è un sogno di Lamù nel quale sarebbero caduti tutti i suoi amici. Una sorta di divertissement che però, a poco a poco, si rivela sempre più un discorso serio e profondo, al punto che il regista si concede di lasciarci con il dubbio fino alla fine: Ataru, il fidanzatino di Lamù, ora è sveglio o no?

 "Avalon", primo film di Oshii interamente girato con attori in carne ed ossa, risente anche delle suggestioni "tecnologiche" del futuristico "Ghost in the Shell" e si muove in una Polonia inesistente, la Polonia che potrebbe essere esistita se la guerra fredda non fosse mai finita, altamente tecnologizzata ed informatizzata con sullo sfondo le "location" tipiche dell'Europa dell'est del post-seconda guerra mondiale. Il semi-bianco e nero (in realtà è più un virato al seppia con intersezioni casuali di colore) scelto dal regista contribuisce a conferire a queste location la giusta patina di antico e trascurato, di spartano e rigoroso (chi ha potuto visitare una qualsiasi delle città dell'Europa dell'est prima della caduta del muro, o anche subito dopo, sa a cosa mi riferisco).
In questa immaginaria Polonia si svolge un gioco totale e totalizzante chiamato "Avalon", che allude a molti degli adventure che van per la maggiore. Tra i tanti giocatori noi seguiamo le azioni di Ash, solitaria eroina che vive per il gioco (o gioca per vivere?), e insieme a lei ci perdiamo in un mondo dai confini molto labili, senza il conforto di punti di riferimento riconoscibili.


Il finale ci mostra una Polonia a colori, che potrebbe essere quella di oggi, o quella di tra qualche anno, dove il capitalismo ed il consumismo han preso il posto del comunismo, dove la gente va in metropolitana, prende i taxi, va ai concerti, le donne vestono elegantemente, etc etc. Eppure anche questo mondo potrebbe essere irreale, e probabilmente lo è. Come già "eXistenZ", "Avalon" non ci offre una risposta, ed è questo il suo maggiore punto di forza. Sta a noi decidere quale mondo potrebbe essere quello reale, o arrivare magari alla conclusione che nessuno lo è, o che qualsiasi potrebbe esserlo.
Di sicuro quello più affascinante è proprio lo spazio del gioco, tipico dell'immaginario di Oshii, a metà tra carne e metallo, figure umane e macchine, location reali e location digitali-sintetiche.

Una piccola nota curiosa e personalissima: l'eroina del film somiglia in modo inquietante ad Aki Ross.


Federica Arnolfo