NearDark - Database di recensioni

NearDark - Database di recensioni

Africa

Godard Tracker


Tutte le
Rubriche

Chi siamo


NearDark
database di recensioni
Parole chiave:

Per ricercare nel database di NearDark, scrivete nel campo qui sopra una stringa di un titolo, di un autore, un paese di provenienza (in italiano; Gran Bretagna = UK, Stati Uniti = USA), un anno di produzione e premete il pulsante di invio.
È possibile accedere direttamente agli articoli più recenti, alle recensioni ipertestuali e alle schede sugli autori, per il momento escluse dal database. Per gli utenti Macintosh, è possibile anche scaricare un plug-in per Sherlock.
Visitate anche la sezione dedicata all'Africa!


Un dia de suerte
Anno: 2002
Regista: Sandra Gugliotta;
Autore Recensione: adriano boano
Provenienza: Argentina;
Data inserimento nel database: 10-11-2002


Un dia de suerte

Un dia de suerte

Regia di Sandra Gugliotta

sceneggiatura: Sandra Gugliotta, con Marcelo Schapces e Julio Cardozo
fotografia: Alberto Iannuzzi
musica: Diego Frenkel, Sebastian Schachtel
scenografia: Fabiana Piotti
montaggio: Alejo Flah
suono: Leandro de Loredo
cast: Valentina Bassi, Fernán Mirás, Darío Vittori, Damián De Santo, Lola Berthet, Nicolás Mateo
durata: 94'
nazionalità: Argentina-Spagna, 2002 produzione: Marcelo Schapces per Barakachine, rua de las artes 1125, 1424 Buenos Aires, [email protected]
vendita: KWA, estrecho de Mesina 12, 28043 Madrid, Spagna, [email protected]

Incredibile come in mezzo al disastro economico la terra del sur sappia sfornare prodotti così pieni di risate, di capacità di interpretare Buenos Aires attraverso lo sguardo scanzonato di una ragazza innamorata e sognatrice, seppure quotidianamente costretta a scontrarsi con la realtà di sottoccupazione e piccoli espedienti. Il mondo porteño emerge come in Pizza birra e faso, ma senza la cupezza di quella pellicola, tratteggiando un personaggio come quello di Silvia Prieto, ma molto meno attento a una sceneggiatura forte, fatta di intrecci, che vengono sostituiti dalla freschezza nouvelle vague, ancora riconoscibile a 40 anni di distanza.


Saturo il bianco/nero che punteggia la fiction con le manifestazioni "reali" di quest'anno terribile, modernizzando la dolce nostalgia del nonno anarchico siciliano (la sua prima battuta ancora fuori campo: "La senti? sta tornando l'agitazione" e l'ultima immagine lo vede, splendido "giovane" ottantenne in mezzo al tumulto), vero legame con quella terra che attrae Elsa, invaghita di un palermitano, che va a raggiungere, percorrendo al contrario il viaggio dell'abuelito, il cui racconto è un momento di intensa commozione fuori dal tempo.
Contrastato il bianco/nero dentro i bar bonaerensi, che restituisce quella nostalgia argentina, che non pervade tutto il film, come poteva essere El lado oscuro del corazon, perché non si usa la citazione poetica, preferendo la durezza del quotidiano sbarcare illunario; e si lascia molto spazio all'amicizia tra le due ragazze e con Walter, amour fou, impossibile per il richiamo europeo, il bisogno di fuggire da una nazione amata, eppure senza vie d'uscita.

S'indugia a lungo su spazi ristretti che condizionano in bene i particolari sui corpi giovani e sui rapporti che s'intrecciano tra roommate e compagni di scorribande, ma per introdurre meglio il personaggio si dà all'inizio ampio spazio agli infiniti lavoretti, ai sondaggi inventati, ai tanti profittatori intermediari - caporali dei lavori precarissimi - ripresi con una tecnica vicina più al cinema vérité che al dogma, con camera a mano in costante movimento per non perdere nessun gesto - e sono tanti -non lasciare indietro nessun improperio, nessun bisticcio, nessuna canna liberatoria dal lavoro su un terrazzo o in mezzo a un prato, illuminato dal sorriso contagioso di Elsa.
Ma rimane un elemento irrisolto: el viaje, luogo retorico di molto cinema argentino, che va a sud, come capita a Walter, il quale snocciola due volte la litania delle città patagoni da raggiungere: Agresti, ma anche Trapero e prima di loro Solanas e Soriano; che adesso diventa un nostos verso le terre d'origine (che però il nonno rifiuta: la sua scelta fu fatta molto tempo prima e verso l'Argentina, "da questo paese di merda non me ne vado più". Ma per Elsa "essere felice e stare con chi ama in un dia de suerte che spetta anche a lei è immaginabile solo al di là dell'oceano, anche se poi s'intreccia il telefono della vucciria con le manifestazioni del quartiere Palermo di Buenos Aires, costruendo quel corto circuito globale auspicato per tutto il film e ricercato nei singoli dettagli del cibo - altro topos argentino - o dei circoli porteños. Il film trova il suo significato in quel montaggio parallelo che il filo del telefono fonde, forse premonitore di quanto le ricette neoliberiste siano già riuscite a nuocere all'economia palermitana al punto da evocare l'intera cittadinanza scesa nelle piazze argentine per difendere altre Termini Imerese.

Come interpretare la vacca pedinata come avviene ai personaggi di La Fè del Volcan (anche per le stesse strade)? Qui manca la disperata metaforizzazione: la mucca sarà pure un simbolo del "campo" e della assenza della realtà "Se non ci siamo noi, non c'è niente qui", scandisce Walter, ma s'inserisce soprattutto nella tradizione del surrealismo magico di Solanas, quell'elemento onirico che ci fa arrovellare su una possibilità che esista un'evasione dal doversi concedere ai caporali per raggranellare i soldi per fuggire o un'alternativa al farsi palpare il culo ai semafori smerciando volantini. È la pampa come la immagniamo noi tutti, discendenti di emigrati in Argentina, ma è anche l'andatura lenta e meditabonda che contrasta con la frenesia delle farfalle, che "muoiono perché non sanno frenare" e si spiaccicano sul parabrezza.