Ricorsività tra

cinema e società argentina
5º puntata

Ci sono tragedie che sono ricorrenti per gli argentini: la desaparecion di Garage olimpo è sottesa anche in La fè del volcan, ma si disperde in miriadi di microstorie, incombenti ma curiosamente le storie di desaparecion sono ambientate in Buenos Aires, mai - mi pare - che episodi vengano ripresi a Mendoza o Cordoba o Rosario, quasi che, come sottolineato dal sottotitolo stesso del romanzo Le Irregolari di Massimo Carlotto (e/o edizioni), "Buenos Aires Horror Tour", quello sia il paesaggio sullo sfondo del quale sventolano i foulard di las madres della pasionaria Hebe de Bonafini. Il sottosviluppo della provincia rispetto alla superba Capital Federal. Invece l'insurrezione del dicembre 2001 è stata capillare e uguale in ogni zona del paese.

Hijos/Figli, Marco Bechis, 2001
Don Segundo Sombra, Manuel Antin, 1969 De la misteriosa Buenos Aires, Oscar Barney Finn, Alberto Fischerman, Ricardo Wuillicher, 1981 Bairoletto, Atilio Polverini, 1985

È un retaggio che affonda nel rapporto tra centro e periferia: la peste camusiana ricorre oltre che in Los Miedos, dove è circoscritta a Buenos Aires, anche in De la misteriosa Buenos Aires... a ridimensionare il delirio di onnipotenza che periodicamente colpisce la metropoli "europea", di cui i registi s'impegnano a mettere in scena gli angoli più degradati (Pizza birra e faso, ma anche Buenos Aires viceversa) o a ricollocare il fascino, il rapporto odio/amore tra provincia e centro; il successo letterario Una noche con Sabrina Love trova nel film di Agresti il suo significativo successo interno - e la non casuale indifferenza straniera - proprio in quella sottolineatura della differente realtà tra Buenos Aires e provincia, in particolare quella settentrionale: non va dimenticato che i primi disordini sono scoppiati a Salta (la provincia di La Cienaga) la cui inamovibile palude, metaforica del ristagno dei disequilibri nazionali, ha dato origine ai piqueteros che bloccavano le strade e resistevano alle cariche della polizia, mesi prima della cacciata di De la Rua da plaza de mayo. In quella provincia del chaco, come in quelle delle pampas dell'interior (fin dal '69 il mondo dei gauchos trovò uno spazio cinematografico in cui perpetuarsi con il mito di Don Segundo Sombra, il paese reale ripreso senza folklorismi da Manuel Antin) è facile trovare epopee e figure di anarchici fuorilegge. Il più immaginifico di questi ribelli è Bairoletto, portato sullo schermo da Atilio Polverini nel 1985, una sorta di Robin Hood della pampa del primo novecento in lotta contro il potere e l'ingiustizia.

Hijos/Figli, Marco Bechis, 2001 Hijos/Figli, Marco Bechis, 2001
Hijos/Figli, Marco Bechis, 2001 Hijos/Figli, Marco Bechis, 2001

Quella stessa determinazione che contraddistingue la "hija" Rosa, nata il 9 dicembre 1977 in un carcere bonaerense, ostinata nella ricerca del gemello venduto, inarrestabile segugio che scova gli aguzzini, siano tranquillamente protetti dalle leggi infami di obediencia debida e del punto final, siano rifugiati in paesi conniventi come la Padania, dove individua il fratello che "sente" essere il gemello da cui è divisa da 24 anni. Bechis è geniale nella scelta dei raccordi: il montaggio parallelo evidenzia pure dal punto di vista linguistico l'unione tra le due vite, innaturalmente divise. Poco importa che alla fine il dna non le dia ragione: entonces hermanos, accomunati dallo stesso destino di hijos de desaparecidos; e quei piani che alternano la febbrile risolutezza, la saldezza incrollabile, rimarcata dalla statica postura eretta dela giovane sotto la villa borghese del macellaio argentino emigrato, ai dubbi di Javier ("Deve essere bello avere una sorella"), che gradualmente si insinuano, come avviene per le percussioni che trovano nel finale ragione di essere: queste prolessi sonore sono anch'esse di due nature, una meditativa languida musica, quasi un bandoneon, l'altra una incalzante serie di percussioni, tipica espressione della muta rabbia dei figli sottratti alle vittime per venire educati dagli assassini. E infatti dei due ragazzi Javier è quello che si trascina retaggi, legami e spesso viene ripreso dietro le sbarre: in campi e controcampi insistiti a sottolineare il confronto, il faccia faccia con la realtà, o in situazione di clausura (nel bagno, nella camera d'albergo catalano), struggente nel suo rannicchiarsi in posizione fetale non solo nella camera d'albergo con la sorella, intenti ad esplorarsi vicendevolmente la pelle, ma anche nella carlinga dell'aereo, da cui in un estrema beffa atroce ci si butta giù volontariamente, mentre i desaparecidos venivano gettati senza paracadute. Sono le immagini in cui maggiormente si diffonde il senso di vortice angoscioso, di caduta libera nel nulla sconosciuto da cui si arriva e ci si accorge improvvisamente di non avere più la propria identità, anzi il baratro di menzogna scavato dai torturatori diventa ripetitivo rullo di tamburi che denuncia i responsabili: infatti una delel prime volte che sentiamo i tamburi son a corredo di una inquadratura studiatissima, nella quale si dividono i due Ramos

(imbarazzantissima la recitazione di tutti gli attori, autentici cani, in testa a tutti la Sandrelli che spesso si volge come a chiedere cosa deve fare, impacciata anche a porgere le battute o a stare in scena: scandaloso, se si pensa all'intensità degli interpreti di La historia oficial),

La Historia oficial, Luis Puenzo, 1985

in due stanze diverse, divisi e consapevoli della loro colpevolezza, perché se Javier non è il gemello di Rosa, è comunque un figlio rubato, e la rivelazione trova preludio in una nuova scelta registica di inquadratura in movimento che ruota attorno a Javier sul molo, a cui fa seguito un omaggio a un certo vezzo di inserire sequenze oniriche che si possono far risalire a quel periodo storico, di quei luttuosi eventi: l'inseguimento con fari che inseguono i due genitori veri, ancora giovani, è una vera caccia, che prostra emotivamente Javier, che ritroverebbe dopo breve a Buenos Aires, convinto a manifestare la richiesta di verità in un corteo di Hijos del 23 marzo 2001 (nove mesi prima dell'inizio dei cacerolazos: una ri-nascita, palingenesi nei propri figli di una generazione sterminata), dopo un ultimo lancio che è esplicito "suicidio" del Javier milanese a favore della rinascita del Javier argentino.

Tutto è duplice: "me siento tam sola" è speculare alla svuotata solitudine sull'aereo, anche l'inquadratura è spesso divisa in due parti distinte, eppure in qualche modo simmetriche, come nel caso delle fotografie illuminate dall'acquario, che occupa tutta la parte destra dello schermo e divide il mondo del pesce rinchiuso da quello di Javier, altrettanto intrappolato. E tutto tende a trovare una composizione: quel simbolo dei gemelli ricorrente al punto che platealmente si ripropone nelle posture sul letto dei due "fratelli", l'una sempre in rosso e l'altro verstito di blu, o l'intreccio di due braccia che firmano creando di nuovo il simbolo dei gemelli, moltiplicati da infiniti specchi che contengono entrambi nel loro universo, per sfuocarli a turno nella realtà (classica l'inquadratura della doccia di lui sullo sfondo), come se non potessero condividere lo stesso mondo finché non avessero accettato il loro passato.

Hijos/Figli, Marco Bechis, 2001 Hijos/Figli, Marco Bechis, 2001
El viaje, Fernando Solanas, 1992
La pelicula del Rey, Carlos sorin, 1985

L'assemblea del 16 febbraio 2002 che ha visto insieme piqueteros, lavoratori occupati e madres compone l'intera società argentina, dando rilievo a quel movimento provinciale dei piqueteros, che si immedesimano con i Sem Terra brasiliani e potrebbero riuscire a "ardere" il continente passando attraverso la Colombia delle Farc e il Venezuela del castrista Chavez, su, su, fino al Chiapas.


Il sud è lo spazio letterario per eccellenza: difficile dimenticare che Borges, Bioy Casares, ma soprattutto Soriano (benché uruguayano di nascita) provengono da questa tradizione patagone, che al cinema diventa già negli anni 80 evoluzione metaforica del road movie: Sorin con La pelicula del Rey e Aristarain (il regista che riuscì a lavorare in polemica con la giunta durante il periodo del proceso militar, realizzando i pregevolissimi Tiempo de revancha e Ultimo días de la víctima) con Un lugar en el mundo usano la Patagonia come rifugio e teatro in cui inscenare l'assurda condizione del paese (e del mondo); El viento se llevò lo que per Agresti, che fa perdere la sua protagonista verso sud dove la strada sparisce improvvisamente, ripropone un microcosmo regolato da una sorta di magia realista e assurda al contempo, raggiunta in un movimento uguale e contrario (da nord a sud) al bildungsroman iniziatico del poetico Martin di El viaje di Solanas, un nuovo itinerario nella storia e nella sua perdita di memoria, sommersa da un'inondazione putrida che copre tutto lo spazio della Capital Federal, prima ancora di La Nube. In tutti questi casi si tratta di una ricerca barocca delle radici, non casualmente individuato in quel sud, simbolo anche del peccato originale argentino consumato nello sterminio di tutti gli abitanti pre-colonialisti, ai quali sono state dedicate delle opere cinematografiche solo in periodi di maggiore sensibilità (Gerònima di Raùl Tosso, assimilabile alla pellicola cilena Archipelago di Pablo Perelman o al Gregorio peruviano del Grupo Chaski): il realismo magico à la Marquez di El viaje subentra al surrealismo di Sur, storia di un ritorno, scandito dal tango di Piazzolla, che riedita il sentimento struggente di Volver (notissimo successo di Gardel, incarcerato a Ushuaia, la ciudad mas austral do mundo, dove Wong Kar-wai deposita il dolore registrato in Happy together, dopo essersi aggirato intorno all'obelisco porteño come in una mitica sequenza di Pizza birra e faso), per dare le giuste gradazioni della "tavola dei sogni", che avrebbero dovuto realizzare "la utopia degli uomini liberi del sud, che fu il sogno dei sogni", come recita Solanas stesso nella canzone che Piazzolla ha musicato

Geronima, Raul Tosso Sur, Fernando Solanas, 1987
El viaje, Fernando Solanas, 1992
Tangos, l'exil de Gardel, Fernando Solanas 1985

Vuelvo al Sur, como se vuelve siempre al amor.
Vuelvo a vos, con mi deseo y con mi temor.
Llevo el Sur, como un destino del corazòn.
Soy del Sur, como los aires del bandoneòn.

Sueno el Sur, immensa luna, cielo al revés.
Busco el Sur, el tempo abierto y su después.
Quieto el Sur, su buena gente, su dignidad.
Siento el Sur, como tu cuerpo en la intimidad.

e ribadita in un'intervista: "Sur nos habla del reencuentro y de la amistad. Es el triunfo de la vida sobre la muerte, del amor sobre el rencor, de la libertad sobre la opresion, del deseo sobre el temor. Sur es un homaje a todos lo que, como mi personaje tartamudo, supieron decir no". Cioè quello che in massa hanno saputo dire gli argentini di ogni latitudine alla fine del 2001 e continuano ancora a ribadire nonostante la repressione poliziesca delle manifestazioni che ora coinvolgono anche il populista Duhalde. Non si salva nessuno.

Certo per farlo hanno dovuto avere fame, come auspicava con sofferente lungimiranza il maestro di Un lugar en el mundo, dando fuoco alla lana: solo così si sarebbero liberati del timore di perdere qualcosa e avrebbero ripreso a lottare contro l'arroganza del padrone, del monopolista, del caudillo, dell'imprenditore mafioso, che si fa le leggi, cambia il territorio, decide le priorità, compra il consenso e sposta i giudici.
Altre volte l'ambiente è totalmente fantastico: il circo in particolare come antidoto alla robotizzazione, attrazione fatale per la nana di De eso no se habla di Bemberg (regista anche di Miss Mary, interpretato da Julie Christie, adatta per evidenziare l'ipocrisia nascosta dalle classi aristocratiche con la devozione a vacue tradizioni, che si esplicitano nella negazione della sensualità) con Mastroianni, ma anche per il ciclista di El amateur o per il clown di Una sombra ya pronto seras. E infatti nel 1986 Nestor Casentino realizza il film più crudele Cuidado! Hombres Trabajando, semplicemente le giornate di due uomini che così mettono a nudo la naturalità evanescente della vita sempre più marcata da ritmi inumani. In questo caso il regista riesce a mantenere i due piani, quello della documentazione della realtà (senza perciò farne un'operazione di docufiction come per Guy di Ritchie), all'opposto di quella di sogno circense e si ritaglia lo spazio di commento all'uomo macchina che viene stigmatizzato da episodi incatenati che sfociano in gag e situazioni comuni.

De eso no se habla, Maria Luisa Bemberg, El amateur

Cuidado, Hombre Trabajando, Nestor Cosentino, 1986

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5. continua
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Adriano Boano