Rocky.
John G. Avildsen. 1976. U.S.A..
Attori: Sylvester Stallone, Talia Shire, Burt Young,
Carl Weathers, Burgess Meredith, Thayer David.
Durata: 119’
Fildelfia. 25 novembre 1975. Il
pugile dilettante Rocky Balboa, che si fa chiamare lo stallone italiano, vince
un incontro di quart’ordine. È un uomo solitario e silenzioso ed il pugilato
più che una passione è un modo come un altro per tirare a campare. Tra le altre
cose, Rocky fa il picchiatore per un boss del quartiere. Rocky però conosce la
commessa di un negozio per animali, Adriana, della quale è innamorato. Ad intromettersi
nell’eventuale relazione è il fratello di lei, Paulie, ma tra i due nasce
ugualmente qualcosa che spinge Rocky ad impegnarsi per cambiare il suo aspetto
trasandato ed a cercare un altro modo per organizzare la sua vita con lei.
Intanto l’imbattuto campione di boxe Apollo Creed organizza un incontro con uno
sconosciuto e viene sorteggiato proprio Rocky. Grazie all’aiuto dell’anziano
Mickey, Rocky si sottopone ad un estenuante allenamento fino al giorno
dell’incontro. Sul ring le cose vanno diversamente da come le aveva pensate
Apollo ed il match finisce in parità, anche se alla fine è Apollo a vincere ai
punti.
Discreto film con un inaspettato
successo planetario, capace di ottenere ben quattro sequel ufficiali ed un
sottobosco di plagi e citazioni (della musica soprattutto). Si tratta di una
sorta di favola al contrario, di un desiderio, quello di riuscita, che svanisce
proprio sul più bello, con la semplice consolazione della sopravvivenza. Il
destino beffardo, infatti, dà al protagonista l’occasione della vita ma,
nonostante tutto l’impegno, lo ricaccia nella sua condizione. È questa una
delle migliori metafore di un’America che proprio in questi anni esportava
modelli di selfmade man, uomini che si costruiscono il successo da soli e che
però, alla fine, alla conta dei fatti, si devono accontentare solo di non
rimanere soli. La riuscita sentimentale con Adriana, infatti, pareggia il conto
sulla bilancia dell’insuccesso, forse alla ricerca di un happy end che altrimenti non avrebbe permesso alla pellicola di
ottenere ben tre premi Oscar (miglior regia, miglior film e miglior montaggio
per Richard Halsey) e altre sei nominations. Il dosaggio squilibrato dunque pende
a favore di un eccesso di sentimentalismo (che culmina proprio nell’abbraccio
finale tra il pugile e la sua donna) ma il film è comunque ben girato ed il
risultato davvero buono. Su tutte valgono le sequenze del lungo allenamento di
Rocky (con culmine sulle scale, simbolo del massimo impegno raggiunto) e la
parte finale dell’incontro con Apollo. Scritto dall’attore Sylvester Stallone
(ex attore porno) lo lancerà nel firmamento edonistico anni ottanta sviluppato
dal sistema di Hollywood, grazie anche al posteriore successo di Rambo (1982) di Ted Kotcheff. Molto
brava è anche Talia Shire, sorella del regista Francis Ford Coppola, nel ruolo
di Adriana. Il regista non si è mai distinto dopo (e prima) di questo film, a
dimostrazione del fatto che la maggior parte del successo ottenuto da Rocky è di Sylvester Stallone, autore ed
interprete dal volto triste e dal fisico possente.
Bucci Mario
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