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Scarfies
Regia: Robert Sarkies
Sceneggiatura: Duncan Sarkies, Robert Sarkies
Fotografa: Stephen Downes
Produzione: Lisa Chatfield
Interpreti: Willa O’Neill, Neill Rea, Taika Cohen, Ashleigh Seagar, Charlie
Bleakley, Jon Brazier
Origine: Nuova Zelanda, 1999, 94 min.
$align="left"; include "image1.php3"; ?>La prima impressione che si registra
nelle prime sequenze del film è che il sentimento prevalente sia quello
dell’horror. Un film di paura forse classico, poiché le inquadrature iniziali
dirigono lo spettatore verso l’agnizione di elementi e dati che
contraddistinguono le sceneggiature thriller soprannaturale. Una casa
misteriosa ed in rovina sta per essere abitata da un gruppo di studenti
squattrinati. La mdp si sofferma sugli spazi bui e disagevoli della villa, che
nasconde un seminterrato sbarrato da una solida porta d’acciaio. A questo punto
era lecito aspettarsi dalla storia un cotè fantastico, ed invece il racconto
cerca di descrivere un’ipotesi della vita quotidiana. Possibilità che può
intervenire nella dimensione ordinaria di qualsiasi esistenza. I cinque ragazzi
raffigurano così le varie circostanze di fronte ad uno stesso evento.Il
seminterrato cela una piantagione lussureggiante di marijuana. Presto il
proprietario si rifà vivo. Scopre inferocito che gli studentelli si sono
venduti il prezioso raccolto per pochi dollari. È intenzionato a farla pagare
ai cinque giovani, sennonché questi ultimi riescono ad intrappolarlo nello
stesso seminterrato. Entriamo nel cuore del film: l’escalation di opportunità
che il carceriere può utilizzare contro la vittima legata ed imbavagliata.
Robert Sarkies mette in scena perfino una parodia del klu klux klan quando i
ragazzi si incappucciano di fronte al prigioniero. Ma il punto fondamentale è
che il conflitto tra i vari personaggi sorge proprio dinnanzi ad interrogativi
morali. È lecito tenere prigioniero un uomo? Da questa semplice domanda, i
cinque passano ad interrogarsi su altre forme di coercizione, infine perfino
sulla possibilità di eliminare il prigioniero, dopo esser passati attraverso la
pratica delle torture a base di scariche elettriche. Ci rendiamo presto conto
che alla fine di un racconto che tende a non pigliarsi mai sul serio, il mondo
dei cinque studenti si è rovesciato, e l’orizzonte morale è cambiato, nella
consapevolezza che è sempre la condizione contingente ad azionare il meccanismo
perverso della scelta, della decisione. Ma a parte la tensione, lo stress, che
certamente spingono i cinque giovani ad azioni che mai avrebbero compiuto in
altre situazioni, il film riflette sul meccanismo delle democrazie: la
procedura del voto non dimostra niente anzi conferma l’arbitrarietà degli
effetti derivanti da una votazione, che dipende strettamente da un’assunzione
di responsabilità che spesso può, per vari motivi, sfuggire alla sensibilità
del votante. Nel film ciò comporterà la condanna a morte del prigioniero.
Conferenza stampa con Robert
Sarkies Come è nata la sua passione per il cinema? Sarkies: Ero attore fin da bambino, mi piace particolarmente il dramma, la
possibilità di poter raccontare storie attraverso immagini.
Cosa ci dice della drammaturgia del film?
Sarkies: No, la mia formazione classica non è così profonda, sono più
interessato dalle persone cerco di non aver riferimenti, per evitare di copiare
altri cineasti, per essere più originale possibile.
Sugli attori.
Sarkies: È sempre difficile identificare il momento in cui nasce un film;
volevo portare gli attori in un viaggio emotivo molto drammatico su un
argomento anche leggero la premessa era cosa sarebbe successo se alcuni ragazzi
chiudono in un seminterrato un uomo. In un Nuova Zelanda non abbiamo molti
attori anziani, la nuova generazione non la conoscevo, così abbiamo formato un
cast attraverso i provini in tutto il paese, abbiamo lavorato due settimane
prima delle riprese, sul set eravamo già amici.
La distribuzione. Sarkies: Esce in Italia in cinquanta copie alla fine di agosto
distribuzione Filmauro, spero che sia accessibile per il pubblico italiano, il
film è stato venduto in tutti i paesi che non parlano lingua inglese, ci sono
forse dei pregiudizi da parte dei paesi anglosassoni, se non fosse per l'Europa
non sarei qui.
È già uscito in Nuova Zelanda? Sarkies: Sì, il film è uscito l'estate scorsa, ha guadagnato più di un
milione di dollari, è stato il secondo film di successo come incassi.
Il seminterrato
Sarkies: Volevamo esplorare un gruppo che sprofonda nella parte più oscura
dell'animo umano. Scendono nella cantina dove viene rinchiuso l'intruso. La
cantina rappresenta il cammino di persone innocenti che si trovano di fronte a
delle scelte che non siano in grado di farlo, come commettere un omicidio,
ciascuno di noi forse non si rende conto, ma può sprofondare in queste
situazioni.. Mi ha interessato anche indagare il meccanismo della democrazia,
delle scelte fatte attraverso la maggioranza, ma quando ciò riguarda la morte
di un essere umano la responsabilità forse oltrepassa il principio del
meccanismo democratico.
Questi sentimenti di crudeltà possono esser collegabili all'isolamento del suo
paese…
Sarkies: In effetti molti film hanno questo carattere dark, diventa in un paese
così pulito e bello sembra quasi che bisogna esplorare sotto questa impeccabile
superficie, tuttavia anche noi abbiamo i nostri problemi con la violenza, è
difficile giudicare forse perché (ride) siamo stati colonizzati da ex galeotti
della Gran Bretagna.