Reporter

NearDark - Database di recensioni

Africa

Godard Tracker


Tutte le
Rubriche

Chi siamo


Cerca nel sito


Iscriviti alla nostra mailing-list: inserisci qui sotto il tuo indirizzo e-mail

Reporter
reportage da festival ed eventi, interviste e incontri
<<< torna al sommario

10° Resfest: Torino 2006

Il sottotitolo di questa manifestazione potrebbe essere uno slogan degli anni Settanta: «la fantasia al potere». Per il secondo anno consecutivo il Resfest ritorna a Torino e questa volta per festeggiare i suoi 10 anni di vita. Nuovamente un'esplosione di idee, genialità e nuove applicazioni del digitale. Si potrebbe dire che ci stiamo abituando bene, visti gli ospiti presenti durante la quattro giorni di proiezioni: dal colombiano Luis Nieto con il suo mondo di topi da laboratorio al duo francese Janaud e Roisin, in rappresentanza dell'agenzia di postproduzione The Mill (che tanto per intenderci, oltre agli immancabili spot di scarpe da ginnastica e macchine, sono gli artefici dei commercials dei plasma della Sony: palline colorate che rotolano per la città e palazzi che si vivacizzano con esplosioni d'artificio di vernice vi dicono niente?) che hanno presentato in anteprima il loro primo cortometraggio - esilarante - in cui una cavia umana viene ricondizionata attraverso quattro liquidi colorati prima di essere reintegrata nel tessuto sociale: la discoteca!

E poi Stylophonic (l'artefice della rinascita di Lorenzo-Jovanotti-Cherubini con i suoi grassi bit), Luomo (il finnico techno con ascendenze jazz) e Fabrizio Vespa, gloria cittadina, per la parte musicale. E ancora le opere - purtroppo il producer Jimenez non è potuto venire - di Motion Theory, autori del video di Beck, Girl, e, soprattutto della clip di apertura del passato Resfest, un lunghissimo piano sequenza in cui si passa da un'auto che uscendo dal concessionario investe una confezione di patatine che sta correndo a un frigo da cui escono cibi che si avvinghiano al malcapitato padrone di casa a donne dal burqua coloratissimo che si mimetizzano tra i vestiti di un mercato a cuochi di un sushi bar che devono lottare contro polipi non proprio compiacenti; gli italiani dell'agenzia Fast Forward (ideatori di tutti gli spot di LA7) e Emilio Ramos, vincitore con il suo Niebla (Nebbia) del premio della giuria all'ultima edizione della Virtuality Conference.


Diverse le sezioni presenti, anche se a mio avviso, l'imperdibile resta sempre SHORT ONE: STATE OF THE ART, che mostra il meglio del cortometraggio digitale mondiale.
Una selezione eterogenea in cui è stato impossibile trovarne uno brutto.

Il cuoco sfigato di A Perfect Red Napper Dish, che per competenza e professionalità potrebbe "mangiarsi" qualsiasi Scapin o Vissani, ma che ha dei tempi di preparazione decisamente TROPPO LUNGHI. Un consiglio: se capitate nel suo ristorante Coreano non ordinate il pesce imperatore!

Il geniale Pes che con Game Over ripropone i classici video games degli anni Ottanta (Space Invaders, Asteroid, Pac man, Frog) in forma stop motion, rendendoli più reali - pac man è una pizza a cui manca una fetta che insegue/è inseguito da fantasmi tovaglioli. Musiche assolutamente originali. Il sussidiario del macabro creato da Wrake con il suo Rabbit, in cui due bambini che sembrano usciti dalle illustrazioni anni Cinquanta della Bertolini inseguono un coniglietto, lo squartano e dentro ci trovano il genio goloso di marmellata che trasforma le mosche in diamanti. Verrebbe da dire che resteranno con un pugno di mosche, ma in realtà il pugno sarà di blatte!


La Blackheart gang che con la Tale of How creano un'animazione a metà strada tra il periodo vittoriano e i Beatles del sottomarino giallo. Beatles: Biechi blu = uccelli piraña: piovra Otto. Una specie di musical di Baz Luhrman in cui i malcapitati verranno salvati da un topolino odisseo.



E poi le due belle scoperte di questa edizione: Stefan Nadelman e Richard Fenwick

Richard Fenwick, giovane regista inglese che ha collaborato con etichette cult come Warp e Rephlex e ha girato video per Timo Maas, Death in Vegas e Bent, si presenta al Resfest con 3 opere, quasi una per sezione. Detto così potrebbe sembrare il solito "sborone" che fa tutto e tutto gli riesce male. E invece no. Tutto gli riesce bene. Perfettamente. Con The Box, gioca con la nuova tendenza nipponica della tecnologia maledetta e, senza ormai scontati fantasmi o bambini più o meno inquietanti, ci mostra una donna nel suo tragitto di rientro a casa. Metropolitana, uscita, sigaretta, casa, bicchiere di vino, tivù accesa, cambio d'abito. La cosa assolutamente straordinaria è che la televisione non trasmette Michele Cucuzza o un reality show, bensì tutto quello che la donna ha fatto e sta facendo nella sua giornata.
Il problema è che anche spegnendola, le immagini continuano a scorrere, come la vita imprigionata dentro alla scatola. BrrrÉ



Altro piccolo capolavoro è What we've found out about Stem Cells (nella sezione FILMAKING WITH A PURPOSE), un video didattico molto semplice e molto chiaro sulle cellule staminali che dovrebbe, per legge, essere acquistato da tutti i Ministeri dell'Istruzione per fare un po' di chiarezza nelle menti dei più giovani (e non solo: io ho fugato parecchi dubbi vedendolo!) Ultimo lavoro è Artificial Worlds V.3, presentato nella sezione Paura e brividi. L'inizio, un gruppo di persone corre a perdifiato in un bosco di sequoie, ricorda vagamente un film spagnolo del 2001 da cui hanno attinto in parecchi: Intacto di Juan Carlos Fresnadillo. In questo caso però non lo stanno facendo per scommessa, bensì per sopravvivenza. Stanno fuggendo da un'onda digitale che, come un blob di pixel, ingloba tutto ciò che incontra. All'ultima superstite resterà la decisione: continuare a fuggire o, come una guerriera della notte, affrontare lo tsunami?

Altra scoperta talentuosa è stata quella di Stefan Nadelman, già autore della clip di presentazione della passata edizione del Resfest (per chi non c'era: un gallo che dentro a un forno a microonde diventa una fenice sotto lo sguardo di cani spettatori al cinema), e presente con due corti:



Food Fight con cui ripercorre la storia delle guerre, dalla Seconda mondiale ai conflitti di oggi, attraverso lo scontro di cibi (hamburger contro sushi, croissant contro crauti, spiedini contro tacos, tagliatelle contro pyta - esilarante e allo stesso tempo angosciante il momento in cui il carro armato hamburger passa a fianco ai resti del kebab che si fa esplodere);
Terminal Bar, definito dal Time «il peggior posto di New York» è un documentario sul bar di famiglia (era gestito da Nadelman senior) e sulla varia umanità dei suoi avventori: prostitute, ubriaconi, drogati, spacciatori, papponi, commessi viaggiatori, tutti ritratti in foto (quasi uno Smoke di volti) e appesi ai muri come in una postmoderna galleria d'arte.

Lungometraggio evento del compleanno del Resfest è stato Rock the Bells di Hennely e Suchan, in cui Chang, giovane organizzatore di eventi live, ha la bella pensata di un concerto hip hop che veda la reunion del Wu-Tang Clan.
I dieci membri (9 effettivi + Cappadonna, 10° affiliato del Clan) sono praticamente imprendibili e da ormai 10 anni non suonano TUTTI insieme.
Perché? Beh, basti pensare che i 2/3 hanno problemi con la giustizia (droga, spaccio, libertà vigilata, ricercati, sparatorie...) e in più hanno tutti una carriera solista che va a gonfie vele.
Ma Chang non demorde e alla fine realizzerà un sogno, il suo e quello dei 12000 stipati nel palazzotto di Los Angeles.
Girato come un Rockumentary, ha un po' il sapore dell'american dream: realizzare l'irrealizzabile.
Con il suo faccione, Chang sembra un personaggio naif e anche un po' sprovveduto se si pensa che gira con l'incasso del concerto (circa 100000 $) stipato in scatole di cartone coperte di asciugamani per non dare nell'occhio! Ma gli si può perdonare tutto nel momento in cui il Clan attacca Protect ya neck e sul palco c'è anche Old Dirty Bastard (anche se strafatto di crack)!

Continuando con le cose che hanno impressionato positivamente, Silence is Golden dell'inglese Chris Sheperd, è un viaggio alle radici della follia del vicino di casa e alla sua "logica" ereditarietà attraverso le testate alle pareti.
Ten Thousand Pictures of You in cui abbiamo la conferma della leggenda indiana che le fotografie catturano l'anima. Letteralmente.



La sezione Everything under the Sun: Filmaking with a Purpuse, perfetta quasi quanto la Short One, ha avuto i suoi punti forti con Alive in Joburg di Blomkamp (prossimo regista della trasposizione filmica del videogioco Halo - e qui si capisce il perché!), storia di immigrati alieni a Joahannesburg e di una sorta di razzismo alla rovescia;

il fantastico Pizza Surveillance Feature, dove il semplice ordine telefonico di una pizza a domicilio si trasforma nella più incredibile delle violazioni della privacy in nome del "proprio bene".

- doppia salsiccia e peperoni
- vedo dalla sua scheda medica che ha il colesterolo alto e la sua assicurazione non paga certi rischi. La pizza le costa 400 dollari.
- ma come?...
- se vuole abbiamo l'offerta dei cavolini di Bruxelles; questa se la può permettere visto il suo estratto conto e poi le fa anche meglio!


Bedgered, storia ambientalista di un tasso che vuole dormire, due corvi caciaroni e tre missili a testate nucleare sotto la tana. Risultato? Il tasso riuscirà a riprendere sonno!



Un po' di delusione dalla sezione FEAR & TREMBLING da cui ci si aspettava decisamente più paura di quella mostruosa, gore, shoccante e sanguinolenta e non il disagio interiore di teen ager gay della provincia americana alla Gus Van Sant, animazioni alla Tim Burton o montaggi alternati ipervelocizzati di bagni nippo-italiani. Promossi invece gli onirici Temerario (sogno dell'anima del cow boy morente in lotta con il suo doppio ombra) e Moloch (macchina post industriale di morte con una specie di partita di rugby a sventagliate di fucili automatici)



Ci sarebbe ancora da parlare di Tetris umani, edifici cucù, architetture che si autogenerano, strade statali che terminano in fiumi, cataloghi di birra in profondità di campo, partite di pallone di 2 minuti, ma se vi siete persi questa edizione del Resfest è inutile.
Segnatevi l'appuntamento sul calendario del prossimo anno. E vedete di esserci
Saluti

Fulvio Faggiani

 

 

 










Archivio:
2005