SMOKE ON THE BRIDGE
Paul Auster al cinema


Il procedimento creativo di Auster è inverso a quello illustrato da Taibo al XV Festival Cinema Giovani di Torino. Lo scrittore messicano confessò di non saper sceneggiare pellicole, perché si fa fuorviare dai dettagli di microstorie che si sviluppano autonomamente, ma in realtą non è questo che gli impedisce di produrre sceneggiature, poiché quello è il metodo perseguito anche da Auster: per considerare il rapporto con il cinema bisogna valutare l´approccio alla parola che distingue i due geni letterari. Taibo affabula immagini da tradurre in scrittura, ma crea a partire dal segno alfabetico, dalla parola; mentre per Auster ¨le parole erano solo suoni, un vuoto esercizio della memoria. Non evocavano nessuna immagine¨l (p.48 di Mr.Vertigo), invece il cinema è quel disvelamento che sta alla base del passaggio narrativo di ampio respiro e preparatorio alle foto successive: chi non ha presente i fogli di calendario che volano via su una mappa che in dissolvenza incrociata documenta il viaggio epico dei protagonisti di Mr. Vertigo(p.124)? È un tropo del cinema USA. Il prototipo del road movie e lo stereotipo che ridiventa immagine fotografica originalissima nel momento in cui rilancia di nuovo il racconto: ¨Non c´è niente come il cinema per precipitare la storia¨. Di fronte alle sue epopee sembra di assistere ad un´interminabile proiezione di Once upon a time in America, più smaccata in Mr.Vertigo, ma più approfondita in Moon Palace; sembra di sfogliare un album di foto recanti la data, scritta in bella calligrafia in calce, e che poi vanno ad animarsi.

ALB.:
Di solito siamo abituati a storcere il naso, giustamente, quando un film ci pare letterario, o teatrale (il ¨teatro filmato¨ tanto dileggiato -a ragione - da Bresson nelle sue lapidarie sentenze delle Note sul cinematografo). Allo stesso modo anche un´accentuazione troppo marcata della fotografia sembra sconveniente (quasi sempre, per dirne una, quella di Storaro, sia per Bertolucci sia per Apocalypse now); invece appare creativo l´uso che ne fanno autori dotati essi stessi di sensibilità fotografica (non in termini di Asa); qualche nome e titolo: Raymond Depardon (La prisonnière), Agnès Varda (Dageurrèotypes), e naturalmente chi adotta la fotografia come procedimento autonomo (Chris Marker su tutti). Dunque, a meno, ovviamente, che questi codici, nella libertà della dialettica che li mette in relazione, siano portavoce della creatività, fa problema l´innestarsi del discorso filmico in altri codici.
Allo stesso modo, da accanito e appassionato lettore di Paul Auster, mi darebbe molto fastidio dover riconoscere che le sue opere hanno un che di cinematografico, o anche di fotografico.
ADR.:
L´illusione fotografica nei romanzi di Auster è portata alle estreme conseguenze, impastandosi con il carattere che apparenta la morte alla fotografia, la fissità immobile: una volta esperita nella fotografia la presenza della morte, questa non ci lascia più. In Mr Vertigo Auster descrive un aspetto tra i principali della foto in relazione all´esperienza della sepoltura da vivo: la luce come improvvisa illusione infinitesimale che inonda irreale la pellicola, sottraendo sostanza alle cose per fissarla su un supporto mnemonico come la lastra, esaltando la virtualità della illusoria presenza fotografica.
In Leviatano si arriva al paradosso per cui la foto anticipa la storia ancora da ¨sviluppare¨: il farsi passare per altri diventa scambio di identità e di destini, che sono quelli a cui è sensibile la pellicola, come se nell´istante in cui si scatta una foto si carpisse il futuro delle persone ritratte, anticipando lo stato d´animo di chi guarderà la foto a distanza di anni potendo investire nell´immagine la conoscenza di quanto poi sarebbe avvenuto.
ADR.:
Farsi passare per qualcun altro serve agli attori di Auster per sperimentare storie che appartengono ad altri, ma è solo uno stadio verso la sostituzione; lo scambio d´identità può portare a toccare i propri limiti e verificare la propria debolezza. Non solo, ma l´impostazione è molto cinematografica: procede per sequenze, individua un personaggio, lo segue, lo sviscera, finché non ne incrocia un altro e ... apparentemente in modo casuale s´inizia una nuova sequenza, sempre rispettando il motto ¨Tutto può succedere e succede sempre¨ (p.174, Leviatano).
da Smoke di Wayne Wang
ADR.:
¨Finché riuscivo a non ripensare al passato, potevo illudermi di avere ancora un futuro¨, dice Walt, il Bambino Prodigio diventato gangster, e questo riassume il movimento che mantiene in tensione la sua narrativa che fa da elastico tra l´azione (il presente teso verso il futuro) e la memoria (la fotografia che prima o poi richiama il futuro a fare i conti con il destino).
Lunghi elenchi di occupazioni, azioni istantanee, che altro non sono che serie infinite di foto snocciolate alla rinfusa come un reportage di viaggio o in un diorama di diapositive, sono come le polaroid di A,B,C ... Manhattan di Naderi, che in una sequenza vengono scaricate a terra a documentare momentanee azioni successive di una singola persona.
La capacità di evocazione s´intreccia con l´evocazione nella nostra memoria degli stereotipi immagazzinati dalla nostra mente attraverso i condizionamenti della nostra cultura. Prendi ad esempio Leviatano. A pagina 28 ci sottopone la foto di una prigione, stilizzando in poche parole tutti gli elementi ed è proprio ciò che serve a Auster per collocare un´immagine in mezzo al racconto di fatti: ¨Vuoi dire una prigione vera? Con tanto di celle chiuse a chiave e sbarre? Di numeri stampinati sul petto della camicia?¨.
ALB.:
Ci sono varie descrizioni, in Mr. Vertigo, del Luna Park, o del baraccone, o del tendone dove il protagonista si esibisce grazie all´abile regia (nel senso dello spettacolo e nel senso degli affari) di Maestro Yehuda. In poche righe sembra di vedere il fumo dei mangiafoco, i palloncini, lo zucchero filato e i toni più truculenti dei vari e eventuali freaks messi in campo dagli impresari dell´orrido. Sembra di stare in Elephant man.
Altro esempio: Anna, protagonista del Paese delle ultime cose trova colui che sarà per un certo periodo suo compagno fra gli scaffali polverosissimi della biblioteca semi-abbandonata: è uno studioso, come molta iconografia ¨ebraica¨ (da Chagall a Woody Allen) ce lo rappresentano. Quasi un cliché..
Ci sono invece in Moon Palace i barboni nel parco, elemento di agghiacciante attualità anche se lo sguardo di Auster è spesso ironico e affettuoso: ma per i tratti di questi affamati il pensiero va alle foto di Diane Arbus. Molte sono poi le immagini di appartamento che si susseguono nella Trilogia di New York. La musica del caso si chiude invece con un incidente automobilistico (così morì anche Albert Camus...), e qui l´immagine è ricondotta a una sua parvenza sublimata e estrema, che potrebbe essere accostata al Blue di Jarman: ¨E poi la luce fu su di lui, e Nashe chiuse gli occhi, incapace di guardarla ancora¨.

ALB.:
Ho un´impressione (si dice anche della luce sulla pellicola: impressione), niente di più: e cioè che una serie di descrizioni (non essendo comunque Auster scrittore che ami indulgere nella descrizione svincolata dal tessuto narrativo) siano come attimi immobilizzati, istanti congelati, scatti che sembrano provenire dalla memoria collettiva, da un silos stratificato di reperti visivi (magari anche pittorici, magari qua e là ripresi dal cinema, magari proprio Elephant Man) per rinviarci al nostro repertorio iconografico, per poi ripartire con gli ulteriori sviluppi del racconto.
da Smoke di Wayne Wang
City of Glass: mappe/lettere ADR.:
Le situazioni lasciate trasparire dalle ossessioni narrative di Paul Auster sono evocazioni di universi apparentemente normali, che in seguito a minimi scarti del destino danno luogo ad una deformazione della realtà, che diventa a tratti magica, sempre cinematografica, affiorando alla coscienza del racconto tramite immagini fotografiche. Sono lastre impressionate che il lettore vede capovolte dalla stessa camera oscura usata dallo scrittore per inquadrare la situazione, dunque risultano incorniciate dalla scatola magica mentale in cui si forma l´immagine pensata da Auster. Si tratta quasi sempre di un fotogramma che rimanda a forme di sviluppo labirintiche o che richiamano la sensazione di smarrimento tipica di una costruzione di quel tipo; tanto piś che é ricorrente la perdita di una persona, o la sparizione definitiva, come se sbiadisse su una vecchia fotografia, o come per un trucco cinematografico, o per un momentaneo spaesamento in un labirinto. O meglio, come avviene in Smoke, si riduce a fantasma la presenza delle figura della moglie morta intrappolandone nelle foto dell´incrocio l´essenza ectoplasmatica, ma non del tutto (proprio in omaggio all´evanescenza di tutti i corpi).
L´introduzione di questa immagine labirintica é il vero colpo di bravura del narratore, perché non si tratta di descrivere in termini immaginifici, ma di preparare la struttura in cui introdurre i dati come se si seguisse l´intreccio allo stesso modo in cui si scruta il plastico di un labirinto, come in Shining, ma quello de La Musica del caso fotografa il dedalo in cui è infitto il lavoratore dipendente, un ergastolo. In Smoke questo plastico é il labirinto di immagini dell´incrocio che sovrappongono realtį diverse ad uno stesso spazio, intervenendo non sul tempo, ma sulla nostra percezione del suo scorrere in uno stesso spazio in trasformazione.
ADR.:
Sono riflessi di labirinto, la cui forma per antonomasia nell´immaginario dello scrittore americano si direbbe sia la spirale, in cui si trovano a ruotare i protagonisti a seguito di una concezione del destino sempre incombente e la cui strada è segnata (That is to say, from the beginning, triggered by a random event, or a chance encounter. When I look back now, it seems impossible to ignore many coincidences in B´s life that seemed arbitrary at first, but later turn out to be related to each other somehow. The randomness itself eventually seems to disappear into the web of inevitably connected relationships, as if intricately woven by a mysterious stranger, The discovery of chance), come in un film di Jarmush o l´intero intreccio di La musica del caso, per non dire dell´ultimo dei racconti della Trilogia di N.Y. (The Locked Room) o l´impianto del Taccuino Rosso: uno dei suoi libri si intitola Mr.Vertigo, come il film di Hitchcock evocato nel momento in cui si dice che l´eroina di In The Country of the last things ha vissuto due volte (p.126). Questa figura risucchia verso un invisibile centro, imponendo di percorrere fatalmente un itinerario narrativo per sbucare in un´altra immagine fotografica, da cui si dipanerà un nuovo labirinto di stampo tipicamente filmico; si viene assorbiti nella spirale della affabulazione, con la quale si sviscerano tutte le possibili situazioni offerte dallo spiraglio narrativo evocato dall´immagine e quindi percorrendo la spirale, lasciata intravedere dalla foto iniziale, si ricostruisce il labirinto secondo un´indagine condotta in termini prettamente cinematografici, indotti non dal tipo di scrittura ma dalle circostanze descritte. ¨Le nostre vite altro non sono che la somma di molteplici contingenze e non importano quanto possano essere diverse nei dettagli, tutte condividono un´essenziale casualitį nel loro disegno: questo, poi quello, e a causa di quello, questo¨.( In the Country of the Last Things, pag.135).
City of Glass: mappe/lettere
da Blue in the Face di Wayne Wang ALB.:
Non è nella scrittura di Paul Auster che si collocherebbe il ¨fotografico¨, ma nella natura stessa di immagine propria di alcune, come dire, situazioni, scene, forse inquadrature. Combinazioni di persone, sfondi, ambientazioni che per la loro essenzialità sono icastiche di per sè: riassumono (come fa buona parte della fotografia di reportage) le circostanze e un fatto appena avvenuto, come un cadavere schiantato da un lancio dal cornicione - Il paese delle ultime cose - oppure continuativo, iterativo, di quelli che la narrazione recensisce usando l´imperfetto invece del passato remoto.
ALB.:
Forse si potrebbe azzardare un altro esempio, precedente e poi contemporaneo alla fotografia: i faits-divers dei settimanali popolari, le illustrazioni della Domenica del Corriere o del Corriere dei ragazzi, fatti stupefacenti che oggi sopravvivono ancora su Famiglia cristiana, accompagnati peraltro da un´ampia didascalia che raccontava l´evento, la curiosità, il fenomeno raro. Ecco, Mr. Vertigo sarebbe stato un bel libro da affidare a un illustratore vecchio stile, come quelli che traducevano in acqueforti i libri di Jules Verne o in tavole a colori L´isola del tesoro (vedi l´ultima edizione Adelphi). E d´altra parte l´attenzione di Paul Auster per l´immagine è testimoniata dal fatto che il quadro che sta in copertina all´edizione Einaudi di Mr. Vertigo campeggia anche sull´edizione francese: ovviamente anche l´editio princeps americana lo contiene. Qualcosa vorrà pur dire.
Edizione Americana ADR.:
Il criterio alla base della maggioranza dei racconti cinematografici, improntati ad una sequenzialità di eventi apparentemente casuali, è condotto al parossismo dal metodo di Auster: in Smoke i racconti si inseguono senza respiro e in Mr.Vertigo (p.75) la figura della vecchia sioux si trasforma improvvisamente in un´epopea a partire dalle vecchie foto, che nascondono i frammenti di film su Buffalo Bill, l´intero mito dei western e Birth of the Nation, Ku Klux Klan compreso, vista la morte riservatale. In particolare avviene con quei personaggi preposti ad inventare sempre nuove versioni dei fatti come il ragazzo afro-americano in Smoke, che trova origine in una serie di figure che popolano i romanzi di Paul Auster: il giocatore di poker in La musica del caso, il mercante di origine slava in In The Country of the Last Things, si trasformano addirittura in altre tipologie di personaggi durante questi slittamenti del loro passato narrato con falsificazioni tali che nel percorso selettivo e labirintico si scambiano i ruoli e i destini (La trilogia di New York), come avviene nel labirinto di Shining tra padre ossessionato e figlio dotato di luccicanza, invertendo il senso dei passi nella neve, ovvero intervenendo sul flusso del tempo.
ALB.:
Il ricorso di Paul Auster a elementi iconografici trasfusi nelle sue pagine non è, credo, un atteggiamento ¨citazionista¨ fine a se stesso, che sarebbe irritante. Nei suoi libri non si fa l´occhiolino a nessuno. Da ottimo narratore qual è, Auster utilizza le coordinate della nostra competenza di lettori come anche quelle della tensione drammatica per svolgere un discorso suo e fare ruotare i propri libri intorno a un tema ben preciso e, udite udite, di stretta attualità politica. In un mondo, quello dei suoi libri, da cui è totalmente assente la produzione (La Musica del Caso rimane metafora del dipendente), la fabbrica, la creazione di oggetti, e in cui invece tutto tende a trasformarsi secondo i dettami di Lavoisier (in Nel Paese delle ultime cose i cadaveri stessi sono preziosi in quanto utilizzabili per altri scopi), le avventure e i personaggi ruotano intorno a due concetti fondamentali: la cura alla persona (gli assistiti: il giovane mezzo morto di Moon Palace, Anna dopo l´incidente e la perdita del bambino in Nel Paese delle ultime cose, la clinica filantropica alla fine dello stesso libro, il figlio forzatamente abbandonato in seguito al divorzio nell´autobiografica Invenzione della solitudine, un ragazzo che deve crescere e trovare la propria strada in Mr. Vertigo) e l´accumulo/gestione del sapere (la biblioteca, un libro che non si finirà mai di scrivere, il plastico che riproduce la città in La Musica del caso). Cioè due elementi tipici della società post-fordista, del superamento della produzione, di questi anni insomma.
da Blue in the Face di Wayne Wang
ADR.:
Per arrivare a volare come le figure di Chagall (altro esponente della cultura ebraica come i Marx Broth., citati a p.140 di Mr.Vertigo) bisogna ¨rovesciare come un guanto l´universo¨ (p.39); e l´immagine fotografica è proprio una distribuzione di punti luminosi ribaltati, come avviene quando (nella stessa pagina) ¨un uomo dice di essere tuo padre¨: cioè un gesto che prepara a vedere il mondo da un altro punto di vista, come in Moon Palace, dove le successive rivelazioni di paternità inanellano l´intero plot, spostando ogni volta l´universo di riferimento ed il tassello di storia nordamericana, ma ancora maggiore è il trauma del ragazzo di Smoke di fronte alla paternità negata o sconosciuta o trasferita sulla figura di Hurt e che è uno dei fattori scatenanti la fantasia narrativa del ragazzo.
ALB.:
La tematica ossessiva dell´autore è la ricerca di un rapporto tra padri e figli, anche se putativi e/o adottivi. Smoke è tutto un susseguirsi di queste ansiose ricerche del padre e, viceversa, di qualcuno a cui fare da padre (il rapporto tra Rashid e Paul e tra Rashid e il padre vero; ma anche la generosità di Auggie nei confronti di una figlia presunta, strafatta e faccia da schiaffi). Allora in questi strani quadretti familiari, basati su legami ancora più strani, ognuno potrà ritrovarsi a sfogliare gli album di famiglia. Se ci proviamo, invece delle nostre mamme e zie, delle feste di compleanno e del primo giorno di scuola, magari ci troviamo tutti di fronte a uno stesso angolo di strada, uno sfondo comune, in cui ognuno, a un certo momento, si è trovato a passare.

La descrizione del metodo di Sachs a pagina 24 di Leviatano permette di spiegare la costruzione di personaggi come il Keitel di Smoke: attraverso una serie di istantanee si carpisce il personagio per inserirlo poi in un contesto, spinto ad interagire con il mondo. Da una foto si comincia a sviscerare tutto ciò che può offrire per sbucare in un altro universo, dove si trova un´altra foto. Tutti i fatti successivi dipendono dal passaggio attraverso l´emersione di coscienza del racconto che nella foto di un istante trova spinta per i successivi legami.
La dimestichezza di Paul Auster con la sensibilità parigina si evince anche dai giochi enigmistici alla Perec che illustrano la procedura: ricondurre i tasselli intermedi (le foto istantanee) al senso generale, mediando nella foto un nesso tra passato e presente ascrivibile alle tracce di una Ur-immagine, quella inseguita da Maria Turner in Leviatano, che pedina a caso passanti, scattando foto alla ricerca di una storia nascosta: progetti di foto che sono storie vere, ma anche inventate (p.140, ma anche il ragazzino di Smoke).
I tributi alla letteratura francese si completano con l´evocazione di
Ponge
(L´Invenzione della solitudine, p.141): per narrare bisogna aver visto, aver fotografato situazioni, aver provato, che presuppone sempre il fuoricampo, ciò che è assente dalla foto, tagliato fuori dall´inquadratura o che era contenuto in un quadro mai visto da nessuno, perché infitto in una grotta del deserto.

Dialogo telematico tra Alberto Corsani e Adriano Boano,
fedeli nel culto di Paul Auster