1. Molte lingue per confluire in una sola, quella del Diritto, impossibile in presenza di una sostanziale diversità di codici, che producono invariabilmente un dissidio, ovvero la mancanza di concatenamenti tra le "frasi" significative: la molteplicità di idiomi restituisce l'idea che l'intera umanità sia chiamata a valutare e che non sia possibile in quella babele il ritrovamento di una comune idea di morale a cui fare appello (Il "Tribunale del Mondo" hegeliano), da qui dipende la sensazione di non assistere ad un film di fiction, ma nemmeno ad un semplice documentario, o ad un impersonale montaggio di repertorio. Possiede la genuinità della storia orale come pure l'autorevolezza e l'ufficialità di un episodio di Storia, ma lo spessore vero proviene dal giudizio derivante dall'acume di Hanna Arendt, redattrice del testo di partenza, e dal vibrante afflato etico che chiama tutti gli spettatori a confrontarsi con la propria morale, per verificare la distanza da quell'ammasso di deragliamenti (trattandosi di un funzionario che si occupava dei famigerati treni di deportazione) mentali che hanno ratificato eventi aberranti, "prodotti dall'assenza di consenso sulla legittimità nelle relazioni internazionali, il criminale poteva vedere nel suo giudice nient'altro che un criminale cui la fortuna delle armi fosse stata favorevole" (J.F.Lyotard, Le différend, Les Éditions de Minuit, Paris, 1983, trad.it. Il Dissidio, Feltrinelli, Milano 1985, p.81)

2. Poi ci s'accorge che l'orrore è talmente vasto che gli si deve contrapporre un'altrettanta vasta tradizione culturale. E quindi viene prospettata la pila di libri: il giudizio proviene dall'etica universale [e qui noi proponiamo due pensatori avanzatissimi nell'approfondimento del pensiero post-bellico che rifiutano questo approccio trascendente e soggetto a pregiudizi: Arendt e Lyotard. Grazie al loro lavoro i nazi nonhanno mai potuto appellarsi a presunte prevaricazioni dei vincitori o misconoscerne i giudizi].

3. Infine si toglie ogni dubbio; fin dall'inizio la sentenza è irrevocabile: "Crimini al di là dei confini tra l'uomo e la bestia". Rimane solo lo spazio per uno stacco di musica e la richiesta di morte, eseguita il 31 maggio 1962. Quello che scorre dopo è solo documento; non è possibile alcun appello e non sarebbe adeguato un giudizio diverso, almeno in una condizione di universi di riferimento senza contatto alcuno.

Eppure rimane un ampio varco in cui si inserisce l'interpretazione focalizzata sulla Banalità del Male di Arendt, ma con il filtro dato dal presupposto che aveva fatto incontrare gli autori con il testo della filosofa ebrea tedesca di scuola heideggeriana.