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Terra
Anno: 2015
Regista: Marco De Angelis; Antonio Di Trapani;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 01-09-2015


“E voi non siete pronti per un nuovo inizio.” Qualcosa di sovrannaturale sta portando la terra alla fine, e mentre per l’apocalisse contiamo i minuti rimasti, alcuni personaggi perlustrano quello che, per essi, perderemo. E se il mondo sparirà, secondo l’opinione dei due registi Marco De Angelis e Antonio Di Trapani nel film Terra presentato alla 51° Mostra internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro dove ha ricevuto la menzione speciale per la sperimentazione linguistica, non sarà un grande rimpianto, anzi per essi una benedizione divina. Pareri; io sono di diversa convinzione. Per me il mondo (nonostante tanti difetti) è stupendo e gli auguro lunga vita. In Terra potrebbe sembrare il contrario ma cinema sperimentale non vuol dire fatto senza cognizione di causa. È una ricerca di immagini: “non succede niente nonostante le immagini si susseguono da un capo all’altro di un’inesistente vicenda” … “In narrazioni di questo tipo accadono in realtà tante cose. Basta soltanto andarle a cercare sul piano del significante invece di fermarsi ad aspettarle su quelle del significato.” (Angelo Moscariello, Come si guarda un film, Laterza, Bari, 1982) Se definito seguendo questo principio, Terra è strapieno di significante. Alla fine della proiezione, il dibattito con i critici è stato intenso, tutti si esaltavano a estrapolare visioni interpretative. Nel film c’è tanto, troppo, di tutto e con principi alquanto consolidati, quindi facilmente graditi a un pubblico conformista. Immagini sfuocate, quasi più disegnate che riprese. I colori deformati, una voce fuori campo cerca di portare chiarimenti. Figure elettriche, perché tutto è sfuggente, dalla stessa natura: acqua deserto fiumi boschi: “servirà ancora dare nomi alle cose?” Qual era l’idea dei registi? C’è lo spiegano nella loro intervista: “all’inizio avevamo un’altra idea” … “cresciuto per accumuli di idee” … “polifonia audiovisuale”. (http://www.pesarofilmfest.it/intervista-a-marco-de-angelis-e-antonio-di-trapani) Perciò nel loro cinema non c’è soggetto, non c’è sceneggiatura, ci sono solo loro due: hanno iniziato un lavoro con un’idea, poi per volontà o costrizione (di chi non riesco a comprenderlo), ne esce un’altra storia. Perché? C’è lo dicono sempre gli autori: “La domanda è che cosa è il cinema … senza una risposta certa … più passano gli anni più è incerta la risposta.” (http://www.pesarofilmfest.it/intervista-a-marco-de-angelis-e-antonio-di-trapani) Volevano fare una cosa, poi, incerti, a come rispondere a “che cosa è il cinema”, hanno ristretto l’uso della camera per avventurarsi a un montaggio estremo con immagini, foto, e per avere un consenso universale immagini di retorica sulla guerra. Il problema è la dilatazione sproporzionata dei tanti linguaggi e delle intense citazioni. Abbiamo un risultato profondo ma uno sfondo di esagerazione esibizionista.