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Meek's Cutoff
Anno: 2010
Regista: Kelly Reichardt;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 06-09-2010


Oregon 1845. Una piccola carovana di coloni sta cercando di raggiungere da giorni la loro metà. Hanno una guida: il signor Meek. Purtroppo qualcosa non è andato nel verso giusto e si sono persi. Hanno poche provviste e poca acqua, non sanno la strada. Il tempo passa e cresce la diffidenza verso la guida. La diffidenza diviene una vera ribellione nei suoi confronti, quando incontrano un indiano. Non sanno nulla di lui, non riescono a comunicare. Eppure sembra capirli. I coloni cominciano a pensare che li stia portando verso l’acqua. Ma nessuno è in grado di saperlo. Il film è bello. In uno sfondo arido, secco i caratteri dei personaggi di questa piccola comunità si mostrano nella loro interezza. La difficoltà fa compiere delle scelte e ci si lascia guidare verso l’incerto. Il viaggio, ennesimo tema di un film, è all’interno delle reazioni psicologiche di un gruppo di persona. Quando le cose non vanno per il verso giusto, la guida è accantonata. Al suo posto viene preso un indefinibile ed incertissimo destino. Qui il destino è dato da un indiano. Lui parla la sua lingua, canta le sue canzoni, disegna i suoi idoli, ma la comunità di fida di lui, non può farne più a meno. Anche il Signor Meek è costretto ad accettarlo. A volte la nostra mente ci fa compiere un gesto istintivo, pensiamo di trovare la strada in questo modo, non lo sappiamo, ma dobbiamo farlo. La paura è di grande utililità per queste scelte. I coloni hanno paura, sentono su di loro una sorte nefasta, eppure gli guiderà il futuro. Non conosciamo l’avvenire. Il film è work in progress: “Finiamo questo lavoro, l’oro non si può bere”,. Kelly Reichardt non lo finisce il suo lavoro, volutamente, perché l’avvenire di ognuno di noi è indefinibile e preferisce di gran lunga l’oro.