I diavoli. Ken
Russell. 1970. GB.
Attori: Vanessa
Redgrave, Oliver Reed, Dudley Sutton, Max Adrian, Gemma Jones
Durata: 109’
Titolo
originale: The
devils
Francia. Anno 1634. Il re Luigi
XIII dà uno spettacolo molto originale alla presenza del cardinale Richilieu,
primo ministro, che vorrebbe risolvere la questione dei protestanti. Il paese
di Loudun è debellato dalla peste e Urbain Grandier, il curato protestante,
celebra il funerale del governatore. Al suo passaggio per le strade del paese
le monache del convento di S. Orsola si affacciano per vederlo, compresa la
badessa Jeanne des Anges, affetta da una malformazione della schiena. Grandier
ha una relazione con la figlia del procuratore Trincant e quando lei gli
confessa di essere incinta lui l’abbandona perché non potrebbe riconoscerne il
figlio. La peste continua a mietere vittime e il procuratore Trincant si
presenta a Loudun per minacciare il prete dopo aver saputo della sua relazione
con la figlia. Madeleine De Brou, una giovane ragazza che vorrebbe prender i
voti, parla con la badessa la quale la mette in guardia circa la sua scelta.
Madeleine si confessa con il curato e gli annuncia il suo amore ma poiché anche
lui l’ama, è costretto dalla sua morale a rifiutarla. Nel convento intanto,
durante una preghiera, suor Jeanne sogna di essere posseduta da Grandier, sceso
dalla croce al posto di Gesù. Giunge a Loudun il barone Laubdremont il quale,
per ordine del cardinale Richelieu, prova a distruggere le mura del paese,
ritenuto un covo di ugonotti protestanti. Grandier riesce a fermarlo perché il
barone sta compiendo il gesto contro la volontà del re, e perché sta
minacciando l’autonomia di Loudun. Suor Jeanne invia una lettera nella quale
domanda che Grandier diventi guida spirituale del loro convento ma l’uomo
invece compie una funzione privata nella quale si concede in sposo a Madeleine.
La notizia si sparge velocemente e chi ne soffre di più è proprio suor Jeanne
la quale, vedendo Madeleine tornare per rifiutare i voti, l’aggredisce
insultandola. Al posto di Grandier si offre come padre spirituale del convento
di S. Orsola padre Mignon che però viene dapprima rifiutato e poi informato
dalla stessa suora che è posseduta dall’anima di Grandier. Il cardinale
Richelieu, in combutta con il barone per far sì che anche Loudun passi nelle
mani dei cattolici, cerca prove di un eventuale possessione demoniaca della
monaca effettuata da Grandier e invita padre Barre, un esorcista, a Loudun,.
Dopo diversi tentativi, tutti molto violenti (ed ai quali il popolo si ribella)
la badessa accusa definitivamente di essere posseduta dal demonio e che a
mandarglielo è stato Grandier. Condannando a morte anche le altre orsoline,
Barre ottiene che queste, per essere risparmiate, accusino il curato della
medesima colpa. Grandier intanto si rivolge al re per difendere l’autonomia del
suo paese ed ottiene che le mura non vengano distrutte. È lo stesso re che,
recatosi a Loudun con una finta reliquia, smaschera il finto esorcismo di padre
Barre, ma al ritorno del prete, le suore lo accusano di stregoneria e Grandier
viene considerato ugualmente colpevole di eresia. Mentre una suora s’impicca per il senso di
colpa, la stessa badessa vorrebbe ritirare l’accusa ma Barre non glielo
consente. Processato (anche grazie ad un’accusa scritta estorta a Madeleine)
Granider si difende inutilmente mettendo in luce il lato politico dell’accusa
mossagli dall’autorità ma, dopo essere stato rasato a zero, viene ugualmente
condannato a morte il 18 agosto. Grandier non ammette la sua colpevolezza né sotto
tortura, né di fronte al convento delle orsoline, né in piazza, dove gli danno
fuoco. Vengono fatte esplodere le mura di Loudun e padre Mignon, pentito, viene
messo in un sanatorio. Madeleine esce dal paese attraversando la breccia e si
dirige su una lunga strada seminata di ruote alle quali sono appesi i
condannati a morte.
Ispirato ad un fatto realmente accaduto, studiato dallo
scrittore Aldous Huxley (che scrisse il testo I diavoli di Loudun) ed adattato per il teatro da John Whiting
qualche decennio prima, il film di Ken Russell è un manifesto politico di
autodeterminazione e condanna, da parte dell’autorità, di questa. È infatti in
quest’ottica che l’intero lavoro può essere letto (oltre tutti i riferimenti
religiosi e grotteschi del periodo preso in esame) dove ad un processo di
autodeterminazione ed autogoverno (come quello che il paese di Loudun
rappresenta) corrisponde la volontà di
un singolo a sottomettere certe libertà in nome di una falsa morale, spesso
spinta da un senso di nazionalismo sterile. Da un punto di vista
figurativo/narrativo, il regista si è divertito a ricostruire il percorso del
curato come se si trattasse dello stesso compiuto da Gesù: c’è la diffidenza
del popolo ma soprattutto dell’autorità, il tradimento (con tanto di bacio al
quale il popolo urla il nome di Giuda) il suicidio dei mentitori e la condanna
a morte dell’imputato (oltre la più diretta immagine di Grandier che scende
dalla croce). Forte del senso del corpo e delle sue regole, Ken Russell punta
sull’esagerazione del suo linguaggio (l’orgia delirante in chiesa) al quale
nessuno sembra immune (lo stesso Barre per esempio) e che per il regista sembra
assumere l’importanza di legge superiore a tutte le altre. Da un punto di vista
tecnico invece, il regista si è affidato come al solito ad una scenografia
posticcia (curata molto bene da Derek Jarman ed esaltata dall’uso del
grandangolo) in grado di mantenere vivo il senso della rappresentazione, fedele
alla realtà teatrale di questa. Il convento (nel quale avviene gran parte
del’esorcismo) ricorda quello de La
passione di Giovanna d’Arco (1928) di Carl T. Dreyer, forse una semplice
citazione, o il senso dissacrante proprio di quella passione (che in Jeanne
diventa satanica). Girato completamente in studio (a Londra) si tratta di un
film censuratissimo per i temi trattati (non solo in Gran Bretagna), ma
soprattutto per la sua messa in scena (il crocefisso è presente in quasi tutte
le scene più ambigue) barocca e grottesca, orgiastica e blasfema (sebbene sia
molto vicino alla realtà raccontata). Lo stesso tema (con personaggi diversi)
era stato portato sullo schermo già con un altro lavoro, Madre Giovanna degli Angeli
(1961) del polacco Jerzy Kawalerowicz. “Amate
la Chiesa?”
“Non oggi!”
Bucci Mario
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