L'uomo
dagli occhi a raggi X. Roger Corman. 1963. USA.
Attori: Ray
Milland, Diana Van Der Vlis, Harold J. Stone, Don Rickles
Durata: 80’
Titolo originale: X
- The man with X-ray eyes
Lo scienziato James Xavier ha scoperto un liquido X che
messo sugli occhi permette di vedere attraverso le cose. La scimmia sulla quale
ha testato il prodotto ha dato ottimi risultati, ma è anche morta d’infarto.
Nonostante questo chiaro avvertimento, il dottor Xavier decide di usare il
liquido su se stesso minacciato di perdere i fondi per le sue ricerche. Dopo
aver dimostrato le capacità del liquido, i fondi gli sono ugualmente tagliati e
poi, dopo aver salvato la vita ad una paziente sostituendo il medico che la
doveva operare, è denunciato da questo per pratiche illegali. Costretto a
sparire per un po’ uccide involontariamente un suo collega facendolo
precipitare dalla finestra. È costretto così a mettersi in fuga ed in comica a
lavorare in un circo come mago. Il suo padrone sente il profumo del business e
gli apre uno studio di consultazione dal quale però egli fugge una volta che è
ritrovato da una collega che all’inizio lo appoggiava nelle sue ricerche. Per
continuare con gli studi, anche perché la situazione dei suoi occhi è
notevolmente peggiorata, vanno al casinò dove le grosse vincite attirano
l’attenzione dei gestori. Costretto a fuggire ancora una volta, e dopo essere
finito in un burrone, arriva in una piccola tenda dove si sta celebrando una
messa e lì, convinto dal prete, decide di strapparsi gli occhi.
Non allontanandosi mai troppo dalle arie sue preferite,
quelle gotiche cioè, il regista Roger Corman realizza un film di fantascienza a
bassissimo costo che segue alla lettera il più collaudato impianto del genere:
scienziato folle, esperimento deleterio, redenzione e morte. Si accennava al
gotico perché tutto questo ovviamente è raccontato con la tipica freddezza e
distanza alla Poe (del quale Corman ha tradotto parecchi racconti sullo
schermo) ma anche per quella spirale d’incubo nella quale le vicende del dottor
Xavier trascinano lo spettatore. Alla
normale struttura narrativa si aggiunga ovviamente il discorso della vista,
facoltà assoluta del cinema, e che sin dall’inizio sembra sottostare al testo
originale, con quell’occhio che fissa lo spettatore e con quel riflesso
luminoso (l’occhio di Dio cui allude il dottore nel finale) che ancora una
volta riconsegna l’uomo ad una posizione più umana e terrestre. C’è anche da
dire però che il medico Xavier non è un tipico scienziato pazzo, perché a tutti
gli effetti egli ha una teoria valida che non viene, di passo in passo, o
creduta o mal tradotta (per profitto). Si potrebbe affermare che arriva fino
alla follia per mancanza di complicità nel tradurre in efficace una scoperta
che egli è suo malgrado obbligato ad usare su se stesso. Si tratta in ogni modo
di una posizione scomoda, che vacilla nel momento in cui lo stesso medico
afferma di essere quasi vicino a Dio stesso. È lì la sua follia, e lì
incomincia anche la sua caduta, nel suo atto di presunzione, nella sua scelta
di mettersi arbitrariamente alla pari con il Creatore. Una burla, lo
scetticismo del regista, nella possibilità che una tale scienza permetta solo
di guardare le donne svestite (cosa che accade alla festa e che poi è il vero
desiderio dell’imbonitore da fiera). Il direttore della fotografia è ovviamente
Floyd Crosby, accompagnatore fisso del regista, ma anche del film Tabù (1931) diretto da F. W. Murnau e Robert
J. Flaherty. Si potrebbe dire che ne L’uomo
dagli occhi a raggi X c’è quasi tutto il primo cinema di David Cronenberg
(fino a La zona morta (1983) e Inseparabili (1988) per il rapporto
fatalistico tra scienza e destino dell’umanità) e forse anche lo spunto visivo per
il film Essi vivono (1988) di John
Carpenter.
Bucci Mario
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