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The corporation
Anno: 2003
Regista: Jennifer Abbot; Mark Achbar;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Canada;
Data inserimento nel database: 14-04-2005


The corporation

The corporation. Jennifer Abbot e Mark Achbar. 2003. CANADA.

Attori: Noam Chomsky, Samuel Epstein, Naomi Klein, Michael Moore, Ira Jackson, Clay Timon, Milton Freidman

Durata: 145’

 

 

Non è una novità che, in un momento storico in cui la società è subissata di falsi messaggi e mezze verità, e la televisione gestita proprio da chi crea e diffonde queste mancanze, il documentario diventi la prima arma del cinema per dimostrare e mettere in luce la possibilità che un mondo diverso sarebbe stato possibile (dire è possibile adesso mi par proprio un’irraggiungibile utopia). The corporation, tratto dallo studio The corporation: la patologica ricerca del profitto e del potere realizzato da Joel Bakan, è figlio quindi del nostro tempo, così come lo sono i tanti documentari (e non solo, ma anche film in stile documentaristico) che raggiungono il grande schermo perché portatori di una sana corrente febbricitante di novità controinformativa, e perché un documentario al cinema rende sicuramente di più che alla televisione, dove per giunta spazio per garantirne la messa in onda è davvero difficile trovarlo. Anche nel panorama cinematografico ciò è raro, infatti, a parte il grande successo di Fahrenheit 9/11 (2003) di Michael Moore, questa caratteristica del documentario come refrattario a fare incassi continua a ripetersi tanto che in Italia il film ha sostato nelle sale giusto il tempo per essere notato e per ottenere il passe-partout per i vari cineclub o cineforum. In più va tenuto conto di un aspetto sul quale pochi si soffermano: la necessità di una pellicola come questa non è così larga in Europa dove il livello d’informazione collettivo è superiore a quello dimostrato del pubblico nordamericano (cui il film principalmente si rivolge) e per questo stare a sentire tutte le voci ed i commenti che passano sullo schermo presto diventa una prassi del già sentito\detto\pensato che non apporta niente di nuovo alle già profonde coscienze del pubblico europeo. A parte infatti la divertente (e al tempo stesso angosciante) associazione tra multinazionale e comportamento psicotico di un singolo individuo, il film ripete una serie di nozioni che chiunque, dotato di un minimo di interesse per il mondo che lo circonda, potrebbe leggere in qualsiasi articolo di giornale o testo universitario. Senza prendersi in giro infatti, chi va a vedere questo film è chi un testo universitario o lo ha letto o almeno ci ha provato e quindi ha un minimo di substrato culturale per rimanere deluso da questa pellicola. Non si tratta di definirla inutile, ma si tratta di riconoscere che il suo potenziale è molto inferiore in Europa (e specialmente nei paesi che hanno una lunga e consolidata prassi critica e politica) che in America, e che questo documentario, per quanto bello possa essere anche nella sua forma estetica, non cambierà le sorti del mondo anzi, sicuramente otterrà le stesse delusioni ottenute dal più recente lavoro di Michael Moore, vero apripista di questa nuova (o di nuovo nuova) tendenza cinematografica. L’effetto che The corporation otterrà (così come gli altri documentari) sarà semplicemente il ritorno ad una forma di rappresentazione sempre più reale del prodotto cinematografico (un po’ come era accaduto per il freecinema inglese, per quello underground newyorchese, per quello francese, ecc.). Il problema di questo lavoro è che ha sbagliato circuito, e che ha sbagliato pubblico: se avesse scelto di non rincorrere aspirazioni messianiche, abbandonando il pubblico alla sua sonnacchiosa stabilità e rivolgendosi invece a quella stretta cerchia di persone impegnate a combattere proprio questo modello di società iperproduttiva, probabilmente questo film avrebbe avuto un effetto maggiore. Da vedere lo stesso, per chi non ha ancora le idee chiare su chi governa il mondo….

 

 

Bucci Mario

[email protected]