La
compagnia dell’anello.
Peter Jackson. 2002. N.Z.
Attori: Elijah Wood, Ian
McKellen, Liv Tyler, Viggo Mortensen, Sean Astin, Cate Blanchett, John
Rhys-Davies, Billy Boyd, Christopher Lee, Dominic Monaghan, Ian Holm
Durata:
178'
Titolo originale: Lord
of the rings: The fellowship of the ring
Pensato come ad un grosso, enorme progetto di
cine-business (Star Wars Trilogy, per capirci), è apparso nelle sale con
solo il primo episodio, anticipato dalla sua eco si è concluso con un non
finale che obbligherebbe lo spettatore o a leggere per intero il romanzo di
Tolkien o ad aspettare il secondo episodio. La trilogia, che dovrebbe
concludersi nel 2003, andrebbe vista tutta assieme per poterne parlare più
concretamente…
Si può (discutibili le interpretazioni) rimanere comunque
vinti dalla storia: l’anello del potere è unico ed indivisibile, l’uomo comune
non è in grado di usarlo in società ed il potere è quindi rimesso o al bene o
al male assoluto. Questo male richiama se stesso, mentre il bene ha bisogno di uno
sforzo maggiore, l’unione. Solidarietà non-umana (e fantastica) dunque
(comunque sempre al limite del tradimento) perché a nessuno è dato per se
stesso ed ognuno è con sé il destino degli altri. E’ questo il messaggio che
dal primo episodio traspare. La storia è legata a quest’idea. Gli Hobbit, gli
Elfi, i Nani, che vivono il fantastico e pacifico mondo della Terra di Mezzo,
sono le creature pronte a difendere e distruggere l’Anello del Male; l’Anello
del Bene è la loro stessa comunione. Nel mondo fantastico di Tolkien, può
accadere anche che la storia s’interrompa di colpo, di netto, per lasciare che
funzioni ancora di più quella capacità d’immaginare che è propria del lettore,
quel fantasticare sul finale che arriverà solo dopo altre e tante visioni ….
Il film si apre con la più classica tradizione delle
pellicole epico-eroiche: voice-over e pre-storia del film attraverso
scene di battaglia tra eserciti del Male e quelli delle Terre di Mezzo. Il mago
Gandalf (Ian Mckellen) di passaggio nella Contea per festeggiare
l’ultracentenne amico Bilbo Baggins, c’introdurre invece alla storia vera e
propria: con il suo carretto zoppica sulla strada che attraversa il pacifico e
ever(digital)green paesino degli Hobbit (le immagini dei fuochi
d’artificio per la festa pre-vedono quali saranno le possibilità visionarie del
film). Il mago Gandalf è anche l’uomo che segna il cammino verso la distruzione
dell’Anello, consegnandolo a Frodo, il solista del film, il personaggio
principale, un Hobbit perfettamente vestito da Elijah Wood, i cui occhi, ma
soprattutto il cui collo che fa tutt’uno con la testa, servono a mettere in
risalto la semi umanità di questa tribù pacifica. Il male incomincia a
richiamare se stesso ed i nove Cavalieri neri (ex-re umani soggiogati al potere
dell’Anello) si mettono alla ricerca del gruppo che custodisce l’anello.
Gandalf intuisce che per essere distrutto va riportato dov’è stato forgiato, a
Mordor, la terra dell’Oscuro Signore del Male. In quest’avventura i quattro
piccoli Hobbit (subito se ne sono aggiunti tre) sono seguiti da un gruppo di
rappresentanti di tutta Terra di Mezzo: la principessa degli elfi Arwen,
Boromir, Aragon il Ramingo, Legolas l’Elfo, Gimli dei Nani e tanti altri
fantastici mostri che sfideranno sul loro cammino. Tutti i personaggi sono
legati alle armi nelle loro mani (…il mio arco è tuo, la mia ascia pure, la
mia spada è tua… così, infatti, si forma la Compagnia dell’Anello), quindi
l’arco è per il biondo e longilineo elfo, l’ascia è per il tozzo nano, la spada
per l’agile Aragon…
Da quando si è inseriti nella quotidianità della Contea
degli Hobbit, si presuppone che sarà la sequenza di meravigliosi paesaggi a
salvare il ritmo alla storia (girato in Nuova Zelanda, come molti film
precedenti del regista anche lui neozelandese, il film ha poche e leggere
cadute): molte delle scenografie sono state ricostruite dal vivo, le immagini
panoramiche riprese dal vero, ma per entrambe c’è voluto un grosso lavoro di
laboratorio e post-produzione che ha ritoccato per quasi il 90 % del film con
il computer (si spiega allora perché è un progetto datato ‘97). In
un’intervista Ian McKellen ricorda che quelle girate con la neve sono immagini
autentiche (tranne la valanga è ovvio) e se si pensa allora che queste coprono
una parte risibile in tutto il primo episodio, non si può fare a meno di dire
che è un ottimo e in parte solido prodotto di un laboratorio computerizzato.
Non so dire più se si chiama fotografia o tecnica del computer, certo è che in
quanto a descrizioni paesaggistiche il film è molto suggestivo. Più che un
prodotto pensato apposta per il cinema però, si mostra da subito come un ottimo
lavoro per il mercato del DVD alla quale versione, infatti, sono aggiunti 40
minuti oltre i 170 del film passato al cinema (anche perché il regista ha
mantenuto i diritti sulla pellicola lasciando invece alla casa di produzione
quelli sui gadgets).
In un film così lungo, deludono le scene di lotta corpo a
corpo perché la cinepresa, troppo vicina o troppo lontana dagli scontri, sembra
non troppo interessato ai colpi che i personaggi s’infliggono (a parte le
scoccate di frecce che la fisica e la natura del cinema vuole inquadrate da una
certa distanza). Il cast di attori può riservare opinioni differenti: il
Signore degli Elfi è interpretato dal normaloide uomo sociale di Matrix,
Hugo Weaving; Liv Tyler è la bella Arwen, principessa degli Elfi, ed è quando
lei entra di scena che a mio avviso si vede la sequenza più bella: la corsa con
il cavallo bianco, per salvare Frodo dai nove Cavalieri Neri è spettacolare,
veloce, ben girata e soprattutto rende omaggio ad un animale, il cavallo,
sempre protagonista nei film epico-eroici, qui ripreso in tutto il suo sforzo.
Aragon, ha il viso ed il corpo troppo impettito di Viggo Mortensen, mentre
Christopher Lee, perfettamente truccato, incarna il bene che volge al male, il
Capo del Consiglio dei Bianchi piegato alla volontà di Mordor. Come per lui, è
azzeccata anche il cast scelto per gli altri tre Hobbit che seguono Frodo in
quest’avventura, gli attori Sean Astin, Billy Boyd e Dominic Monaghan. Un po’
presuntuosa proprio l’interpretazione del mago Ian McKellen, a cui tocca,
credo, una grossa pecca di sceneggiatura: quando per capire che anello è quello
che il suo amico Bilbo ha ri-trovato, la sequenza rimanda troppo nel montaggio
agli american law films sulla ricerca della verità storica o
giudiziaria: scartocciando gli annali Gandolf ri-trova la storia dell’anello e
strabuzza gli occhi mentre sorseggia ad un coppa (caffè?), la stessa
sequenza si ripete in qualsiasi film che abbia una biblioteca nella sua
sceneggiatura. Le sequenze di battaglia con cui si apre il film sono
interessanti e ben rappresentate e farebbero la loro bella figura accanto alle
più simili e recenti de Il Gladiatore (2000) di R. Scott. Il surround è
ben sfruttato solo per il lacerante lamento dei Cavalieri Neri.
Il regista Peter Jackson insomma è quello di due
splatter-movie non-sense Fuori di testa (1987) e Splatter (1992),
il cammino che sta facendo adesso è in direzione di un cinema godibile, ma su
DVD e con un venticinque pollici minimo.
Mario Bucci
[email protected]