Il
mago di Oz. Victor Fleming. 1939. USA.
Attori: Judy Garland, Frank
Morgan, Bert Lahr, Ray Bolger, Jack Haley, Margaret Hamilton, Billie Burke
Durata: 101’
Titolo originale: The wizard of Oz
Kansas. USA. La piccola Dorothy Gale combina guai dentro e
attorno alla sua fattoria e quando si vede costretta a perdere il suo cane Totò
perché ha morso la vicina, fugge via con la bestiola. Incontra sulla strada un
mago cialtrone che la convince a ritornare dalla zia Emma, ma purtroppo la
fattoria è colpita da un tornado ed una volta in casa, Dorothy è strappata via
dalla forza del vento, assieme a tutta l’abitazione. Placatasi la tempesta si
ritrova in un mondo incantato e colorato, sul quale la casa è caduta, uccidendo
involontariamente la Strega
dell’Est e liberando il popolo dei Mastichini. Ad interrompere i festeggiamenti
è la Strega
dell’Ovest, giunta per vendicare la sorella, ma soprattutto per recuperare le di
lei scarpe rosse che invece finiscono ai piedi dell’undicenne. La Strega del Nord, una sorta
di fata buona, consiglia a Dorothy, che vuole ritornare in Kansas, di
rivolgersi al potente mago di Oz, rinchiuso nella sua Città di cristallo,
raggiungibile solo attraverso il sentiero dorato. Sulla strada Dorothy incontra
dapprima uno spaventapasseri senza cervello, poi un uomo di latta senza cuore
ed infine, nella foresta, un uomo leone senza coraggio. Tutti e quattro
decidono di raggiungere il mago per domandare a lui di dargli quello che manca
ad ognuno di loro. Come ultimo tentativo la Strega dell’Ovest gli fa trovare un campo di
papaveri proprio all’ingresso della città, nel quale si addormentano la bambina
e l’uomo leone, ma l’intervento della Strega del Nord, che fa nevicare sul
campo, li libera dall’incantesimo. Giunti nel castello, dopo essere stati rimessi
a nuovo, si presentano al cospetto del mago che, per esaudire i loro bisogni,
chiede in cambio la scopa della Strega dell’Ovest. I quattro decidono allora di
recarsi nelle terre buie di quella ma, aggrediti da scimmie volanti, perdono la
bimba ed il cane, entrambi rapiti. La strega malvagia, per ottenere le scarpe
rosse che Dorothy indossa, è costretta ad ucciderla ma la fuga del cane Totò, e
l’arrivo dei compagni d’avventura, interrompono l’incantesimo e fa in modo che
la strega muoia, colpita da acqua utilizzata dalla bimba per spegnere il fuoco
che stava divorando lo spaventapasseri. Anche il popolo dell’Ovest è finalmente
liberato dalla strega e con la scopa di quella i quattro tornano al cospetto
del mago, che in realtà si rivela però un cialtrone. Per soddisfare ugualmente
le loro esigenze il mago conferisce un diploma allo spaventapasseri, una medaglia
al leone ed un orologio a forma di cuore all’uomo di latta. Per quanto riguarda
Dorothy, che vorrebbe tornare nel Kansas, le offre un passaggio sulla sua
mongolfiera, visto che anche lui, delle stesse origini della bambina, vorrebbe
ormai tornare nel suo paese. L’ennesima fuga di Totò fa scendere Dorothy dalla
mongolfiera, che l’abbandona. L’arrivo della Strega del Nord svela alla
fanciulla il trucco per tornare a casa, sbattere cioè tre volte i tacchi delle
scarpe rosse. Una volta compiuto il gesto, la bambina si risveglia nel suo
letto circondata da parenti e contadini, del tutto simili ai suoi amici
fantastici.
Fantasy musical davvero spettacolare per l’epoca, che
alterna il bianco e nero per le scene reali con uno sfavillante colore per le
scene girate nel paese fantastico di Oz. Tratto da un racconto per bambini di Lyman
Frank Baum, giornalista del Midwest, il film di Victor Fleming è uno sfoggio
assoluto di costumi (oltre quattro mila), scenografie (65 scene), coreografie
ricche e che traggono spunto dalla fantasia nordica fatta di streghe, gnomi e
folletti, ma che sfrutta pienamente tutta una serie di sottotesti contemporanei
alla stesura dell’opera. Non molti ad esempio sanno che nella storia esiste una
critica massa dal movimento politico/economico Free Silver che voleva l’argento come valore mondiale dell’economia
e non l’oro, che come la strada che dovrebbe portare al mago, si sarebbe rivelato
una falsa pista, che avrebbe condotto all’ennesimo cialtrone. Secondo il testo
originale infatti, lo spaventapasseri avrebbe rappresentato gli agricoltori,
l’uomo di latta i lavoratori industriali ed il leone William Jenning Bryan,
candidato democratico alle presidenziali del 1896. Questa lettura infatti fu
eliminata nel film semplicemente sostituendo le scarpe d’argento di Dorothy con
quelle rosse. Il movimento Free Silver
fu comunque battuto a quelle elezioni [i]. Per
quanto riguarda invece gli aspetti drammaturgici del film, siamo di fronte ad
una fase di crescita della fanciulla, incompresa e priva ancora di una serie di
libertà, che la conduce a conoscere il valore dei sentimenti, dell’intelligenza
e del coraggio. È sicuramente una pellicola datata, sia nella sua realizzazione
(è sostanzialmente un muscial) che negli intenti conservatori e nazionalisti
(la pellicola finisce con l’accettazione della piccola che a casa è meglio che
in qualsiasi altro posto) ma non si può fare a meno comunque di tener conto che
siamo di fronte ad un vero prodotto cinematografico, fatto di pura finzione
(tutto è falso, compresi i finti esterni) e spettacolarità visive (le immagini
dentro la sfera di cristallo, il tornado che porta a spasso le persone,
l’apparizione del finto mago). È un viaggio quello che compie Dorothy, nella
crescita e nel passaggio verso la maturità, fatto d’incubi e cesellato di sogni
sgargianti, cui purtroppo la piccola preferisce rinunciare in nome della quotidianità
della sua famiglia. Over the rainbow,
la canzone che la giovane Judy Garland (sedici anni quando girò questo film, e
che ottenne il premio Oscar) intona all’inizio della pellicola, e che diviene
motivo dell’intera pellicola, è tuttora una delle più celebri del cinema
mondiale, e con la colonna sonora composta da Herbert Stothart, ottenne anche
un premio Oscar. Il film fu girato in 136 giorni e costò due milioni e
settecentomila dollari, ma ottenne successo praticamente solo negli Stati Uniti
ed in Italia fu proiettato nelle sale solo nel 1949. Nel 1978 uscì una versione
abbastanza singolare dello stesso racconto scritto da Lyman Frank Baum, The Wiz (I’m magic) del regista Sidney
Lumet, interpretato da soli uomini di colore con New York a fare il paese di Oz
[ii]. Ad
anticiparlo però vi erano stati il seguito (inedito in Italia) Journey back to Oz (1974) di Hal Sytherland e l’australiano Oz (1976) di Chris Loften, mentre a seguirlo il britannico Nel fantastico mondo di Oz (1985) di
Walter Murch, prima di questo film tecnico del suono. Nello stesso anno invece,
il regista Victor Fleming realizzò uno dei capisaldi del cinema mondiale: Via col vento (1939). La prima versione
per il cinema però, fu Il mago di Oz
(1925) di Larry Semon.
Bucci Mario
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