Arsenico e vecchi merletti. Frank Capra. 1942-44. USA.
Attori: Cary Grant,
Josephine Hull, Jean Adair, Peter Lorre, Raymond Massey
Durata: 118’
Titolo originale: Arsenic and old lace
Brooklyn. Notte di Halloween. Il
famoso Mortimer Brewster ha deciso di sposare la bionda Elaine Harper. Corso a
casa delle due anziane zie, Martha e Abby, per dirle della lieta notizia,
scopre nella cassapanca vicino alla finestra il cadavere di un uomo. Domandando
spiegazioni alle due anziane figure, Mortimer scopre che in cantina c’è vero e
proprio cimitero, con dodici cadaveri di anziani uomini soli, avvelenati dalle sue
zie. A scavare le fosse è suo cugino, Teddy, che in realtà si crede il
presidente Theodore Roosevelt. Mortimer, caduto nel panico, cerca di
allontanare Elaine dalla casa e di risolvere la questione. La situazione
precipita quando fa ritorno a casa il fratello di Mortimer, Jonathan, scomparso
da diversi anni e delinquente rinomato. Con lui si presenta anche un finto
dottore, in realtà suo complice, il cui compito è quello di far sparire un
cadavere che entrambi hanno nella loro automobile. Una serie di equivoci fa
precipitare ancor di più la situazione fino a che non arrivano i responsabili
del manicomio, chiamati da Mortimer, ed alcuni rappresentanti dell’autorità.
Jonathan viene arrestato, il finto medico se la dà a gambe levate, e Mortimer
scopre di non essere un Brewster, ma forse di essere anche lui un pazzo come
tutti gli altri.
Commedia amara, cinica ma
assolutamente divertente, costruita secondo i perfetti meccanismi del plot
della presentazione della sposa (o dello sposo) ai parenti, e sul tema della
solitudine nella vecchiaia. Se per quanto riguarda il plot, i meccanismi come
abbiamo detto sono rispettati perfettamente (differenze socio-economiche; difficoltà
di inserimento; scheletri nell’armadio), è sul tema della solitudine che il
regista interviene costruendo due perfette figure che s’illuminano di una
tenerezza ambigua e dall’aria malsana. In realtà il film è un adattamento
cinematografico di una commedia teatrale di successo scritta da Joseph Kesselring, e che il regista di origini
palermitane ha adattato rispettando quasi interamente, ma amplificando la
parodia dell’horror grazie alla maschera applicata a Raymond Massey, il
risultato degli esperimenti del suo medico dr. Einstein (che allude ovviamente
al Dr. Frankenstein), elemento che non faceva parte della commedia portata a
Broadway. All’origine dell’ispirazione, il fatto che ad interpretare il
personaggio di Johnathan, il fratello delinquente di Mortimer, sul palco era
l’attore Boris Karloff, a sua volta reso celebre dal film Frankenstein (1931) di James Whale. A dimostrazione del grande
rispetto per l’opera originale, la scelta di girare tutto praticamente in
un’unica stanza, nell’ingresso della casa delle zie, senza quasi movimenti di
camera (come dimenticare però quello che si ferma sulla cicatrice di Jonathan
quando fa il suo ingresso sulla scena), e con un gran rispetto dello stile, che
non può straripare dalla commedia, e che quindi non mostra mai la morte, i
cadaveri, il sangue. Perché si parla di morte sostanzialmente, di gente che
meriterebbe di morire impiccata (quello che pensa Mortimer di Johnathan), di
gente che rischia il manicomio, e di una coppia di vecchiette che di fronte
alla solitudine degli uomini, s’inventano esecutrici mortali, giudici
dell’esistenza. Il tema della pazzia poi, dalla quale nessuno sfugge, nella
quale tutti cadono, con un crescendo di eventi ed equivoci davvero ben dosati
tra loro, e che in fondo nasconde gli orrori della guarra, periodo nel quale
infatti il film circolò. Infine, l’America, con Teddy che si crede Roosevelt ed
il new deal che forse è una fossa
scavata, incoscientemente, in un sottoscala di Brooklyn. Il tutto sapientemente
miscelato, con un pizzico del cinema di Alfred Hitchcock. Nella scena in cui
Cary Grant scopre il cadavere nella cassapanca, esiste un trucco che il regista
usava spesso, il double-take, doppio
sguardo del protagonista che guardava, girava la testa, e poi capiva. Un
classico del suo cinema di commedia. Il film ebbe non pochi problemi:
un’interruzione per lo scoppio della guerra, ed un ritardo di quasi due anni
per l’uscita nelle sale, per non danneggiare lo spettacolo teatrale che a
Broadway continuava, con sorpresa, ad avere enorme successo. Le anteprime del
film poi, obbligarono il regista a tagliare la scena in cui il direttore del
manicomio, interpretato dall’attore Everett Horton, veniva avvelenato dalle
vecchiette: il pubblico non voleva che morisse [i]. Cast
superlativo, con Cary Grant che gigioneggia e le due Josephine Hull e Jean
Adair, che con la loro recitazione pacata e contenuta gli fanno da
contrappesso ; molto bravo come sempre Peter
Lorre, l’incubo di Düsseldorf con M - Il
mostro di Düsseldorf (1931) di Fritz Lang, girato durante la loro
formazione in Germania.
Bucci Mario
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