Il
cervello dei morti viventi. Peter
Sasdy. 1972.
GRAN BRETAGNA.
Attori: Peter
Cushing, Christopher Lee, Diana Dors, Keith Barron, Georgia Brown, Michael
Cambon, John Robinson
Durata: 90’
Titolo originale: Nothing but the night
Una serie di suicidi e d’incidenti
attira le attenzioni di un gruppo di medici, una giornalista e della polizia su
una ricca fondazione, la Inver
House, cui tutte le vittime facevano parte. Secondo le prime indagini,
i sospetti cadono su Anna Harb, madre di una delle ragazze dell’orfanotrofio
gestito dalla fondazione, e sottrattale a causa della sua fedina penale
macchiata. La polizia le dà la caccia sull’isola dove ha sede la Inver House, accusandola anche
del sabotaggio di una barca sulla quale perdono la vita altri cinque ricchi
membri della fondazione. Grazie ad un’accurata analisi del dottor Mark Ashley,
uno dei medici che si occupa del caso, si scopre che le vittime in realtà erano
già morte al momento del loro (finto) decesso. La fondazione, infatti, aveva
studiato un metodo per inserire parte del cervello delle vittime, quello che
racchiude la memoria, nei giovani dell’orfanotrofio, garantendosi un
prolungamento della vita. A notte i ragazzi sono sorpresi in un particolare
rituale dove bruciano Anna Harb, scoperta sull’isola. Il colonnello Bingham,
che si occupa del caso, è fatto prigioniero dagli stessi ragazzi, ma per un
incidente la piccola Mary, figlia di Anna, prende fuoco e con lei muoiono tutti
gli altri ragazzi cui avevano sostituito il cervello.
Giallo dalle svariate tinte, che
ogni tanto sceglie la strada freudiana per ritornare infine alla scienza più
pratica, già portata sullo schermo decine di volte sul modello del dottor
Frankenstein. Il film diretto da Peter Sasdy ha però il pregio di avere una
storia che si risolve solo nel finale, oltre quello di avere Cushing e Lee
nella stessa pellicola, due mostri sacri del genere (ai quali va aggiunta anche
l’interpretazione di Diana Dors). Il tema dell’innesto cerebrale non è nemmeno
troppo male, e per giunta ben trattato, poiché i bambini appaiono vittime di
una volontà adulta restia a morire. È una storia di trapasso culturale quindi,
dove si affronta il tema della memoria ed il passaggio, la consegna di questa. A
questo si aggiungano alcuni accenni sul rapporto tra padri e figli, ed il tema
dell’affidamento (il ruolo della madre Anna). Purtroppo manca un po’ di ritmo,
ed a rivederlo oggi, mostra il suo più grosso difetto, quello di essere un film
datato. La scena della piccola Mary sotto ipnosi sembra quasi citata in L’esorcista 2: l’eretico (1977) di John
Boorman, mentre il falò finale, in cui sono i bambini a sottomettere gli
adulti, potrebbe aver ispirato la realizzazione del finale del film Grano rosso sangue (1983) di Fritz
Kiersh, proprio perché questi mostrano una consapevolezza superiore alla loro
età.
Bucci Mario
videodrome76@hotmail.com