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American History X Anno: 1999 Regista: Tony Kaye; Autore Recensione: Andrea Caramanna Provenienza: USA; Data inserimento nel database: 26-07-1999
American History X
Visto al
American History X
Regia: Tony Kaye
Sceneggiatura: David McKenna
Fotografia: Tony Kaye
Montaggio: Jerry Greenberg
Interpreti: Edward Norton (Derek), Edward Furlong (Danny), Beverly D'angelo (Doris), Jennifer Lien (Davin)
Produzione: John Morrissey, Newline Cinema, Turman Morrissey Company
Origine: USA, 1998, 120', 35 mm
In concorso
La prima sequenza del film è anche la più agghiacciante, il punto zero o forse x della storia. Una storia - americana, ma non solo - d'odio feroce, di violenze continue. Dei ladri tentano di rapinare l'abitazione di una famiglia, i ladri sono dei neri, la famiglia è composta da bianchi. L'irruzione non avviene, perché il figlio maggiore, Derek (Edward Norton), svegliato dal fratello Danny che ha sentito i ladri avvicinarsi, si precipita in strada con una pistola e nel giro di pochi secondi uccide brutalmente uno dopo l'altro i malcapitati neri. Derek è un estremista, fanatico del Nazismo, del Mein Kampf, dell'ideologia che ha affermato il razzismo, motivandolo con l'inferiorità di negri ed ebrei, a favore della razza bianca.
Derek ha tatuato sul petto un'enorme svastica, sulle braccia il filo spinato e la scritta white power potere bianco e la sua camera è tappezzata di foto di Hitler e di bandiere naziste.
Tony Kaye affronta di petto il tema del razzismo, descrivendo con precisione i movimenti estremisti in America, cercando di approfondire le motivazioni di tanta aggressività, spesso mortale. I rapporti tra gli elementi dei vari gruppi non sono mai rapporti tranquilli e amichevoli, ma sempre basati sulla legge del più forte. Ma questa legge non assicura serenità e benessere. Derek ha ucciso, ma non si sente meglio di prima. Alla fine la domanda che si pone è questa: "Tutto ciò che ho fatto ha reso la mia vita migliore?" La risposta sta davanti agli occhi di Derek. La sua vita non ha punti di riferimento, l'ideologia che ha ammirato sgretola dal di dentro la sua esistenza, lacerando ogni rapporto con gli altri. La sua famiglia continua ad accettarlo, così com'è, subisce con sofferenza la sua scelta di odio e violenza.
Tony Kaye, al debutto nella regia di un lungometraggio, con un passato di regista pubblicitario di successo, utilizza spesso il ralenti per accentuare lo spasimo delle scene più terribili, come la sequenza iniziale di cui si diceva, o per alimentare la tensione nervosa dei protagonisti. Tutto il film ha un andamento a singhiozzo, con un occhio molto mobile che segue i personaggi, cambia i punti di vista, il tempo del racconto, elaborando velocemente con la sintesi di inquadrature perfette, la situazione emotiva della storia.
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