NearDark
database di recensioni
Per ricercare nel database di NearDark, scrivete nel campo qui sopra una stringa di un titolo, di un autore, un paese di provenienza (in italiano; Gran Bretagna = UK, Stati Uniti = USA), un anno di produzione e premete il pulsante di invio.
È possibile accedere direttamente agli articoli più recenti, alle recensioni ipertestuali e alle schede sugli autori, per il momento escluse dal database. Per gli utenti Macintosh, è possibile anche scaricare un plug-in per Sherlock.
Visitate anche la sezione dedicata all'Africa!
Festen Anno: 1998 Regista: Thomas Vinterberg; Autore Recensione: Marcello Testi Provenienza: Danimarca; Data inserimento nel database: 21-12-1998
Festen
La festa era il titolo di un film tedesco visto 5-6 anni fa, con
la malcapitata Tilda Swinton a vagare senza salvagente in un
mare di noia.
Il titolo continua a non darmi buone vibrazioni, dopo la visione
del piu' nordico Festen, uscito dalle certificazioni del Dogma danese (un'iniziativa
che nella lettera ambisce a dissolvere la figura dell'autore in
una specie di collettivo, salvo poi concedere vezzi un po' troppo
"autoriali" a quest'opera certificata - uno fra tutti, la figura
metafilmica del cuoco-regista) per beccarsi applausi un po' ovunque.
Dietro il teatrino della crudelta' messo in scena (senza la meta'
o un quarto del mordente di Bunuel, Cocteau o, per arrivare piu'
vicino a noi, del Woody Allen piu' "dark") io ho visto un gioco
fin troppo banale con personaggi-fantoccio che mi ricordavano
la plastica Mattel (c'era anche Ken nero, veeeeery politically
correct). Bunuel avrebbe piazzato una bomba, evitando di intrattenerci
per un paio d'ore sulle sevizie del buon padre di famiglia in
affari con il Reich, risolvendo d'un colpo l'empasse borghese,
che invece sopravvive alla crisi e si rigenera nel linciaggio
del deviante (pratica assai apprezzata sulle rive del Po).
Invece Vinterberg si arrotola sullo stilema della camera a mano
e dell'illuminazione "artificialmente" naturale, ignorando completamente
la potenza e le ragioni del primo piano, visto che le cerca nella
grana grossa, anziche' nelle pieghe dei volti (anche questa e'
una presuntuosita' registica e uno schiaffo agli attori non da
poco). Ci stupisce inizialmente con un movimento carpiato poi
repentinamente bloccato (come un felice atterraggio dalle parallele)
nei pressi di un cancello, immemore delle dissolvenze ("no trespassing")
di Welles e dimenticando di entrare nel recinto mostrato.
Ogni personaggio ripete autisticamente i propri tic e le proprie
idiosincrasie, senza che si possa veramente parlare di sviluppo
o approfondimento della personalita'.
Non siamo alle due ore di noia del film tedesco, insomma, ma non
sono sicuro che il fatto che Festen non fosse soporifero sia a tutti i costi un pregio...
|