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Il destino - Al Massir Anno: 1997 Regista: Yussuf Shahin; Autore Recensione: Giampiero Frasca Provenienza: Egitto; Data inserimento nel database: 18-05-1998
Il destino
Il destino
Tit. or.: Al- Massir. Regia: Youssef Chahine.
Sceneggiatura: Youssef Chahine, Khaled Youssef.
Fotografia: Mohsen Nasr. Musica: Yehia El Mougy, Kamal
El Tawil. Costumi: Nahed Nasrallah. Montaggio: Rashida
Abdel Salam. Produttore: Humbert Balsan, Gabriel Khoury.
Cast: Nour El Sherif (Averroes), Laila Eloui (Gypsy), Hani
Salam (Abdallah), Khaled El Nabaoui (Nasser), Mohamed Mounir
(Marwan), Safia El Emari (Zeinab), Mahmoud Hemida (Caliph), Magdi
Idris (Sect Leader). Produzione: France 2 Cinéma (FR
2)/Misr International/Ognon Pictures. Egitto/Francia, 1997.
Dur.: 2h e 15'.
Youssef Chahine sorprende per la versatilità del suo cinema
che spazia in diversi generi - dramma, musical, commedia,
melò, kolossal, western... - per raccontare di come
l'oscurantismo possa essere sconfitto con la purezza ed il coraggio
delle proprie idee. E per fare questo si serve di un filosofo
antidogmatico che concepisce la differenza tra ragione e religione e
predica la necessità del dubbio, quell'Averroè
apprezzato speculativamente anche da Dante che lo cita un paio di
volte nella sua Commedia. Giunto al suo trentacinquesimo film,
misconosciuto in Italia, premiato con la Palma d'oro del
cinquantenario all'ultimo festival di Cannes, Cahine è fautore
di un cinema immediato, con una ferrea volontà di trasmettere
idee che magari possono anche apparire ingenue, forse troppo
entusiastiche nella forma scelta per la messa in scena, ma proprio
per questo incredibilmente genuine e dirette. Canti, balli, pianti
per sconfiggere tutti i tipi di integralismo (non è un caso,
infatti, che il film abbia il suo inizio con un rogo in Francia), per
lottare con la forza dell'amore per la vita e per le idee contro ogni
tipo di perversione del pensiero. La macchina da presa di Chahine non
arretra su un volto pentito di aver seguito la strada sbagliata o su
un occhio colmo di lacrime, ma anzi tende ad avanzare verso di essi
per sottolineare il momento drammatico che a sua volta mira ad
evidenziare l'ideologia del regista. Una concezione cinematografica
che si ciba anche dello stesso pensiero del filosofo arabo, basti
pensare all'inusuale ed anticipato concetto di uguaglianza tra i
sessi che Averroè ha propugnato a più riprese e che
Chahine mette in scena rigorosamente, dando ai personaggi femminili
quello spessore che non è possibile tra le file dei fanatici.
Ma in un cinema così diretto, addirittura didascalico in
alcune sequenze dove si trasmette il pensiero di Averroè nel
confronto verbale con chi si è unito alla causa del cieco
integralismo, ed anche all'interno di uno spettacolo volutamente
popolare, di larga presa sul pubblico, non manca la metafora interna
alla vicenda che sostanzia e chiarifica ulteriormente ciò che
il settantaduenne cineasta intende esprimere. Il personaggio di
Averroè, a cui il califfo Al Mansour impone di distruggere
tutti i manoscritti (Averroè è stato anche traduttore
di Aristotele, occorre ricordarlo), sopravvissuti poi al rogo per
l'indefessa e coraggiosa opera dei discepoli dello stesso filosofo,
è interpretato da Nour El Cherif, un attore che torna a
più riprese nella filmografia del regista. È evidente -
Fellini insegna - che l'identificazione di Chahine passi attraverso
il personaggio del filosofo e che il suo modo di porsi di fronte
all'esistenza sia sempre amplificato dalle scelte di messa in scena
del regista, che assegna al personaggio posizioni sempre centrali e
centrate all'interno dello spazio filmico. Impressione rafforzata
dalle stesse vicende personali di Chahine che, nel caso del suo
penultimo film L'emigrante, ha dovuto subire il sequestro
della pellicola accusata di blasfemia. Anche in questo caso, come ne
Il destino, una moltitudine di cassette pirata, assolutamente
no copyright, ha fatto in modo che il film e le idee che vi
erano contenute circolassero ugualmente, ribadendo il concetto
espresso fin troppo chiaramente all'interno della pellicola.
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