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Hana-Bi - Fiori di fuoco
Anno: 1997
Regista: Takeshi Kitano;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Giappone;
Data inserimento nel database: 04-12-2003


La grande guerra

Hana Bi – Fiori di fuoco. Takeshi Kitano. 1997. GIAPPONE.

Attori: Beat Takeshi, Kayoko Kishimoto, Ren Osugi, Susumi Terajima, Tetsu Watanabe

Durata: 100’

 

 

Giappone. Tokyo. Nishi è un poliziotto che durante il pedinamento di un malvivente vede morire un collega ed un altro rimanere paralizzato. Per rispetto nei confronti di quest’ultimo, l’amico Horibe, chiede alla jakuza un prestito in danaro per comprar lui l’attrezzatura da pittore e dargli così una nuova possibilità di vivere, con un’altra passione. Nishi però, è anche afflitto dalla morte della figlia e dalle condizioni della moglie, malata terminale e per la quale compra un taxi e, dopo averlo camuffato da volante della polizia, compie una rapina in una banca. Dopo aver ucciso la banda jakuza, interessata ad avere l’altra parte del bottino di Nishi, l’ex poliziotto sceglierà la morte.

Duro lavoro del regista nipponico che pone diverse domande sulla concretezza dell’esistenza (la pittura come nuovo significato nella vita di Horibe) con una tristezza così profonda da sconvolgere lo spettatore ogni volta che la violenza irrompe sullo schermo. Rispetto per la morte, manifestato attraverso i lunghi silenzi tra Nishi e la moglie, malata di cancro, o anche attraverso gli avvolgenti rallenty privi di musica, che riprendono i tre poliziotti coinvolti nella sparatoria. Fiori (di fuoco) come se spuntassero, maligni, nello scorrere fluido della pellicola (per altro montata come se non si voglia tener contro della normale costruzione temporale del quanto accade). Ancora una volta, una città che sembra non esistere (nessuna panoramica o fotografia su Tokyo) per un regista che preferisce usare spazio e tempo con dilatazioni inconsuete per una società, come quella nipponica, frenetica e presente in ogni suo strato. Kitano contamina il contemporaneo con un particolare sguardo sul Giappone, l’altra metà del suo paese, quella industriale e consumistica, sembra non esistere nemmeno ai suoi occhi. Il riferimento della pellicola al titolo è molto forte (in realtà Hana Bi vuol dire Fuochi d’artificio) la bellezza di uno spettacolo come quello dei fuochi pirotecnici è l’ultimo momento di una fiammella accesa che scoppia come uno sparo di pistola (l’esplosione del proiettile nel fuoco non spaventa neppure sua moglie), come un fiotto di sangue che parte dalla testa, come una macchia di colore sul quadro più bello di Horibe. Legato alla tradizione del suo paese, la messa in scena di Kitano si rifà soprattutto ai modelli del teatro: Horibe e l’altro poliziotto (Ren Osugi che ha partecipato ad altri lavori del regista) raccontano la vita di Nishi come se fossero il coro di una storia recitata su un palco. Kitano si muove nel film come nel panorama del cinema mondiale: elemento unico sul quale gli attori, le storie, i personaggi si riversano ed egli, pronto ad accoglierli, si muove quasi decontestualizzato e quindi onnipresente. L’ultimo dolly sulla spiaggia, la scelta di un proprio paradiso e l’abbandono della vita, scelta non priva di violenza, i colpi di rivoltella che accompagnano la sfumatura sui titoli di coda. Settima regia per Takeshi Kitano e primo Leone d’oro a Venezia.  

 

 

Bucci Mario

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