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Gesù Cristo: un'immagine cinematografica
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1.3 Cela s'appelle l'aurore (1955)

La Crocefissione di Salvador Dalì
La Crocefissione di Salvador Dalì

Cela s'appelle l'aurore è tratto dall'omonimo romanzo di Emmanuel Roblès, scrittore algerino di origine spagnola. Il film è di coproduzione italiana e la protagonista femminile è infatti, Lucia Bosè. Venne girato in un'isola del Mediterraneo, probabilmente in Corsica, e segna un primo importante ritorno del regista in Europa e, dopo anni di onesto cinema di mercato in Messico, a una più impegnata attività autoriale.

Emblematica e riassuntiva di tutto l'intreccio narrativo è l'inquadratura finale del film: il protagonista Valerio-Marchal, medico e industriale, si rifiuta di stringere la mano a un commissario di polizia e se ne va con la sua amante, abbracciando gli amici operai, su un sottofondo musicale di fisarmonica.

La vena ironica e provocatoria del regista, che sembrava esseresi assopita, dopo tempi di ragioni produttive sovrane, si reinsinua fra le pieghe della narrazione; e, come al solito, si levarono alte le voci di protesta. Quella dello sceneggiatore Jean Ferry, che chiese che il suo nome non comparisse fra i titoli, quella della figlia di Paul Claudel, che sentiva offesa la memoria del padre, e quella di Eric Rohmer, che non risparmiò il film dal suo furore critico. Non questa volta, però, le voci della censura ecclesiastica, al quale il film sembra essere scampato.

1.3.1 La Crocefissione di Dalì

Nell'ufficio del raffinato ispettore Fasari, poliziotto ligio e raffinato, vengono inquadrati un libro di Paul Claudel, noto autore francese, cattolico e nazionalista, accanto a un paio di manette, e un famoso quadro di Dalì, la Crocefissione (vedi fig 1.3), un'opera dei primi anni Cinquanta:

e poichè non sfugga a nessuno esso appare, in scene diverse, in due diverse posizioni.

Il dipinto del 1954 ha la sua novità nella cossiddetta Croce ipercubica, ossia un solido formato da otto cubi (infatti il sottotitolo dell'opera è Corpus Hypercubicus). Dalì trasmetteva così l'idea di una quarta dimensione, quella aperta da Gesù che vince la morte con la resurrezione.

1.3.2 Il Cristo come palo del telegrafo

Un'altra immagine raffigurante il Cristo (vedi fig 1.3), dall'origine controversa e destinata a generare polemiche, è presente all'interno del film:

Altro scandalo suscitò una fotografia appesa in casa di Valerio, proprio accanto al contatore della luce, che mostra una statua lignea di Cristo usata come palo per sostenere una linea elettrica, con i ferri che sorreggono gli isolanti di porcellana piantati nel volto e negli occhi del Salvatore. Buñuel come al solito cercò di minimizzare spiegando che era una fotografia autentica, scattata in Africa nel corso della guerra.

Nella villa di Valerio c'è la fotografia surreale d'un Cristo con gli isolanti e i fili della luce sulla testa, e altrettanto interessante il suo commento (per un operaio) – Tu non sai capire la bellezza della guerra.

Alla domanda del critico Tomas Perez Turrent, che gli fa notare che

c'è un'altra immagine forte nel film: un Cristo usato come palo del telegrafo.

Buñuel risponde:

Molti avranno detto "un dettaglio buñueliano". E invece, scusatemi, ma a volte è buñueliana la realtà stessa. Quando gli americani invasero l'Africa, durante la seconda guerra mondiale, trovarono un monumento con l'immagine del Cristo e lì installarono i fili del telefono di cui avevano bisogno. E, siccome il medico era stato in Africa, ha in casa quella fotografia: il volto di Gesù pieno di isolanti e di fili di ferro. Non è una mia invenzione, come non lo era ne Il Bruto la Vergine di Guadalupe nei mattatoi del Rastro.

Ma anche in queste caso emergono delle posizioni contrastanti:

In realtà secondo Roblès era stata fatta apposta per il film e corrispondeva poco all'oggetto reale che egli aveva visto e descritto nel suo romanzo. In ogni caso Buñuel sapeva benissimo che, se voleva evitare le polemiche, bastava non metterla.

La foto della statua di Cristo usata come palo del telegrafo
La foto della statua di Cristo usata come palo del telegrafo

1.3.3 Una funzione connotativa

La presenza di Cristo in questo film riflettono semplicemente una precisa intenzione citazionistica. Sono inquadrate due immagini riprodotte del Cristo (un dipinto e una fotografia) e nessuna proveniente dalla forza creativa

dell'autore. Esse sottolineano e commentano la provenienza culturale e intellettuale dei personaggi e hanno l'effetto di produrre guidate associazioni di idee. Negative per il Cristo di Dalì, che nonostante l'innovativa visione prospettica della croce, è pittore che si è convertito al classicismo e la sua opera è sconfessata dagli ex-amici surrealisti, che lo considerano come un accademico retrogrado. Buñuel si prende una delle sue piccole rivincite sul vecchio amico baffuto, inquadrando uno dei suoi quadri, all'interno di un commissariato di polizia, vicino a un'opera di un altro autore che aveva appoggiato il franchismo.

Come dire che Dalì e Claudel, seppure eccellenti erano pittore e poeta da commissariato.

Il personaggio dell'ispettore viene così, in modo sottile, ma senza possibilità di equivoci, connotato negativamente.

Si costituisce una sorta di unione di elementi rappresentativi delle istituzioni. Un intreccio di riferimenti che mira a rafforzare l'idea di un'Autorità formata dall'unione di Chiesa, Borghesia e Forze dell'Ordine, ovvero, una sorta di Santa Trinità buñueliana.

Associazioni di idee positive, invece, per la foto della statua. Valerio-Marchal è personaggio che, indignatosi per un'ingiustizia, dimostra sentimenti di solidarietà umana. Il suo essere borghese non lo condanna ad agire come tale. La fotografia di Cristo usata come palo del telegrafo è immagine curiosa e dissacratrice per la nuova funzionalità che acquista la statua e ben figura nella casa di un personaggio che rompe gli schemi dell'agire comune.


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© 2003 Andrea Deaglio - Licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike