Come si è. Come si vorrebbe essere. Come si diventa.
Come si appare. |
Non per smorzare gli entusiasmi, ma l'analisi "contenutistica" di American Beauty, ancorché feconda di risvolti assolutamente interessanti (tipo quello perché è impotente, quell'altro perché è omosessuale) potrebbe pregiudicare l'analisi testuale. Padroni di affrontare certi argomenti ma al di là del testo.
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Effettivamente per me è molto triste l'idea che sia "razionalità esemplare" quel pensiero (?) capace di tale GROSSOLANA NEGAZIONE del reale da non distinguere più l'umano dal non umano. Per me tra un sacchetto di plastica e un essere umano c'è una differenza abissale e piuttosto evidente. Ma mi rendo conto che il tutto può destare inquietudini fastidiose. Il cinema, del resto, mi interessa proprio in quanto espressione dell'essere umano (che sia il solo regista/autore, che sia la mega macchina produttiva: io credo proprio che Kubrick sia esistito, comunque). Che poi l'essere umano sia in grado di raggiungere livelli di negazione tale attraverso la sua razionalità esemplare, inscindibilmente legata a un'idea religiosa fa parte del dramma dell'uomo e della solita, dura battaglia che i Giordano Bruno di tutti i secoli hanno sempre combattuto contro razionalisti e religiosi, eternamente a braccetto, spesso protetti da intellettuali generosi di analisi testuali pur di non dire mai delle cose umane.
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La bellezza della scena in cui Ricky e Jane guardano le immagini del sacchetto di plastica sta nel loro rapporto, nel loro guardare le immagini e "reagire": Jane stringe la mano di Ricky perché coglie il suo malessere, la sua ricerca di bellezza disperata perché soffocata dentro un sacchetto di plastica.
Valentina |
Io credo sia più positiva, questa associazione sacchetto-Spacey, o inorganico-organico, appunto. Ricordati cosa dice il ragazzo, di quel sacchetto: "e' libero, sta li', fa quello che vuole, condizionato da nulla e nessuno. E' bello." Period. Spacey e' libero manco per il cazzo, scusate l'espressione, e ad avvicinarsi alla condizione del sacchetto ha solo da guadagnare.
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Ricky, incantato dal nulla, in effetti, poi non sa vedere la morte nel volto di Lester assassinato, sorride di una sua beatitudine che ahimè la voce off di Lester conferma, astratta, irreale. L'orrore della morte, dell'assassinio, della violenza, dell'indifferenza, del nazismo, rischia di sfuggire, incantati dal tutto in divenire e che non cambia mai. Invece il mondo degli esseri umani cambia eccome. In bene o in male, a ciascuno le proprie responsabilità.
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A latere del tema del corpo sta anche nella fine dello stesso e lo sguardo da dopo morto l'ha rubato al se stesso diretto dal grande Clint – altro mago nel riciclaggio di tutti i miti cinematografici–, con ben altra maestria (ed in questo rientra il "sopravvalutato") in Il giardino del Bene e del Male.
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