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Torino Film Festival - 2004
Questo servizio va in onda senza interventi in video o in voce per protesta contro la deriva del Festival. L'estensore che ha fornito le notizie dalle sale è autorizzato dalla redazione.

1: Astigmatismi e altre affezioni dell'occhio

Fulvio Faggiani's TO-FILM-FEST-22°

TFF... chi era costui?

Ve lo ricordate come era semplice accedere alle sale con il biglietto unico/ pass 9.00-19.00?
Si comprava alla cassa e poi si entrava a vedere qualsiasi film ci interessasse in qualsiasi cinema della manifestazione. Chiaro e semplice.
Per l'edizione di questo anno resettate tutto!!!
Ora, se voi arrivaste sabato mattina alle 8,45 , di sicuro non immaginereste mai e poi mai di trovarvi davanti a una coda di 20 persone alle casse. Perché? Ma è così semplice:

per il giornaliero 9-19 vi viene rilasciata una tesserina tipo bancomat (!) che deve essere caricata (!!), che deve essere accompagnata da un biglietto scontrino (!!!) che non dovete assolutamente perdere. Dovete poi fare il biglietto per ogni singola visione (!!!!) e vi verrà consegnato il "mitico" cartoncino pass di una volta che da diritto a 5 film (!!!!!) nell'arco della giornata e che verranno segnati nelle apposite 5 caselle dietro (!!!!!!!!!!!!!!!).

E non pensiate che questa trafila tocchi solo chi a vuole comprarsi il giornaliero, perché spetta indifferentemente a tutti (salvo, forse, a chi acquista il biglietto per la singola proiezione).
Capito l'inghippo, tutti i presenti hanno deciso di farsi i biglietti per tutta la giornata e quindi ecco spiegata la codazza...
Tra le risate degli astanti e il comprensibile imbarazzo delle cassiere, possiamo finalmente accedere alle nostre visioni.



Abolita da questo anno la rassegna di cortometraggi in concorso, decido di optare per la cosa che gli somiglia di più: detours/programma cortometraggi.

Si inizia con La peur, petit chasseur, corto francese di Laurent Archand. Un'angoscia e una pesantezza plumbea avvolgono i 9 minuti della durata del cortometraggio in cui un bambino aspetta in un angolo del giardino che la mamma esca a stendere. Buono il contrappunto sonoro tra il litigio dei genitori all'interno della casa e il treno in arrivo, in entrambi i casi fuori campo per lasciare la macchina fissa sul bambino e il pastore tedesco più triste che la storia del cinema abbia mai messo in scena.
Segue You should be the next astronaut: 1 minuto assolutamente indolore e inefficace.

Atomic parkè una di quelle belle sperimentazioni da video installazione che, come dicevamo già nella scorsa edizione, andrebbero bene in una galleria o a una mostra d'arte contemporanea, ma non in un festival del cinema. C'è sempre quest'aurea/ansia da prestazione di dover fare qualcosa di importante, "alto", con i riferimenti culturali azzeccati, la fotografia fichissima e così ci sorbiamo l'ennesima variante b/n sgranato, nitido, colore su pellicola, campi lunghissimi e la voce di Marilyn Monroe a White Sands.

Ed ecco finalmente una delle due cose veramente belle della mattinata: il documentario Energy county della statunitense Deborah Stratman. Scorrono le immagini di centrali elettriche, nucleari, i marchi di corporation, su un montaggio audio captato e blobbato dalle radio della provincia americana in cui simpatiche signore affermano che "quando c'è di mezzo la sicurezza del paese noi non dobbiamo chiedere il permesso a nessuno" o dei predicatori che sostengono inammissibile fidarsi dell'Europa "che ci vede come un branco di fascisti reazionari con la bibbia nel comodino" (??). Bello e aspro per una neo Moore in gonnella.

Il programma segnava anche il primo "hard" iraniano, ma io non l'ho visto e non nel senso che me ne sono andato o mi sono addormentato... è che proprio non c'era!

Tropical night è l'altra sorpresa. Corto coreano di Ha Seong-Sil è una specie di omaggio (inconsapevole) all'amore raccontato da Wong Kar-wai: un portiere d'albergo con una storia in disfacimento con una ragazza in procinto di sposarsi e una donna che alloggia nella pensione perché vicina all'ospedale in cui è ricoverato il marito. Un ventilatore guasto, un caldo tropicale e i primi piani sugli sguardi.

Il secondo corto coreano delude un po'. La Time machine del titolo è quella che dovrebbe far rincontrare i due protagonisti alla fine della loro relazione. Melò ma senza pathos.

The story of mother è un buon documentario in cui la giovane Choi Hyo-Ju mescola animazione e pellicola per seguire la madre nel suo lavoro di assistente di bambini autistici o disabili e del tempo che viene sottratto alla famiglia.

La conclusione è per il corto più lungo: La petit chambre della francese Elodie Monlibert che in quasi mezz'ora riesce a non dirci assolutamente niente. Un appartamento vuoto che non è vuoto, una ragazza che si insedia in una stanza con le "sue" piccole cose e, una volta scoperta, viene cacciata. Piccola mia, lui non ti ama più, vive con un'altra... te ne devi anna'!!!!

Il programma pomeridiano prevedeva Digital shorts by 3 filmakers. Sostituzione (AAARGH!!).
Per fortuna ci capita in sorte Astigmatism del filippino Jon Red. Una bella sorpresa:

1- perché... chi cazzo conosce la cinematografia filippina?
2- perché... interamente in soggettiva.
3- perché... visto il titolo, è fuori fuoco (o è una verifica incerta?).
4- perché... è ultrapop (il protagonista è un killer con t-shirt gialla del Che).
5- perché... è un fiume di sangue.
6- perché... è perlatissimo e il filippino è un ibrido di ispanico, inglese e... filippino.
7- perché... è una via di mezzo tra Scorsese e Tarantino.

Pensavo di arrivare a 10 motivi, ma sette mi sembrano già ottimi. Bravo Jon Red!

Fulvio Faggiani