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Festival del cinema africano - Milano, 2004
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Dal Sud Africa a Cuba il messaggio è "RISPETTO"!
Lo spettatore al centro delle pellicole in concorso.

Siete dias, siete noches di Joel CanoUn'altra giornata ricca di stimoli. E la novità di inserire in concorso solo giovani autori connota il Festival del Cinema Africano come una vera finestra sul mondo.

La nota comune è il continuo messaggio di pace e rispetto, che ovviamente l'artista recepisce, interiorizza e diffonde attraverso il suo mezzo di comunicazione: la pellicola, appunto.

La giornata appena trascorsa conferma che la qualità di idee e prodotti del sud del mondo viva una tendenza positiva. Ma anche che la contaminazione occidentale prenda sempre più piede.

Tra i film in concorso che si sono distinti, proprio per non essere stati snaturati, sono da segnalare Black Sushi di Dean Blumberg (Sudafrica) e Siete dias, siete noches di Joel Cano (Cuba). Queste due opere, prime, non solo ci ripropongono la tradizionale letteratura cinematografica altra, ma si distinguono per il rispetto dello spettatore, che noi occidentali pressati dal botteghino abbiamo dimenticato.

Lo stravolgimento dei canoni di comunicazione che conducono il fruitore dove vuole il regista, se da una parte consentono una facile lettura, dall'altra si precludono originalità e fascinazione.

Black Sushi parla del difficile inserimento dei black nella società. Ma, inaspettatamente, non quella del sudafrica, che con l'apartheid ha ghettizzato i coloured fino a dieci anni fa (vedi retrospettiva), bensì quella della comunità giapponese in Sudafrica. Un giovane galeotto, affascinato dalla cultura del sol levante, cerca di divenire apprendista di un un capo cuoco. Viene relegato a lavapiatti, rifiutato al banco dagli avventori, finché, attraverso i pazienti e rituali preparativi del sushi e supportato da un colpo di scena "normalizzato" può mostrare le sue potenzialità. E venire riconosciuto a tutti gli effetti come il primo rappresentante Black dell'arte culinaria Sushi. Il cortometraggio del giovane Blumberg, un passato da assistente alla produzione, ci avvolge nella ritualità dei piccoli gesti, nella pazienza dell'osservazione, nel rispetto dei ruoli, spingendoci verso un'iniziale rabbia, premiata dall'happy end: solo con l'accettazione dell'altro possiamo pensare ad uno sviluppo dell'umanità. E magari ad un puro concetto di scambio. Un vero manifesto per abbattere i pregiudizi, guardare all'essenza delle cose e riconoscere le capacità altrui: "la tua arte non è nelle tue mani, ma nel tuo cuore." – conclude il capo cuoco.

Black Sushi di Dean Blumberg

Joël Cano, cubano, classe '66, con il suo primo film della trilogia, Siete dias, siete noches ci sevizia con il concetto di solitudine. Come punizione, come condizione, come espiazione. Ricorda Almodovar di Donne sull'orlo di una crisi di nervi, Tarantino nel falso gioco di flash back e forward, Loach per le atmosfere emarginate. Ma è un'opera completa e, soprattutto, rispettosa dello spettatore. Attraverso la storia di tre donne, una giornalista, una cantanteed una ballerina, Cano ci porta a Cuba in occasione dell'anniversario della rivoluzione, che fa da sfondo alle "storie malate" delle tre donne: un tentativo di suicidio, la perdita e il rifiuto di un figlio. Sette giorni e sette notti nelle strade de L'Avana in 106 minuti di perdita di riferimenti: dapprima pensiamo di essere in un flash back, poi scopriamo che il canone temporale è quello logico di successione dei giorni. Prima immaginiamo un'amicizia complice tra le tre donne, poi viviamo sulla pelle la loro solitudine individualista. Prima ci caliamo nell'inseguimento di sogni artistici, infine prendiamo atto dei meccanismi perversi che li regolano: una giornalista che tenta il suicidio piuttosto che annunciare notizie false, una cantante che esprime la sua ars in un ospedale, piuttosto che su un palco, una ballerina che per non cedere alle promettenti lusinghe dei produttori, finisce per vendere il corpo per cause più umane. E, soprattutto, il doloroso rapporto universale tra madre e figlia, che preannuncia gli agghiaccianti conflitti di ruolo con i combattimenti di animali (prima i cani, poi i galli). Un film completo, un film profondo, che delinea magistralmente i personaggi, ce li fa conoscere, ci fa entrare nelle loro psiche, ci fa accettare condizioni e tristi epiloghi. Cano comincia bene. Probabilmente lo troveremo nella lista dei premiati domenica.

Siete dias, siete noches di Joel Cano

Quest'oggi imperdibili i film del concorso: Algeria, Cina, Ciad, Kazakistan, Camerun, Sri Lanka, Sudafrica, Marocco e Algeria.

Il programma seguirà fino alla proclamazione del vincitore fitto, intenso, ma, soprattutto, profondo. Per lo sguardo altro che scopriamo. Forse un po' contaminato, sicuramente innovativamente rispettoso dello spettatore.