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FUTURE FILM FESTIVAL 2001
Bologna, 19-23 gennaio 2001
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20 gennaio

La seconda giornata dell'edizione 2001 del Future Film Festival inizia con la proiezione di "My neighbors the Yamadas", di Isao Takahata, prodotto dallo studio Ghibli, lo stesso che da anni produce i lavori del grande maestro Hayao Miyazaki.

Il film di Takahata, sebbene prodotto immediatamente dopo "Princess Mononoke", risulta essere comletamente diverso sia come temi che come stile di animazione. Lontanissimo infatti dall'epica simbolica del film di Miyazaki, "My neighbors the Yamadas" è una satira oltremodo divertente, anche per noi occidentali, della classica famiglia media giapponese (forse perché assistendo a questo film risulta impossibile non pensare immediatamente ai Simpson - pefetto coltraltare americano della famiglia Yamada). Lo stile di animazione poi non ha nulla a che vedere con quello raffinato e dettagliato di "Princess Mononoke": i personaggi sono grossolanamente sbozzati (per una precisa scelta di stile, e si vede, non certo per imperizia: e qui il paragone immediato è con i disegni di"South Park"), si confondono con lo sfondo, e i colori prediletti sono per lo più sulle tonalità pastello. Il film si compone di una serie di episodi che altro non sono che piccoli bozzetti di vita quotidiana. Anche questo film è stato preceduto da un cortometraggio di Cavandoli con la sua "Linea".

Nel pomeriggio incontriamo Luca Prasso della Pacific Data Images (PDI).
Prasso ci mostra innanzi tutto degli shorts, piccoli progetti personali degli animatori della PDI. Alcuni sono davvero deliziosi: da segnalare in particolare un trenino che si ritrova disperato di fronte ad un binario interrotto che rischia di farlo precipitare in un burrone, un gruppo di strani animali del deserto che si nutrono di bolle d'aria (vedi foto), un corto-satira sul millennium bug, una gara tra città americane completamente antropomorfizzate. Questi corti, ci spiega Prasso, non alcun ritorno economico, servono agli animatori per tenere in allenamento la loro creatività, specialmente quando da mesi lavorano sempre sullo stesso progetto.

Dopo i corti Prasso ci mostra una serie di spezzoni di film dove la PDI ha lavorato in strettissima collaborazione con la Dreamworks ("Zeta la formica", "Batman", "Mission Impossible 2"), poi una serie di spot pubblicitari commissionatigli da ditte non solo americani (notevole quello per la pepsi cola giapponese). Poi Prasso passa a parlarci del progetto appena concluso della PDI-Dreamwoks, "Shrek", un lungometraggio di animazione in uscita negli USA il prossimo maggio. Del film ci vengono mostrate, oltre ad alcune scene, le immagini da computer con delle quali gli animatori si servono per muovere i loro personaggi. Vengono costruiti infatti bozzetti sintetici provvisti di tutti i muscoli necessari (Prasso ci fa notare come anche per i personaggi non umani il modello su cui si lavora è umano). Impressionante il lavoro che si svolge per animare i volti, visto che in gioco ci sono centinaia di movimenti. Infine Prasso ci mostra tre fotogrammi del futuro progetto PDI-Dreamworks, "Tasker", una storia che vede come protagonisti degli elefanti che stanno emigrando. Il design di questo progetto è ispirato al tratto sofisticato di alcuni antichi dipinti giapponesi.

A seguire un incontro con Stefen Fangmeir della Industrial Light&Magic (ILM), che ci mostra un montaggio di due anni di lavori e poi i making of de "La tempesta perfetta" e "Galaxy Quest".

Nella progettazione degli effetti speciali de "La tempesta perfetta" Fangmeier ci mostra come prima di tutto sia stato studiato a fondo l'ambiente naturale, per vedere come si compongono le onde, l'effetto che fanno sulle imbarcazioni etc. La prima cosa che è stata notata è che quando si guarda il mare da un punto fermo al di fuori di esso sembra tutto meno drammatico, e bastano quindi onde all'apparenza insignificanti per creare seri problemi alle imbarcazioni. Quindi nel film si doveva riuscire a rendere una prospettiva "dal di dentro", comunque rimanendo su un qualcosa il più possibile realistico. Le onde sono state progettate e realizzate per prime, poi si sono inserite le imbarcazioni e gli effetti d'acqua prodotti dal contatto di queste con quelle. Per questo film più che di storyboard ci si è serviti di Animatics, più adatti perché consentono di previsualizzare l'intero film.

L'oceano è stato spesso realizzato al computer e renderizzato, composto per es con l'elicottero (anch'esso frutto del lavoro di Computer Graphic), e montato insieme agli attori (estremamente affascinante il lavoro sugli spruzzi di acqua che accompagnano l'immersione dei soccorritori). Molti elementi sono stati aggiunti in un secondo momento, e anche i personaggi sono stati spesso sostituiti da controfigure digitali.
Infine Fangmeier ci mostra lo sviluppo nel tempo (gli ci sono voluti circa tre mesi per raggiungere un buon risultato) della scena madre del film, quella presente sulla locandina: l'onda enorme che la barca cerca di superare. Una scena difficile cui hanno lavorato costantemente in dieci e che è stata anche ritoccata dopo aver montato il trailer (quindi quella che vediamo nel film è un po' diversa da quella che vediamo nel trailer).

"Galaxy Quest" invece, ci dice Fangmeier, è stato più semplice da realizzare. In particolare ci viene mostrato come è stato realizzato il mostro di pietra, e come sono stati curati gli effetti che accompagnano il suo movimento (schizzi di sabbia e sassi), e come sono stati realizzati i bimbi demoniaci che incontrano i nostri sul pianeta sconosciuto. Per i bimbi demoniaci sono stati realizzati prima dei disegni, poi i disegni sono stati modelli ed animati al computer. Non è stata una impresa semplicissima perché questi personaggi dovevano apparire molto graziosi ma dopo pochi attimi rivelarsi feroci e cattivi. Quindi i movimenti dei loro visi sono tantissimi, e Fangmeier ci ha mostrato come spesso siano intervenuti anche giochi di luci e colori per accentuare l'effetto.

 Federica Arnolfo