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High Fidelity
Anno: 2000
Regista: Stephen Frears;
Autore Recensione: Andrea Caramanna
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 05-07-2000


High Fidelity

Visto al Taormina Film Festival 2000Visto al
Taormina Film
Festival 2000

High Fidelity
Regia: Stephen Frears
Sceneggiatura: D. V. De Vincentis, Steve Pink, John Cusack, Scott Rosenberg, tratta dal romanzo omonimo di Nick Hornby
Fotografia: Seamus Mcgarvey
Produzione: Tim Bevan, Rudd Simmons
Interpreti: John Cusack, Iben Hjele, Todd Louiso, Jack Black, Lisa Bonet, Catherine Zeta-Jones, Lili Taylor
Origine: USA, 2000, 113 min.

La caratteristica ricorrente del cinema "eclettico" - per temi e personaggi nonché ambientazioni storiche - di Stephen Frears è il gusto per la commedia umana. Il percorso che lo sguardo intravede per registrare le sfumature essenziali dei personaggi e l'ambiente in cui vivono. Perciò è straordinario che anche questa volta le immagini siano perfettamente strutturate per raggiungere l'intensità necessaria, per respirare le stesse emozioni dei protagonisti. In questo caso il negozio di musica Championship Vinyl non è il banale sfondo utile ad abbozzare comiche caratterizzazioni, ma il luogo in cui si esprimono le fondamentali percezioni di alcuni esseri umani. È un mondo in cui i desideri, le prospettive esistenziali sono legate in modo indissolubile con la musica degli artisti preferiti. In questo senso Rob subordina la propria vita a una costante presenza musicale, che è scelta estetica, pur nella soggettività individuale del gusto. Rob, Dick e Barry sono dei veri snob. E la loro vita è ossessionata, anche inconsapevolmente, da questo doppio che è la musica, la buona musica; solo una parte di essa sembra consentire l'accesso a una dimensione superiore, una consapevolezza, una sensibilità che i fan dell'ultimo Steve Wonder (quello di "I just call to say I love you"), o della pop music commerciale non conquisteranno mai se replicheranno i decisivi errori nelle scelte musicali. Barry accompagna i clienti indicando i dischi imperdibili, per alcuni dei quali sarebbe meglio, per la vergogna, non rivelare il mancato possesso, e Rob compila in continuazione la top five, perfino delle sue donne. Tutto ciò fa sorridere per la penetrante verità che trasmette. Questi personaggi sono comici perché assolutamente veri.
Il tema principale del film, il punto di vista maschile sugli elementi insondabili che innescano la crisi di un rapporto tra uomo e donna, è intrecciato con la musica già a partire dal titolo: "Alta fedeltà" che definisce la purezza di riproduzione sonora, ma allude anche alla fedeltà tra partner. La fedeltà è anche la pervicace ostinazione a sposare un solo punto di vista. Rob, Barry e Dick, infatti, vedono il mondo esterno dal loro punto di vista (di gusti musicali). E non riescono a superare quest'orizzonte percettivo che inevitabilmente li limita.
La seconda parte del film consiste nello sforzo di cedere alle proprie opinioni, per avvicinarsi al tanto temuto universo degli altri. Ed è qui che lo sguardo di Frears interviene per capovolgere, con inquadrature e scene perfette, il mondo di Rob (raccontato in soggettiva e nella forma di diario-rivelazione allo spettatore), che si sgretola delle sue apparenti salde certezze, per scoprire che il mondo lì fuori è molto meglio di quanto era stato immaginato.


Conferenza stampa con Stephen Frears

Il personaggio di Rob è sulla falsariga di Don Giovanni...
Frears: (ride) Don Giovanni forse valeva di più con le donne, credo che l'esperienza di Rob, la lotta continua con l'altro sesso, sia un fatto molto comune.

Come è nato il progetto?
Frears: Il soggetto è stato acquistato da Newell, produttore esecutivo, poi il romanzo è finito nelle mani di John (Cusack). Poi lui stesso è venuto da me. Quando mi hanno presentato il progetto la decisione di ambientare il film a Chicago era già stata presa. Credo sia stata un'ottima idea non girare il film a Londra.

Le passioni ossessive per la musica, le manie dei collezionisti la riguardano, anche nel caso dei film?
Frears: Posso dire che la mia generazione era più interessata al cinema, ora i giovani s'interessano soprattutto di musica

Come è stata elaborata la sceneggiatura?
Frears: Io ho lavorato soprattutto con gli attori mentre il soggetto è stato elaborato da Rosenberg e Newell. Mi interessava capire dove entrare come regista nel testo per rendere più creativi i monologhi.

Qual è la cosa più facile e la più difficile per un regista che si confronta con l'opera letteraria?
Frears: Non saprei che rispondere a questa domanda. Dico solo che preferisco realizzare film che siano lontani dalla mia vita quotidiana, siano cioè un'occasione per conoscere situazioni sconosciute. Mi piace lavorare sul linguaggio cinematografico. Amo Billy Wilder. No, non posso parlare dei rapporti tra romanzo e cinema.

Come ha convinto Springsteen a partecipare al film?
Frears: È stato contattato telefonicamente, gli è stato chiesto di partecipare, non ho neanche idea dell'argomento della conversazione. È stato molto gentile e disponibile.

Come ha lavorato sul punto di vista del protagonista?
Frears: Mi sono fidato molto dei dialoghi di Nick Hornby, mi sentivo molto a mio agio. Certamente la lingua è il momento centrale, la musica quasi un di più. Bisognava costruire le scene intorno al punto di vista, ed era questa la parte più interessante.

Qual è la commedia che vorrebbe fare o non è riuscito a fare
Frears: Di solito accetto al volo i progetti che mi presentano. Sono consapevole che ciò che mi offrono è sempre materiale straordinario, sono circondato da sceneggiatori che apprezzo moltissimo.

Cosa pensa del recente cinema britannico che si divide tra un'anima commerciale e una molto indipendente?
Frears: Il mio lavoro cerca di abbracciarle entrambe. Credo si tratti di essere più o meno furbi. Con Alta Fedeltà sono stato abbastanza furbo, cogliendo al volo l'occasione di girare il film a Chicago. Già solo questo fatto comporta che il film non sia classificato negli Stati Uniti come straniero.

Crede che si possano conciliare la qualità con i film di cassetta?
Frears: Non c'è niente di male. È normale che molta gente veda la possibilità di guadagnare un sacco di soldi coi film. È solo una questione di valori, io per esempio sono cresciuto in questi valori che mi rendono sensibile prima di tutto verso la qualità del film e poi eventualmente i guadagni.