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Gemide
Anno: 1999
Regista: Serdar Akar;
Autore Recensione: Andrea Lojoli
Provenienza: Turchia;
Data inserimento nel database: 05-06-1999


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Gemide
Di Serdar Akar

"Una nave è come un paese e in ogni paese c'¸ un ministro che lo governa.
Io come capitano di questa nave sono come il ministro che governa il paese e quindi mi devo occupare del mio equipaggio."

Cos“ inizia "Gemide" di Sedar Akar, regista turco nato nel 1964 che prima di realizzare questo film ha girato circa una mezza dozzina di cortometraggi e soprattutto documentari. La storia inizia con queste parole dette dal capitano di una nave, che si occupa di dragare il fondo marino, allo scopo di raccogliere sabbia per le cave. Le prime inquadrature ci rivelano il mondo dei marinai, ovvero il loro paese: la nave, le cabine i locali piccoli e angusti dove si svolge la maggior parte della loro esistenza e come per ammazzare il tempo, si faccia uso smodato di stupefacenti, finché uno di loro non decide di sbarcare, per poi tornare completamente al verde, per aver sfortunatamente incontrato sulla sua strada dei ladri, che lo hanno derubato. Si decide allora di scendere a terra, per ritrovare i ladri e recuperare i soldi; ma la rabbia, annebbiata dai vapori dell'hashish, si trasforma in violenza e la lite, degenera nel sangue. Tra le vittime anche una giovane donna, rapita dal più balordo dei quattro, come bottino di guerra.
Girato con ottima perizia tecnica il film prende spunto dagli ultimi film dei fratelli Coen o di Quentin Tarantino ma senza copiarne le tematiche né le ambientazioni (anche perchˇ stiamo in Turchia!). Come è anche bella la piega che prende la storia da dopo che hanno portato la ragazza a bordo (On-board). Come diventi un elemento scottante e inquietante per la loro sicurezza di paese "interna"; anche se devo dire che per i miei gusti è fin troppo dominante l'elemento maschile nel film, tanto che la donna è sempre considerata come un oggetto di seduzione e basta; per non parlare della totale mancanza di altri elementi femminili,ch e se ci sono appartengono ad un genere ben definito di professione. Insomma la presenza della donna a bordo riesce a minare l'integrità di quel microcosmo di marinai come un governo in preda all'anarchia. In alcune scene si riconosce il suo passato da documentarista (quando la nave è al lavoro) arricchite però da ottimi passaggi, da un'inquadratura all'altra, sottolineati da effetti visivi notevoli. Come sottolinea bene il disagio che prova Ali, quando scende a terra per sapere notizie riguardo l'accaduto, di come si senta indifeso, lontano dalla sua nave, come se fosse in un paese straniero, anche a casa propria. Ci sono alcuni tempi morti, ma per il resto è molto forte.