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Vendetta sotterranea - Underworld Anno: 1996 Regista: Roger Christian; Autore Recensione: Luca Aimeri Provenienza: USA; Data inserimento nel database: 05-11-1997
Underworld - Vendetta Sotterranea (Underworld), di Roger
Christian. Sceneggiatura, Larry Bishop. Con Denis Leary
(Johnny Crown/Johnny Alt), Joe Mantegna (Frank
Gavilan/Richard Essex), Annabella Sciorra (Dr. Leah), Larry
Bishop (Ned Lynch), Abe Vigoda (Will Cassady), Robert
Costanzo (Stan), Traci Lords (Anna), Jimmie F. Skaggs
(Smilin' Phil Fox/Todd Streeb). Usa, 1996.
L'Underworld, il mondo sotterraneo, è per
definizione buio, senza luce se non artificiale. Il mondo
della superficie può assomigliare a quello
sotterraneo solo in una porzione delle ventiquattr'ore:
quella notturna. Il Mondo Sotterraneo è quello della
criminalità - lato oscuro della società. E nel
Mondo Sotterraneo emerge il lato oscuro delle persone. E
quest'ultimo affonda le sue radici in abissi della psiche a
loro volta nascosti, cupi, rimossi - un altro tipo di
underworld, un paesaggio più vasto, un mondo
sotterraneo comune. Il cortocircuito scatta con
l'autoanalisi: quando un criminale psicotico trascorre
svariati anni in carcere studiando Freud Jeung & Co., ed
inizia ad analizzarsi, e a leggere la realtà in
questi termini, può trovare una giustificazione e
radici a tutto, in particolare alla propria efferatezza. Se
ha un buon motivo - per esempio una vendetta da compiere...
beh, ci scappa il morto / ci scappano i morti, il tutto
immerso in un bacino di delirante verbosità
pseudopsicoterapeutica. E' in quel momento che nella notte,
in città - in superficie - in strade lucide e nere al
contempo - oscurità al neon e vapori azzurri - inizia
a girare una berlina rosso sangue: la porta si apre
lentamente, un mitra appare e fa fuoco. Ma le berline, poi,
si scopre che sono due: senza nessuna motivazione logica, se
non quella che nella prima ci sono un paio di cadaveri il
cui cervello ha tappezzato gli interni. Insomma, meglio
rimuovere: portare alla superficie. [Una pistola scioglie la
lingua, provoca chirurgiche eruzioni di verità,
trasloca contenuti (cerebrali) dall'interno (della calotta
cranica) ad un esterno cristallino, trasparente (come, ad
esempio, il parabrezza di un'auto) ponendo l'oggetto come su
un macro-vetrino da microscopio.] E poi, certo, c'è
il tema del doppio: quindi due macchine uguali, uomini con
doppie personalità, doppi nomi ecc.ecc.ecc. Ma il
doppio è solo il trampolino di lancio verso un gioco
di moltiplicazione volutamente insopportabile,
inafferrabile. Un gangster, due gangster, tre quattro cinque
- senza contare (senza riuscire a contare) quelli che
vengono nominati - nomi cognomi soprannomi: un vortice in
cui, a poco a poco, prende forma un'entità astratta
dominante, ed oscura anch'essa (come la notte, il sangue
raggrumato, la psiche, l'istinto, il dolore, la mancanza di
un affetto, il tradimento di un amico, sette anni di
carcere, la polvere da sparo, una carneficina, cinque o sei
killer dal grilletto facile chiusi in un locale seminterrato
ecc. ecc.)... un'entità astratta, dunque, dominante,
coordinante, ed oscura (come... come...), una sorta di
Keyser Soze: Essex, Richard Essex. Qualcuno che controlla,
ordina, stabilisce: ma che nessuno ha mai visto in volto.
Qualcuno/qualcosa di sotterraneo. Non ci avete capito
niente, immagino. La stessa cosa vi succederà
guardando "Underworld": un criminale esce di prigione la
notte della Festa del Papà; deve vendicare la morte
del padre, ucciso esattamente due anni prima; va per
eliminazione, uccidendo tutte le pedine, per poi fare una
cernita tra i boss per individuare il mandante; solo di
fronte al proprio fraterno amico tentenna, esita, e lo
lascia per ultimo; vuole avere la certezza che sia lui il
colpevole... "Underworld" è un gangster-movie che
gioca con gli stereotipi del genere di appartenenza: l'Edipo
che sottostà ad ogni scalata al potere - in
particolare in una scalata gerarchica nell'ambito della
criminalità organizzata, per cui necessariamente deve
essere eliminato il vecchio padrino - viene sviscerato in un
melange di commedia thriller-psychologica che vacilla
costantemente ai margini della parodia, riuscendo a
mantenere sempre, e comunque, l'equilibrio. Ben presto vi
accorgerete che conta maggiormente questo percorso
attraverso un genere in nome del sentimento (anche i
gangster hanno un cuore, umido di lacrime rimosse),
piuttosto che il volontariamente confuso intreccio. Lo
sceneggiatore (ed attore), Larry Bishop, gioca con soliti
sospetti e stragi di san valentino, piccoli cesare e killer
pronti a morire che sembrano appena arrivati dal selvaggio
west [avventurieri del nuovo west(ern) metropolitano], con
disinvoltura, e non con ingenuità: attenzione a non
cadere nel fraintendimento. La trama si rivela un magma
emoglobinico che tutto brucia secondo metodologia quasi
surreale, per lasciare indenni solo i personaggi: non i
protagonisti, ma i Personaggi - principali, secondari...
senza distinzione: ad ognuno è concesso uno spazio in
cui esprimersi, svelarsi, rigorosamente attraverso la
parola. C'è azione in "Underworld", ma non è
l'azione il motore della storia, bensì la Parola: una
parola intesa come azione, mentre le sequenze action sono
dei diversivi, delle pause. "Underworld" è uno di
quei film che o odi, o ami. Non è assolutamente
facile: non necessita il meccanico abbandono fiducioso dello
spettatore, ma necessita la decisione dello spettatore di
abbandonarsi - che è diverso. L'inizio è
paradigmatico: già sui titoli di testa le situazioni
parallele che si alternano si moltiplicano provocando una
overdose di informazione - e non è che l'inizio. Una
trama che sembra "volere e non potere": e, invece, scopri a
poco a poco che "può non volere" a livello di
intreccio perché il vero nocciolo (come tutti i veri
noccioli) sta altrove. Un gangster movie è fatto di
personaggi tragici: "Underworld" è un tesissimo
gangster movie perfettamente classico pur nella sua assoluta
mancanza di rispetto dei... padri (del genere). Edipico. Ed
imperdibile.
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