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James Ellroy: Demon Dog of American Crime Fiction
Anno: 1993
Regista: Reinhard Jud;
Autore Recensione: luca aimeri
Provenienza: Austria;
Data inserimento nel database: 15-04-1999


Un film-percorso sul cantore della Los Angeles più dark

James Ellroy: Demon Dog of American Crime Fiction; regia: Reinhard Jud; sceneggiatura: R. Jud, W. Lehner; Austria, 1993; dur.: 91’.

Un film-percorso col cantore della Los Angeles più dark.

"Los Angeles è la città degli incubi. Dei miei, principalmente. E degli altri, amplificati attraverso i miei occhi. Negli anni ‘40-’50 erano incubi in incognito, incubi che venivano ignorati, tenuti clandestini, chiamati in altro modo. A un certo punto della mia carriera il mio compito è stato quello di rendere espliciti quegli incubi di cui non si era mai parlato." Così inizia "James Ellroy: Demon Dog of American Crime Fiction", film documentario austriaco (di recente su Tele+) dedicato alla più acclamata e riconosciuta firma della letteratura poliziesca americana contemporanea. Primo piano dello scrittore con sguardo fisso in macchina, il volto tagliato in due, verticalmente, diviso tra luce e ombra. Il nero alle sue spalle e intorno: la metà oscura che ha generato Ellroy, e viceversa. Il film è costruito su un dark-tour a bordo di una Cadillac convertibile azzurro cenere attraverso Los Angeles: autista-guida d’eccezione, Ellroy stesso. La sua voce ci illustra la mappa losangelena del crimine anni ‘40-’50, l’oggetto dei suoi romanzi, ripercorrendone i luoghi nella versione contemporanea, talora confrontandoli con immagini di repertorio. "La violenza degli anni 40-’50 riflette quella dei ’90." Ellroy ha introdotto la violenza contemporanea nelle griglie più contenute del noir classico, scardinandole: intrecci minuziosi come ragnatele articolatissime, matematiche ed ellittiche, tese su crateri ribollenti di violenza, istinto, pulsioni sessuali, morte; è crime fiction cruda, realistica, senza eroi, ed ancorata alla storia. I romanzi nascono dalla cronaca nera dell’epoca, da studi approfonditi della realtà sociale, da ricerche d’archivio, e dall’esperienza personale. Ellroy incontra i suoi "demoni" a dieci anni: la madre viene trovata strangolata in un cespuglio di una strada secondaria dei sobborghi dopo una notte a caccia di alcol e avventure. Caso irrisolto. Un’altra donna assassinata, un altro caso irrisolto, segneranno la carriera di Ellroy: la cosiddetta Dalia Nera, la giovane Elizabeth Short, il cui corpo era stato ritrovato segato in due sul ciglio di una strada nel ‘48. Un caso con cui lo scrittore entra in contatto attraverso un libro sulla storia del Dipartimento di Polizia di L.A. ancora bambino. "I vecchi crimini di L.A. mi bruciano dentro": Dalia Nera diventa un’ossessione, il romanzo che ne trarrà anni dopo lo consacrerà definitivamente. Sulla morte della madre ritornerà solo di recente ("I miei luoghi oscuri"). Alcol, eroina, e una strada aperta verso la criminalità: dice di essere stato salvato dalla scrittura. Ora Ellroy vive vicino a N.Y.: una villetta con giardino in una zona residenziale e tranquilla. L’antitesi del maledettismo che trasuda la biografia, e che suggerirebbe l’inferno che i romanzi ritraggono. L’inchiostro dà sfogo e pacificazione al "demon dog" della letteratura americana. E nella vita lo scrittore è terribilmente quotidiano, distante dal clichè retrò costruito con foto ad hoc. Camicia hawaiiana, jeans, andatura dinoccolata, baffi tra Chandler e Groucho Marx: una mina vagante insospettabile. Quasi deludente. Eppure sono proprio la lucidità e la mole di informazioni con cui ci presenta gli squarci di L.A. apparentemente insignificanti, eppure grondanti sangue, ad inquietare come una perversione. Il regista tenta di proporre un corrispettivo visivo a quello che è lo stile narrativo di Ellroy (che nel film si rivela essere aderente alla parlata: totalmente immerso in un’altra epoca): jazzato come la musica che a tratti si fa strada senza mai riuscire a sovrapporsi al rumore della città e della notte (con interessanti esiti docu-clip); ricercato costruito e improvvisato al contempo, ruvido e cupo; fatto di immagini vere, a volte rubate, brandelli di pellicola impressionata messi in sequenza - frammenti di L.A. sobborghi negozi di alcolici foschia-smog cielo grigio bassifondi prostitute poliziotti skylines distanti lampeggianti perquisizioni arresti, uno sguardo campionatore tra pause accelerazioni impennate e documentazione, sulla scia della parola di Ellroy. Quella che Jud riesce a cogliere è una notte vera, assolutamente nera: silenziosa e rumorosa, solitaria e popolata, gelida e torrida; una notte che vela anche la luce abbacinante del giorno. Da lì forse il cielo perennemente grigio di Los Angeles. HelL.A. HEllroy.