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Tableau Ferraille
Anno: 1996
Regista: Moussa Sene Absa;
Autore Recensione: Adriano Boano
Provenienza: Senegal;
Data inserimento nel database: 06-04-1998


Tableau Ferraille

Tableau Ferraille

Regia: Moussa Sene Absa
Fotografia: Bernard Chatry, Makhète Diallo, Jean Diouf, Murielle Coulin
Montaggio: Pascale Chavance, Caroline Coudin, Virgnie Descure
Suono: Maguette Salla
Musica: Maadu Diabaté
Interpreti: Ismaël Lô (Daam), Ndèye Fatou Ndaw (Gagnesiri),
Thierno Ndiaye (Président), Ndèye Binela Diop (Kiné),
Amadou Diop (Gora), Akéla Sagna (Ndiaye Civilisé) ;

Formato: 35 mm
Durata: 93´
Provenienza: Senegal 1996
Produzione: Alain Rozane, Pascal Verroust;
Distribuzione: FLACH PYRAMIDE INTERNATIONAL
5, Rue Richepanse - 75008 Paris France TEL : 33/1/42.96.02.20 FAX : 33/1/40.20.05.51


Le strutture dello spettacolo sono universali e mai come in questo periodo di massive proiezioni di cinema africano si possono ricondurre sintassi o meccanismi scenici che fanno parte del nostro bagaglio. Spesso, soprattutto per le opere più vecchie, sorge il dubbio che siano atteggiamenti desunti dalla lunga frequentazione di film occidentali, ma in altri casi il modo in cui avviene la messa in scena, pur riconducibile a canoni familiari, è sicuramente sviluppo autoctono di una originale sintassi cinematografica; ciò è applicabile alla presenza del coro in Tableau Ferraille. Un gruppo di artisti di strada resi corifei percorre tutto il lungo flash-back di cui è composto il film, sottolineando gli stati d´animo di Daam, che progressivamente lascia spazio alla crescita della bellissima figura di Gagnesiri, accompagnandola nell´epilogo sulla barca: ¨Ditegli che sono partita¨, simbolo della purezza dell´Africa, sconfitta dal tanto paventato caos, più volte citato dal giovane ministro (¨Uscire dal caos è ancora possibile?¨. Evidentemente, no).
La musica è componente essenziale della vita e condiziona commentando: così la litania triste e disperata associata al prologo, che ci mostra la coppia sconfitta in procinto di andarsene, lascia il posto all´elegante bellezza della sposa al tempo della festa di matrimonio ripresa in una languida positura in primissimo piano, scivolando in una sfrenata danza cromaticamente astratta per festeggiare il lenzuolo che testimonia lo sverginamento (e che riapparirà nel finale per negare la solidarietà della comunità, grettamente legata alla fecondità della donna), ma soprattutto per restituire il ritmo sessuale finché non si consegue l´orgasmo in un turbinio di vesti e danze senza che siano ripresi i due amanti; è ancora un ballo ruffiano a organizzare il secondo matrimonio con Kiné, la fedifraga, che causerà la rovina di Daam, ma il cui personaggio viene tratteggiato senza disprezzo, forse per il rispetto che il regista riserva alle donne. Le molteplici funzioni della musica si completano con il funerale di Anta, l'amica che Gagnesiri aveva aiutato, e raccontandolo si completa l´anello del flash-back, ritornando nell´unità spaziale da cui aveva preso inizio.
Il rimanente è raccoglimento sulla tomba della amica abbandonata dal marito in seguito alla prassi svilente della bigamia maschile, che Gagnesiri affronta con una dignità estrema che non intaccherà mai il suo portamento austero, ma non altezzoso. Ed era quella stessa vicina che le aveva illustrato il sistema della cassa mutua e la cui figlia, ragazza-madre affronterà lo sfruttamento della comunità con altrettanta dignità, rivendicando i suoi diritti di essere umano, benché puttana (anzi, proprio per quella scelta dolorosa), in un momento tra i pił emozionanti del film.