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The Imitation Game
Anno: 2014
Regista: Morten Tyldum;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: UK; USA;
Data inserimento nel database: 10-02-2015


“Passeremo una splendida guerra insieme.” La seconda guerra mondiale non fu soltanto combattuta con carri armati, bombardamenti aerei o siluri di sommergibili. Fu anche un conflitto di spie. Una guerra d’informazioni, intercettazioni, assalti mirati. Paesi neutrali come Svezia e Svizzera erano i luoghi d’incontro per doppi, tripli, quadrupli giochi. Gli sforzi maggiori erano interpretare i messaggi criptati dei vari eserciti. Il potente Ammiraglio giapponese Yamamoto, responsabile dell’assalto a Pearl Harbour, fu ucciso perché gli americani decriptarono le comunicazioni radio dei nipponici. Intercettarono e decifrarono il messaggio, con la notizia di un aereo in viaggio per le isole Salomone con a bordo l’Ammiraglio. Sopra l’isola di Bougainville l’aereo fu abbattuto e Yamamoto morì. The Imitation Game del regista Morten Tyldum racconta la storia dello scienziato Alan Turing e la decriptazione di Enigma, il sistema utilizzato dai tedeschi nelle trasmissioni. A Manchester nel 1951 la polizia arriva nella casa di Alan Turing. Un ragazzo gay, abbordato dallo scienziato in un bar, aveva cercato di rapinarlo. Il reato di sodomia in Inghilterra fu abolito nel 1967. La questione dell’omosessualità di Turing è marginale rispetto cuore del racconto, ma s’inizia da quest’evento. Arrestato, Turing racconta a un poliziotto la sua sconosciuta avventura durante la guerra. Inizia il primo flash back – Londra 1939 – si sta formando la squadra incaricata a decifrare i messaggi di Enigma. Alan Turing è un genio. Ha doti matematiche eccezionali, risolve operazioni complicate in breve tempo. Ma ha un problema: è tanto genio, quanto è stronzo. La ragione è nel soffrire di autismo Asperger o ad alto funzionamento. Non è facile per un autistico vivere questo mondo, ai nostri occhi appare disturbante, ma in realtà lo percepiamo in due modi diversi. Dice sempre la verità diretta, non guarda negli occhi l’interlocutore. Se ne frega delle persone intorno e delle loro umanità. Non per evidente cattiveria, ma perché gli autistici hanno relazioni sociali esclusivamente se interessati. Pensa solo allo studio, è senza vita sociale. Pertanto per noi è irritante, sostenuto, snob, scostante, altezzoso, incomprensibile. In tanti hanno voglia di picchiarlo. Il carattere discutibile è la prima lettura del regista. Alan si reca al colloquio con l’Ammiraglio, capo del centro di controllo. L’ufficiale, immediatamente, è indispettito per l’arroganza del giovane. Altra caratteristica dell’autismo. Parla con l’Ammiraglio senza rispettare il turno, senza rispondere alle domande ma avendo una sua idea nella mente. Però l’ufficiale cede, perché gli riconosce delle capacità fuori dal comune. Ma perché Alan si è presentato? Perché è un patriota convinto? Perché vuole combattere contro il nazismo? No, assolutamente. Nel colloquio si presenta come un “agnostico in politica”, non gli interessa la politica, la guerra, il nazismo e l’occupazione dell’Europa. Ha solo uno scopo, sfidare Enigma, questo dispositivo ingegnoso, per il quale Turing ha grande rispetto. Chiede l’adesione per soddisfare il suo eccentrico ego. Il regista lo spiega mostrandoci le sue disavventure umane intervallate con immagini di guerra di repertorio, come quando la macchina di Turing inizia a elaborare i dati. Il suono dei meccanismi, i quali ruotano pare senza fermarsi, è montato con un carro armato, inquadrato nei cingoli, mentre schiaccia il casco di un soldato probabilmente morto. Alan Turing è asociale con i colleghi: “vorrei un ufficio separato.” Licenzia in malo modo due collaboratori ed è accusato di “una cosa disumana.” Come i sofferenti di autismo Asperger, ha rapporti personali se ha un interesse, un traguardo, una finalità precisa. Perciò si presenta ai colleghi regalando, contro voglia e imbarazzato, una mela e raccontando una storiella, perché ha bisogno del loro aiuto. Ovvero è capace a mentire ai genitori della collega Joan Clarke, perché la vuole nel suo team. Ovvero chiedergli, addirittura di sposarla, sapendo di essere omosessuale, solo perché non ritornasse a casa. Ancora a Joan, in segreto, gli porta dei documenti riservati poiché deve aiutarlo. I fogli sono nasconde su di se. Alcuni perfino nelle mutande; non esista, distaccato, a tirarli fuori di fronte a Joan e consegnargli nelle mani: “amo anche i fiori” è la sua schifata reazione. D'altronde anche i colleghi lo disprezzano: “… e finire come te?” “fragile narcisista” “Enigma non ti salverà”. “Sei davvero un mostro.” La qualità sorprendente del film è il montaggio. Con un raccordo sonoro, una frase pronunciata ironicamente da un collega: “eri amato a scuola, vero?” inizia un nuovo flash back, l’epoca dell’high school. Nella mensa del college in una scena disturbante, Alan studente, nevroticamente separa nel piatto piselli e carote, assolutamente non si devono toccare, i colori dei due vegetali non devono sfiorarsi. Nell’autismo è uno stereotipo diffuso, cercano un mondo ordinato, cadenzato. Mentre spasmodicamente è impegnato in questo tentativo, uno studente gli getta in testa il vassoio con piselli e carote, provocandogli una reazione disordinata. Alan giovane era uguale, non si relazionava con i compagni anzi gli era antipatico, insopportabile. Era vittima del bullismo. L’unico a difenderlo era Christopher: “ti picchiano perché sei diverso”, il quale era altrettanto intelligente e dotato in matematica. Fra i due nasce una profonda amicizia, Turing era sereno e felice, perché il loro rapporto si trasformò in amore. Alan lo scrive criptato in un foglio destinato all’amico i love you. Non riuscirà mai a consegnarlo. La macchina progettata per decifrare i messaggi di Enigma fu chiamata da Turing: Christopher. Il montaggio discontinuo alternato è bello efficace breve rapido conciso, nonostante l’intreccio su tre piani temporali. La sceneggiatura rappresenta e caratterizza la personalità. Il regista lo forza un po’ verso una simpatia posteriore, ma in realtà poi non lo nasconde e mostra i suoi terribili difetti. Emblema è in un forte scontro con uno dei colleghi di lavoro per salvare una vita umana: “Non sei Dio, non decidi tu chi vive e chi muore.” La risposta di Alan è certa indifferente pronunciata con voce ferma: “Sì invece.” Alan Turing non crede di essere Dio, è certo di essere Dio. Belli i particolari, gli inserti diegetici con cui sono montati i tre filoni: il discorso di Re Giorgio V, i disegni geometri trovati a casa di Turing, immagini di guerra soprattutto negative, sconfitte, morti fra gli alleati, bombardamenti su Londra, la mancanza di cibo in città. Tutti inserti utilizzati per accelerare la tensione, perché la codificazione tarda ad arrivare. La colonna sonora è il suono continuo e fastidioso prodotto dalla macchina Christopher mentre ruota ininterrottamente per trovare la soluzione. Alcune idee sono appena accennate e non approfondite. Come il sospetto che fosse una spia russa: “Io credo che Alan Turing nasconda qualcosa.” È l’epoca del reclutamento di spie inglesi a favore della Russia, anch’esse nate negli ambienti elevati di Cambridge, come Guy Burgess e Antony Blunt, entrambi omosessuali e spie per l’URSS, la cui storia è stata raccontata nel film Another Country. Aggiungerei come fece a convincere Winston Churchill a dargli il comando dell’equipe nonostante la contrarietà di tutti gli alti ufficiali. Che cosa scrisse nella lettera per il primo ministro non c’è dato da sapere. La frase più bella del film è il complimento pronunciato da Alan, quando un collega ha un’idea fondamentale per risolvere un problema: “non è per niente una pessima idea”. In questa litote c’è tutta la pazzia di un uomo estremamente intelligente, morto suicida con due soli amori nella vita: un ragazzo e una macchina entrambi di nome Christopher, per la cui costruzione accetterà la castrazione chimica anziché il carcere.