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Blanka
Anno: 2015
Regista: Kohki Hasei;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Italia; Filippine; Giappone;
Data inserimento nel database: 30-09-2015


“Guardami, so volare.” La povertà nelle Filippine è comprensibile addirittura dai numeri. Il PIL pro capite è di circa 7.000 dollari annuali. Con una popolazione di poco più di cento milioni, il 34,02% hanno fra lo zero e quattordici anni, e un’età media di 23,5 anni. Confrontiamoli con l’Italia. Il nostro paese ha un PIL pro capite di cinque volte ma, solo il 13,73% della popolazione, fra lo zero e quattordici anni e un’età media di 44,5. Tradotto, poiché il reddito è prodotto principalmente da persone mature, i tanti bambini filippini vivono in indigenza. A Manila il regista giapponese Kohki Hasei ambienta il film Blanka. Blanka è una ragazzina, vive sola nelle strade della capitale, la sua casa è un cartone. Sopravvive con piccoli sotterfugi e furbizie, guidando una banda di ragazzini miserabili. Nella prima scena ci sono tante case fatiscenti, brutte; c’è tanta gente nella strada, un mercato vivace e tanti bambini chiedono l’elemosina. Blanka ha un grande crocefisso al collo e nasconde i soldi rubati sotto una statua della Madonna. Incontra Peter, un musicista di strada cieco. La filosofia di Peter è la più vera e reale perché nonostante la predominanza visiva della ragazzina, Peter rappresenta la dimensione umana: “Non ci sarebbero guerre se le persone fossero cieche.” Fra Peter e Blanka nasce un sentimento, la volontà di avere una famiglia. Ma a Blanka manca la madre perciò mette un annuncio: offre 30.000 pesos filippini per una donna che voglia essere sua madre. In euro sono circa seicento, una somma elevata. La storia continua con il sogno di Blanka di essere una cantante, ma anche con la caduta nei meandri della prostituzione minorile. In certi osceni bar le misure ricercate di una donna non sono le classiche 90 60 90 ma , scandalosamente, 35 22 45. La parte migliore è la descrizione della vita di strada. Vivace, paurosa, minacciosa ma perfino divertente e ironica: “Filipinos! They are making jokes every day - even those who have such a hard life in the slum. Of course, it’s easy to complain and it’s easy to be sad, but in order to survive they keep joking and keep enjoying life. We also had a lot of improvisation by the actors. We enjoyed the shoot a lot. I don’t want to write a depressing movie. If I write something depressing, depression will come. I have to suffer it. I should write something beautiful so beauty will come. Life is short.” così l’autore ci racconta la vena satirica della storia. “Posso essere una mamma o un papa.” così un travestito risponde all’annuncio di Blanka. Un film dalle inquadrature sociali, punta sempre su Blanka ma non esclude tanti altri ragazzini emarginati, tanto da renderla una pellicola corale, con una ricerca di affetto, ma anche di tanto disprezzo: “La spazzatura non è ammessa.” Nella scena finale c’è un campo lunghissimo su una piazza, ripresa dall’alto. Sullo sfondo, in piccolo, si vede Peter suonare, un ragazzino raccogliere la carità, dietro di essi è arrivata Blanka, felice e sorridente. Ma nell’immagine prima si staglia, a dividere l’inquadratura, una grande statua della Madonna la quale sembra benedire questo mondo disperato. www.cineuropa.org/it.aspx?t=interview&l=en&did=298295