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Breakdown - La trappola
Anno: 1997
Regista: Jonathan Mostow;
Autore Recensione: l.a.
Provenienza: Usa;
Data inserimento nel database: 08-05-1998


Essenziale, diretto, inquietante: un thriller

Breakdown - La trappola Tit. or.: Breakdown. Regia: Jonathan Mostow. Soggetto: Jonathan Mostow. Sceneggiatura: Jonathan Mostow & Sam Montgomery. Fotografia: Douglas Milsome. Musica: Richard Marvin, Basil Poledouris. Scenografia: Victoria Paul. Costumi: Terry Dresbach. Montaggio: Derek Brechin, Kevin Stitt. Prodotto da: Dino e Martha De Laurentiis. Cast: Kurt Russell (Jeff Taylor), J.T. Walsh (Red Barr/"Warren"), Kathleen Quinlan (Amy Taylor), M.C. Gainey (Earl), Jack Noseworthy (Billy), Rex Linn (Sheriff Boyd), Ritch Brinkley (Al), Moira Harris (Arleen), Kim Robillard (Deputy Len Carver), Thomas Kopache (Calhoun), Jack McGee (Bartender), Vincent Berry (Deke), Helen Duffy (Flo). Produzione: Paramount Pictures/Spelling Films. Colore: DeLuxe. Usa, 1997. Durata: 95'.

Rapido, conciso, essenziale: diretto, dritto al sodo, senza sbrodolare in inutili preamboli di premesse drammatiche, freddo e veloce come un incubo. Un uomo ed una donna sulla strada, marito e moglie in viaggio: stop. Una sosta in un'area di servizio per introdurre gli antagonisti: qualche parola di troppo, un fraintendimento e via, ripartono. Siamo nel Southwest degli States: paesaggi aridi, incontaminati, desertici, senza un'anima - paesaggi-troppo-paesaggi, natura-troppo-natura, cielo e terra in parallelo, tutto troppo bello per non incutere inquietudine - sei finito in una cartolina? La strada è una striscia nera su cui sfrecciano gli ultimi cow-boy a bordo dei nuovi bisonti cromati: pochi e veloci. Un guasto al motore qui sarebbe un vero disastro. Ed è quello che naturalmente accade: marito e moglie appiedati; due tipi da metropoli spogliati dell'ultimo ponte con la civiltà (il cellulare che "non prende") e del loro mezzo (l'auto in panne), scaraventati in piena wilderness. Ed intorno iniziano a muoversi le ombre: un pick-up, un tir, sciacalli meccanici guidati da sguardi filtrati, nascosti, da occhiali scuri. Una sceneggiatura calibrata che ti inchioda alla poltrona fin dai primi minuti con un input, un inciting incident, che ti risucchia necessariamente nel vortice: come recita il lancio, "it could happen to you"... Già, potrebbe succedere anche a te: quante migliaia di persone scompaiono ogni anno? Persone comuni in circostanze straordinarie: l'uomo sbagliato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Duel s'incontra con un The Hitcher capovolto (non accettare passaggi dagli sconosciuti), e lo splendore del paesaggio rivela tutti i suoi coni d'ombra. Cinema fatto di orizzontalità, ma senza dilatazioni: suspense che è un unico lungo spillone in un bambolotto con la faccia di Kurt Russell - una fitta sempre più netta fatta di mancanza (della moglie), di spaesamento (di chi ci si può fidare?), di presa di coscienza (di essere finito in una rete ben collaudata), di disperazione (il tempo corre, i soldi per pagare il riscatto non ci sono)... Il meccanismo drammatico più vecchio del mondo, "Cassandra": ho una grande verità da svelare, ho un complotto da denunciare, c'è un sopruso da punire, e nessuno mi crede; lo stesso meccanismo gonfiato dal sospetto, dalla perdita di lucidità: nessuno ascolta perché tutti sanno tutto, tutti sono della partita - io contro il resto del mondo? E così, per causa maggiore, ci si trasforma in eroi: tutto inizia con un tir e tutto finirà sotto un tir. Ma quello che si scopre spaventa ancora di più: nella migliore tradizione, il male si annida nella perfetta armonia, nella quiete di una famiglia felice, nella normalità di una cena tra amici - una casetta nella notte, un cielo con troppe stelle sospeso su strisce d'asfalto. Ruvido, nervoso, matematico perché ridotto ai minimi termini: una sceneggiatura che non lascia scampo perché dettata da una rigida selettività. Istantanea gelida di una vampata di ventiquattr'ore, la fotografia di Douglas Milsome (che con l'abbagliante crudezza di quei paesaggi che furono western si era già confrontato in Sunchaser-Verso il sole di M. Cimino, 1997). Rapida, efficace, incisiva la regia: senza distrazioni, senza deviazioni né scorciatoie, inchiodata al personaggio senza via di fuga e allo spazio (interno/esterno) in cui si è perduto. Aridità elevata a stile. Un thriller puro/crudo/nudo, dal primo all'ultimo minuto: ed ogni minuto bracca l'altro creando, al suo passaggio, un vuoto d'aria mozzafiato - tu ondeggi sul ciglio come quando passa un tir nero e gli stop si illuminano, ed è troppo tardi: ormai non puoi ritrarre il pollice, non puoi più rifiutare il passaggio.