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11 minut – 11 minutes
Anno: 2015
Regista: Jerzy Skolimowski;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Polonia; Irlanda;
Data inserimento nel database: 16-10-2015


“Ti stava toccando il culo.” “Un uomo innocente.” Jung diede un significato alla sincronicità della vita, alla base c’è sia una realtà psichica, sia una materiale. Le stesse dimensioni, psichiche e materiali, sono alla base del film 11 minut del regista polacco Jerzy Skolimowski. Un film tutto metafisico, realizzato nella nostra mente, senza nessun accenno alla verità. Tutto si svolge in undici minuti. In una piazza di Varsavia s’incrociano molte esistenze, molti problemi, molte gioie. Non c’è nessun apparente contatto, salvo uno spiazzo della capitale polacca. Nel prologo una coppia discute sugli avvenimenti della notte e sugli impegni della giornata, tutto ripreso stile smartphone. S’inizia. Bellissime ragazze, un venditore di panini, dei ragazzi, c’è un mondo variegato, normale, quello che incrociamo tutti i giorni. Non esiste una trama logica, ci sono tanti frammetti incrociati e montati con lo stesso orario. Un mondo, la vita può cambiare in undici minuti. Ci racconta il regista: “E’ il mio modo di avvertire lo spettatore che tutto può succedere nel secondo successivo. Questo è il messaggio del film: che la vita sia un tesoro lo capiamo solo quando la perdiamo. Facciamone buon uso il più possibile finché siamo vivi.” Ci sono diverse forme di linguaggio, un montaggio efficace. L’autore ha il gusto dell’inquadratura, dell’organizzazione, non c’è banalità. Lo stile è di aggiungere in continuo personaggi, situazioni, con gli accadimenti arrivare senza preavviso. Tutti gli episodi convergeranno pericolosamente. La strada è tortuosa perché la storia è un labirinto di velocità e di casualità ingegnosa. A nostra volta coinvolti nelle peripezie, sembra non trovare una via d’uscita nel dedalo di Skolimowski. Il risultato è un divertente finale, ricco di esagerazioni, d’iperbole. Tutto si gonfia, s’ingrossa, si allarga fino all’esplosione conclusiva. La vita secondo Skolimowski è come un centro di sorveglianza. Nel muro ci sono tanti schermi. Ogni telecamere inquadra un solo frammento, appare separato dal video vicino, ma nella visione del regista è un’unica inquadratura, moltiplicata all’inverosimile sino all’incrocio totale. “Il film è una risposta alle pellicole d’azione di Hollywood. Dà un po’ d’intelligenza a qualcosa che accade in fretta, a volte con un pizzico di violenza.” Costruito come un videoclip dinamico, il tempo si dilata, undici minuti diventano un’ora e mezza. Il montaggio riflette questa dimensione temporale e i fantastici raccordi li uniscono fino ai fuochi d’artificio definitivi.