NearDark
database di recensioni
Per ricercare nel database di NearDark, scrivete nel campo qui sopra una stringa di un titolo, di un autore, un paese di provenienza (in italiano; Gran Bretagna = UK, Stati Uniti = USA), un anno di produzione e premete il pulsante di invio.
È possibile accedere direttamente agli articoli più recenti, alle recensioni ipertestuali e alle schede sugli autori, per il momento escluse dal database. Per gli utenti Macintosh, è possibile anche scaricare un plug-in per Sherlock.
Visitate anche la sezione dedicata all'Africa!
L'Ottavo Giorno - Le Huitième jour Anno: 1996 Regista: Jaco van Dormael; Autore Recensione: l.a. Provenienza: Belgio; Data inserimento nel database: 18-03-1998
L'Ottavo Giorno (Le Huitième
Jour), di Jaco Van Dormael. Con D. Auteuil, P. Duquenne,
Miou-Miou, H. Garcin, I. Sadoyan. Belgio, 1996.
L'Ottavo Giorno è quello in cui Dio creò
"loro, i diversi, a metà tra gli angeli e gli umani".
Il film "L'Ottavo Giorno" racconta la storia dell'incontro tra
un "diverso", un down, ed un "normale", uno yuppie. Il primo è
fuggito dall'istituto in cui viveva per tornare a casa, dalla madre -
ma la madre è morta quattro anni prima... Il secondo è
uno yuppie in crisi - la moglie lo ha abbandonato, portando con
sé i figli... Entrambi non sopportano la solitudine,
l'abbandono da parte delle persone amate, la privazione degli
affetti; entrambi spezzano una routine ed una vita divenute ormai
insopportabili, per cercare di ripristinare un equilibrio
ricongiungendosi alla propria famiglia; entrambi vengono rifiutati,
il primo dalla sorella, il secondo dalla moglie e dalle figlie...
Persone sole. Si incontrano sulla strada, si scontrano, iniziano un
viaggio insieme verso le rispettive mete, si separano, si
ricongiungono, si separano ancora - definitivamente, relativamente...
Il manager che teneva degli stages in cui insegnava a dominarsi in
ogni situazione, a comunicare sicurezza, ad essere invidiati, a
costruire l'apparenza, ha perso il controllo: la sua vita ordinata si
è sfasciata nell'impatto con l'irrazionalità dei
sentimenti. Il down diventerà la sua guida nel mondo
sconosciuto degli accessi di dolore incontrollabili, degli sbalzi
estremi di umore, della passione struggente, dei baratri della
depressione: dell'interiorità; gli svelerà il proprio
mondo poetico, fantastico, riveduto e corretto dalla fantasia e dalla
semplicità: un mondo più accettabile, più
completo, più vero. Ed in cambio troverà un amico, una
figura materna-paterna-fraterna al contempo, un catalizzatore delle
sue attenzioni, dei suoi sentimenti: un essere comprensivo...
qualcuno a cui ha aperto gli occhi e che si specchierà in lui.
Incontri, punti di contatto tra mondi distanti... Se è vero
che Van Dormael gioca pesante con i sentimentalismi che il soggetto
implica - al limite del gioco sporco - tanto da essere tacciato di
aver strumentalizzato l'attore (un down anche nella realtà,
non un Dustin Hoffman) e la vicenda; è altrettanto vero che il
regista ha il dono della capacità di sdrammatizzare: il
surrealismo e la visionarietà che caratterizzavano il suo
primo lungometraggio, Toto le Héros, sono presenti
anche in questa pellicola, ed emergono ogni qualvolta l'autore si
tuffa nell'interiorità del down concretizzandone la visione
della realtà filtrata, trasfigurata, affabulata, dalla
sensibilità - frammenti lirici che costituiscono la chiave
d'accesso ad una lettura meno drastica dell'operazione. E' un film da
cui è difficile prendere le distanze a causa dell'alto tasso
drammatico: e, di conseguenza, è difficile metterne a fuoco le
intenzioni - sincere, insincere, ingenue, astute, furbesche? Certo,
come è stato osservato dai più, la realtà della
vita di un down è ben diversa e più tragica di quella
proposta da Van Dormael, è troppo spesso dominata più
dal pietismo che dalla comprensione... ma non necessariamente un film
deve fotocopiare il vero. Un film può prospettare un mondo
popolato da uomini migliori: e se per far risuonare il messaggio lo
si inumidisce di lacrime, non è così riprovevole.
|