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Lisboa
Anno: 1999
Regista: Hernandez;
Autore Recensione: adriano boano
Provenienza: Spagna;
Data inserimento nel database: 25-07-2000


Lisboa

LISBOA

 

Regia: Antonio Herná – Sceneggiatura: Enrique Brasó – Fotografia: Aitor Mantxola – Montaggio: Santiago Ricci– Musica: Victor Reyes – Scenografia: Gabriel Carrascal Interpreti: Camen Maura (Berta), Sergi López (Joao), Federico Luppi (José Luis), Laia Marull (Veronica), Antonio Birabent (Carlos), Antonio Hernández (Alvaro Viaeu)

Spagna, 1999. (Blue Legend Production)

 

Un thriller con qualche sfumatura comica e un finale drammatico. S’inizia con uno spettacolare incidente ed il motivo per cui viene proposto quel colossale scontro – ripreso con maestria nel montaggio dei dettagli, l’importanza dei quali si misurerà soltanto quando l’intrigo di corruzione finanziaria verrà svelato – si scopre soltanto ben oltre la metà del film e quando ormai s’immagina che la china intrapresa abbia definitivamente adottato la vena comica inaugurata con la sequenza del cesso nell’autogrill, dove Carmen Maura abborda il commesso viaggiatore, rappresentante di cassette; la scena è comicissima, poiché il contatto carnale è abortito e si risolve con una doccia da sciacquone, al quale la donna si aggrappa producendo un involontario epilogo al trasporto sessuale che non chiude l’episodio, rilanciato dal mistero della borsa con la pistola. Però non c’è nemmeno il tempo per assaporare la svolta noir, che si ripiomba nella farsa attraverso l’intrusione del poliziotto nell’orinatoio e quindi il rapido occultamento della borsa stessa. All’attrice di Almodóvar si addice maggiormente il burlesque (ammantato di un velo di tristezza fin da Pepi, Luci, Bom y otras chicas del monton e soprattutto ¿Que hecho yo para mercer esto?, pellicola a cui forse può quest’opera di un epigono far ripensare maggiormente), tuttavia la sua maschera sostiene bene sviluppi drammatici; ed in questo il film riesce sorprendentemente a rendere plausibile il trascorrere da un piglio all’altro, divertendo nel momento in cui la facoltosa famiglia tenta di bloccare la fuga di Berta verso Lisboa (mai raggiunta a dispetto del titolo, prescelto proprio perché chimerico), mentre i toni del thriller sono adottati senza sbalzi apparenti, legati in particolare all’entrata in scena del marito – argentino, per rinfocolare i luoghi comuni che gli spagnoli riservano alle genti che adottano lingue iberiche –, al quale è riservata la parte oscura, mentre il portoghese Joao svolge il ruolo di tonto, preso in mezzo dagli eventi e quindi migliore spalla della vis comica di Carmen Maura, anche nelle minute espressioni che caratterizzano il personaggio, come quando si addormenta sotto l’auto, fingendo un guasto, e viene confrontata la lunghezza dell’attesa con quella della lumaca inquadrata a tutto schermo, allusione esplicita quanto elegante alla lentezza dell’arrivo del figlio.

Infatti fin dalle prime sequenze si avverte che quello sarà il suo ruolo: ovvero un po’ il nostro che dobbiamo capire cosa sta accadendo. Una donna è in fuga e cerca di evitare persino Carlos, suo figlio, al quale è riservato un ruolo totalmente pleonastico, creato soltanto per dare un ulteriore possibilità di sfoggiare la bravura di Carmen Maura, che cocciuta si scontra con la velenosa e molto avvenente figlia (Veronica, della quale si apprezza un bel seno nudo in pieno sole), rintuzza persino le proposte del patriarca con il solito piglio di donna energica, e un po’ sull’orlo di una crisi di nervi, per poi assurgere a personaggio di enorme spessore e profondità, oltre ad essere mossa da motivi moralmente encomiabili: una metamorfosi che a poche attrici sarebbe riuscita altrettanto bene. Ad infittire il mistero si aggiungono una chiave di una cassetta di sicurezza, tropo retorico ineludibile nei crime scene (titolo della rassegna londinese che comprendeva Under Suspicion, Vite spezzate, Prima del tramonto, Ormai è fatta!, Zero Tolerance, Blood Simple - the director's cut), e una audiocassetta, proletticamente introdotta per preparare la scena madre, dove la voce del morto incisa su questa svelerà l’intera vicenda a tutti i protagonisti bloccati in silenzio dall’inaspettata rivelazione e aggiungerà qualche dettaglio anche alla nostra consapevolezza.

La scelta registica che definisce la fattura del film è quella che adotta il road-movie (dall’Estremadura a Badajoz) come criterio per inanellare tutti gli elementi e dare omogeneità agli stili narrativi che si succedono, ma chi pensa al racconto di viaggio come ad un espediente, wendersianamente (rimane soltanto la cornice del luogo di confine), per derive esistenziali si troverà spaesato: infatti nei road movie classici è il cinema ed i suoi generi ad essere al servizio del viaggio e delle sue considerazioni individuali, mentre qui gli spostamenti non sono individuali – né solipsistici –, non danno adito a filosofemi ed è la dimensione itinerante ad essere al servizio dei generi cinematografici. Ciò che rimane della prassi del road-movie è il ruolo centrale dell’auto (targa IW-76-25): dopo il prologo è lei la protagonista inquadrata per prima, sia dentro che di fuori, anche perché è strumento di lavoro del rappresentante di commercio, lei è il vero oggetto di desiderio di Berta, quando raggiunge l’autogrill dove è parcheggiato il già predisposto Joao che pregusta l’avventura sessuale, e poi al suo interno capiterà di tutto: le sequenze più significative, gli scambi di idee con la famiglia che ha ordito l’omicidio del fantomatico Alvaro e anche la divertente scopata nel parcheggio coperto, dove Berta e Joao si nascondono, associando all’atto dovuto dai canoni del genere cinematografico un dialogo totalmente estraneo, e ottengono un effetto esilarante, perché mentre fottono in macchina come deve avvenire, rimarcano questa prassi scambiandosi le più banali ed estranianti informazioni su loro stessi e infilano commenti tipici della antipatia che corre tra spagnoli e portoghesi (sottolineata poi nel momento in cui l’auto supera la barriera di confine portoghese e immediatamente la colonna sonora si adegua, passando al fado). L’auto poi subisce le stesse botte di Joao da parte dei gangster e verrà distrutta, ponendo fine all’avventura, non prima di aver svelato tutto attraverso il proprio impianto di riproduzione della cassetta audio. Ma non sarà ancora la vera conclusione: ancora una volta gli autori scelgono di stupire, cambiando il registro di riferimento; ed il melodramma sembra un’ottima scelta per fondere tutti i generi sfiorati in un finale sorprendente per noi quanto lo è per Joao.