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Spring Breakers
Anno: 2012
Regista: Harmony Korine;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 14-09-2012


“Basta fingere che sia un videogioco.” Un festival del cinema ha bisogno di una certa dose di glamour e di intontire i partecipanti con le grida striduli di centinaia di ragazzini festanti. Questo aspetto sociale è utile. Gli assedianti sognano un colpo di fulmine; sperano che James Franco sia colpito da innamoramento istantaneo e cada ai piedi di un’adolescente. Ma è utile pure per i puristi talebani del cinema, i quali guardano schifati le scene di panico collettivo, esaltando il loro ego purista con affermazioni tipo: io sono colto e vedo solo cultura. La Mostra di Venezia ha avuto un basso profilo nel costume. Nei primi giorni c’è stato uno scarso appeal per mancanza di avventori occasionali e di pubblico. Per portare gente ai festival serve cavalcare la notizia, oltre avere film e sale. Per poter osservare centinaia di ragazzine e ragazzini, scatenati nell’ossessionare con urla laceranti i loro beniamini, abbiamo dovuto aspettare la proiezione di Spring Breakers di Harmony Korine. Il motivo era la presenza di Selena Gomez e di James Franco. Non basta. Il cinema è un prodotto venduto principalmente ai giovani e certe pellicole sono fatte da vecchi per i vecchi, e quindi destinati al fallimento (abbiamo avuto un clamoroso esempio a Venezia). Spring Breakers è la dimostrazione di come si può fabbricare una confezione giovanile di buona qualità artistica. Il linguaggio è brillante, moderno, un videogioco. Il contenuto ha tutte le caratteristiche di una rappresentazione del disagio giovanile e sociale americano. Il film ci racconta l’avventura di alcune ragazze universitarie abitanti in una noiosa provincia: “Sono tutti tristi qui.” Le studentesse hanno un impellente bisogno di fuggire dal loro piccolo mondo. Quale località più esotica ed erotica di St. Pete Beach in Florida può soddisfare le esigenze di passionali ragazze. Il regista ci mostra le studentesse durante una lezione accademica. L’autorevole professore spiega di Hitler e dei diritti dei neri. Argomenti ricercati, importanti, fondamentali ma le eccitate ragazze nel quaderno degli appunti stanno disegnando dei falli da fare invidia a Priapo. Inoltre con movenze oscene manifestano la loro impellente necessità di compiere urgentemente un congresso carnale allargato. Spring Breakers ci parla di sesso. Il sesso appare in tutte le sue manifestazioni. Soprattutto emerge deliziosamente nella prima parte, dove St. Pete Beach è descritta e sognata da una moltitudine di belle e appariscenti ragazze mentre compiono – simulati - dei carnali e libidinosi giochi con doppi sensi spassosi. La luce è incandescente, non è solo il sole, è la passione voluttuosa di tanti ormoni e testosteroni bivaccati sulle spiagge. I colori sono incommensurabili, vivaci e inusuali. L’inizio è imperdibile: culi, tette, muscoli, pacchi ci ubriacano di bellezza. È la mia opinione, anche perché uscendo dalla sala certi commenti non erano favorevoli. Delle signore polemizzavano ad alta voce: se voglio vedere seni e nudi guardo la televisione. Secondo me, non è la stessa cosa, però, ogni parere è sacro. Ma raggiungere il paradiso del sesso non è facile per quattro studentesse senza soldi. Allora è necessario scatenare una bizzarra rapina, trasformando delle ingenue e rispettose ragazze in spietate criminali. Una lettura del film è senz’altro la formazione stravagante di queste giovani. Faith una curiosa ragazza cresciuta in un ambiente religioso cristiano. Eppure solo in Florida apprenderà il significato della vita: “Inizio a pensare che questo sia il posto più spirituale in cui sono stata.” Tuttavia qualcosa andrà storto. Le ragazze si ritrovano in prigione. La loro esaltazione è notata da Alien – James Franco – un folle e strampalato delinquente. È un tatuato mafioso, gestisce racket della droga e prostituzione. Ha un rapporto fisico con il denaro, ci dorme e ci balla. Mentre le sue gigantesche armi sono le ramificazioni della sua distorta fisicità e metaforicamente un prolungamento mostruoso del suo ammennicolo. James Franco è fenomenale come rapper criminoso. Si esprime come un pazzoide pieno di droga. Nel suo essere fuori di testa, la sua recitazione è tonica ed estrema; per tutto il film è elettrico e nevrotico; fino alla ultima scena, quando il paranoico personaggio di Franco si diletta con una serie di movimenti del corpo fra la breakdance e l’ubriaco. Il regista utilizza una serie di ralenti, smorfie, assurde posture. Il personaggio è sopra le righe, perché tutto deve esserlo. Tutta la scenografia è inesistente nella realtà e contemporaneamente irrazionale per entusiasmo. Il montaggio è inaudito, perché possiede la dote di spezzare e moltiplicare nello stesso tempo le assurde azioni di tanti strampalati personaggi. La fotografia raffigura la partenza al fulmicotone con una luminosità solare, per poi trasformare le immagini in giochi di luce nell’oscurità. Prima parte rovente, euforica e accaldante per una serie di trivi doppi sensi sessuali ma divertenti e smodati. Poi il film si trasforma in una follia collettiva, in una descrizione di una socialità pazzesca. Non c’è uno sfondo reale, il surrealismo prevale come la scena finale. Spring Breakers Forever!