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Liulian Piao Piao
Anno: 2000
Regista: Fruit Chan Kuo;
Autore Recensione: Sara Borsani
Provenienza: Hong Kong; Cina;
Data inserimento nel database: 19-09-2000


Liulian Piao Piao

Visto a Venezia 2000
Scheda tecnica

Regia Fruit Chan Kuo
Soggetto Fruit Chan Kuo, Sheng Zhi Min, Chan Wai Keung
Sceneggiatura Fruit Chan Kuo
Fotografia Lam Wah Chuen
Scenografia Tin Muk
Montaggio Tin Sam Fat
Musica Lam Wah Chuen
Produzione Golden Network, Nice Top Indipendent e Des Films Studio Canal France
Cast Qin Hailu, Mak Wai Fan, Biao Xiao Ming, Yung Wai Yiu
Hong Kong/Cina 2000

Un regista, Fruit Chan, che si discosta dal filone degli action movies e delle commedie rosa o satirche tipiche della produzione cinematografica attuale di Hong Kong, per avvicinarsi invece ai toni più intimistici e propri del documentario, come già si era potuto osservare nel film indipendente Made in Hong Kong, imperniato sul passaggio dell’isola alla Cina nel 1997 (film che si conclude con un suicidio mentre in sottofondo scorre un discorso del Presidente Mao)…un regista che piace al pubblico occidentale, o meglio trova numerosi riscontri nell’ambiente dei ciritici e dei Festival cinematografici (Little Cheung scelto da Marco Muller per Locarno e, ora, Liulian Piao Piao in concorso a Venezia…entrambi questi film sono stati presentati ad aprile durante la 24^ edizione dell’Hong Kong International Film Festival), ma che, a volte, non riesce ad andare in profondità e non convince completamente con il suo stile alquanto personale. E questo è il caso.

Se ci atteniamo alle "confessioni" del regista: "Mentre stavo compiendo delle ricerche per Little Cheung nell’area di Portland Street, nota tra le altre cose per la prostituzione, mi sono imbattuto in numerose storie interessanti che, purtroppo, non hanno trovato spazio nel primo film. E’ per questa ragione che è nato Durian Durian (trascrizione fonetica cantonese del titolo)". E questa origine secondaria, se così si può dire, insieme alla decisione di ricorrere ad alcuni personaggi (la piccola Ah Fan e la sua famiglia) di Little Cheung per dare il via alla storia della prostituta Qin Yan, giunta ad Hong Kong per cercare fortuna, influenza estremamente il ritmo e l’originalità del film.

Se il primo "episodio" (uso questo termine per comodità d’espressione, ma le due opere non sono sequenziali) colpisce per la forza narrativa, per la profondità dei contenuti e dell’uso introspettivo della mdp, per la bellezza formale delle immagini, Durian Durian non riesce ad eguagliare nessuno di questi aspetti (lode, quindi, a Muller per aver scelto il film più bello) e a tratti risulta melenso e scontato. Anche per quanto riguarda il ritmo vi sono delle cadute, e se nella prima parte (quella che si svolge negli stretti vicoli di una Hong Kong cornice della misera vita di profughi alla ricerca del riscatto sociale) riesce a catturare l’attenzione dello spettatore, in quella che ritrae il ritorno della protagonista nelle fredde terre di una provincia del Nord della Cina appare ripetitivo e stanco.

Ma veniamo alla storia: la bella Qin Yan lascia la sua casa natale e si reca ad Hong Kong, con un permesso di tre mesi, per cercare fortuna. La sua storia personale di prostituta (dedita ad un numero incredibile di prestazioni sessuali nel disperato e degradante tentativo di ottenere soldi per rientrare in Cina e fare fortuna in modo più legale) si incrocia con quella di Ah Fan, piccola profuga di Shenzhen (ultima città di frontiera, prima della ricca e libera Hong Kong, città dormitorio, preda di un’urbanizzazione selvaggia e di un progressivo deterioramento dei costumi), che non perde mai il sorriso e la speranza di una vita migliore. Nello scorrere delle due vite, si inserisce simbolicamente un frutto, il durian appunto, che disgusta per il suo odore terribile, ma conquista per il gusto dolce e sopraffino. Il durian è il regalo che il padre di Ah Fan fa alla figlia nel giorno del suo compleanno e che la piccola spedisce, in ricorrenza del Natale, all’amica ritornata in Cina, ma è anche un’arma spietata con cui viene colpito alla testa il protettore di Yan. Ma sentiamo il regista: "Questo film è più di un semplice esercizio.(…) Io volevo mostrare alcuni degli aspetti più interessanti di questa strada e dello spirito che la anima. È per questo che ho creato una storia astratta ed ho utilizzato il durian come un simbolo. Il durian è davvero uno strano frutto. La gente che lo ama crede sia straordinario, chi lo odia riferisce dell’odore nauseabondo che emana. Anche a Portland Street vi sono numerose persone e numerose differenti reazioni".

Unite da un’amicizia che va al di là dei confini spazio-temporali, le due perseguono anche un destino simile, la più piccola viene arrestata e costretta a fare ritorno in Cina, mentre Yan non riesce a liberarsi del passato e dei ricordi e con difficoltà cerca di iniziare una nuova vita.

È un peccato che Fruit Chan non riesca ad ottenere gli stessi risultati brillanti e sentimentali, ma se ancora non si conosce la sua opera di regista impegnato, credo sia comunque interessante andare al cinema a guardare un film che rappresenta l’altra realtà della produzione cinematografica di Hong Kong, una realtà che troppo spesso passa inosservata e non giunge sui nostri schermi.