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The Contenders - Series 7
Anno: 2000
Regista: Dann Minahan;
Autore Recensione: adriano boano
Provenienza: Usa;
Data inserimento nel database: 02-06-2001


The Contenders - Series 7

 

regia
Dan Minahan

sceneggiatura
Dan Minahan

musica
Tom Tykwer, Johnny Klimek, Reinhold Heil

costumi
Monika Jacobs

produzione
Blow Up Pictures, Killer Films

provenienza: USA
distribuzione: Lucky Red
durata: 88'

"Love will tear us apart": il riff ripetitivo percorre l'intera giornata e mi accorgo che non è mai uscito dalla mia mente, ma mi ha accompagnato per tutti questi anni, facendo da basso continuo, quasi una dolce minaccia di detour destinalmente proiettato al ritorno nello stesso posto da cui si era partiti. Tutta una generazione che si è accantonata per vent'anni, vivendo una vita normale, mantenendo nascosta in sé la propria diversità, pronta a riproporsi, anche solo per un breve momento ripudia i meccanismi televisivi e rivede il proprio video dark...again

interpreti:
Brooke Smith . . . . . . Dawn Lagarto
Glenn Fitzgerald . . . . . . . Jeffrey Norman
Marylouise Burke . . . . . . Connie Trabucco
Michael Kaycheck . . . . . Tony
Richard Venture . . . . Franklin
Merritt Wever . . . Lindsay Berns

 

 

Il film trae spunto dal vecchio video dei Joy Division (probabilmente il miglior gruppo che abbia mai calcato le scene), che viene ricostruito integralmente dall'impressionante montaggio, capace di dare la sensazione televisiva, la nausea da noia, addirittura i trailer delle puntate ancora da vedere, eppure già formalizzate; in questo modo si sottrae la sensazione di assistere in diretta agli eventi da grande fratello violento, ma non si riduce il coinvolgimento (l'intento potrebbe avvicinarsi a quello che muoveva Haneke in Funny games, espungendo riferimenti pascaliani e introducendo iconografia televisiva ben più massiva del fast rewind del film del regista austriaco) e la polemica antivoyeurista, che trova nella sequenza finale (sarcasticamente ricostruita) il potente rifiuto delle regole da parte dei due poco più che trentenni ex amanti punk. Ottimo ritmo e scelta realmente televisiva dei sei potenziali assassini, che consentono uno studio sociologico della ferocia che non risparmia nessuno È un approccio più performativo di Edtv o Truman show, dove il gommoso attore non poteva rappresentare l’uomo della strada, anzi ribaltava il punto di partenza e proponeva all’uomo qualunque il modello artificiale della tv, che occupava con l'invasività del set globalizzante l'intero spazio; qui i luoghi sono i "non luoghi", cari a Marc Augé, tanto che l'intreccio più spettacolare di persone si svolge proprio in un Mall, non luogo principe popolato di simulacri, che mettono in scena una sfida tipicamente western.

Le violenze sono minime e dunque è pretestuosa la richiesta di Michele Bonatesta, vicepresidente della consulta censoria, di AN (chi se non i fascisti del pnf-msi-an?) che sbraita su un divieto ai minori per un film che anzi è altamente istruttivo per la creazione di una indispensabile autodifesa dalla televisione, ottimamente studiato attraverso una splendida alternanza tra occulta diffusione capillare della esteriorità mediatica e intimità rivelata, ma molto superficialmente, attraverso espedienti tecnici televisivi, tranne in un momento, che è quello centrale dell'incontro tra i due rivali, ex amanti, dove si sentono i loro pensieri in voice over e dunque si avverte la manipolazione della presunta realtà: infatti anche qui come in EDtv è costante la presenza delle telecamere, che diventano emblemi del controllo e della involuzione feroce della società, di cui i due ribelli si appropriano brevemente nel finale per tornare a essere manipolati. Coglie dunque precisamente l’essenza del mezzo televisivo: quel gioco tra sufficiente coinvolgimento nell’ima emotività e superficiale atteggiamento analitico di situazioni osservate con distacco dall’esterno. Commento finale: "non c'è scampo" per i sei personaggi - Pirandello non sarebbe una citazione peregrina visto che sono autori di loro stessi, ma manipolati dai canoni introiettati - che vengono introdotti all'inizio da uno stringato montaggio televisivo affidato a riprese con camera a mano, a queste è demandato il compito di notificare agli estatici malcapitati, che sono i nuovi gladiatori della quotidianità, il sorteggio che li vuole protagonisti della reciproca caccia all’uomo. Vince chi sopravvive. [c'è anche un racconto di Calvino - molto più sofisticato e completamente narrato dal punto di vista di un automobilista che sa di dover uccidere il guidatore che lo precede, ma si sorprende a fantasticare di poter essere vittima - nel quale il meccanismo del gioco si presenta lievemente diverso. Invece questo film è tratto da un romanzo americano di Robert Schekley che aveva già ispirato Elio Petri nel 1970 per un film interpretato da Mastroianni, mi ricordo La decima vittima con forti coloriture pop e atmosfera straniata, un po' lisergico]

When routine bites hard,
And ambitions are low,
And resentment rides high,
But emotions won't grow,
And we're changing our ways, taking different roads.

Then love, love will tear us apart again.
Love, love will tear us apart.

Why is the bedroom so cold?
You've turned away on your side.
Is my timing that flawed?
Our respect run so dry.
Yet there's still this appeal that we've kept through our lives.

But love, love will tear us apart again.
Love, love will tear us apart again.

You cry out in your sleep,
All my failings exposed.
And there's a taste in my mouth,
As desperation takes hold.
Just that something so good just can't function no more.

But love, love will tear us apart again.
Love, love will tear us apart again.
Love, love will tear us apart again.
Love, love will tear us apart again.

L'intreccio è complicato dal fatto che la campionessa in carica è incinta all'ottavo mese (solita storia etologica dell'aggressività della leonessa che difende i piccoli? Un must che per la sua banalità potrebbe inficiare il brillante affresco epocale, se non risultasse anch’esso parte della ricostruzione dei meccanismi televisivi) e molto tempo addietro ebbe una storia con un altro del sestetto, quando entrambi erano punk, giovani, con qualche chilo e soprattutto un tumore ai testicoli in meno (e tanta musica dei Joy Division). Per calcare la mano - ma pure questo fa parte dell'impianto di parodia dell’eclatante televisivo? - egli ha scoperto di essere gay e la moglie lo accetta fino a che ricompare la giovane assassina televisiva che fa scattare nuovamente la molla della ribellione in un finale da amour fou scardinato dal sarcasmo del regista che impone una nuova resurrezione. Uno dei tanti miracoli della televisione.

Gli altri personaggi fungono da contorno molto ben tratteggiato, mantenendosi a cavallo tra parodia e denuncia della ferocia indotta da comportamenti teledipendenti e per questo rappresentano un ampio spettro della società: Tony, un 39enne male in arnese che non sta a nessun gioco (disoccupato, padre inetto, marito inesistente, incapace di sostenere persino il ruolo televisivo: ovvero svolge fino in fondo il ruolo di fallito, suo e della nostra generazione); Lindsay, una ragazzina sedicenne che "non ha ancora fatto niente, non ha vissuto" e viene aizzata dai genitori, belve invasate; un fissato del complotto, Franklin, 72enne recrudescente che infierisce proprio su Lindsay, simbolico del vampirismo degli anziani ai danni di giovani, che non sono tali, ma sono solo macchine programmate nei dettagli; e soprattutto Connie, una terribile bigotta infermiera, un angelo della morte che pratica l'eutanasia e partecipa a fin di bene al programma. Solo nel finale viene esplicitamente coinvolto il pubblico, però è in realtà costantemente sotto tiro, fino appunto a dire chiaramente: "stupidi, mi riferivo a voi", quando ridono con l’effetto sit-com alla battuta che li riguarda (coinvolgendo anche quelli tra noi che ridono alla battuta nel facile effetto domino ch esi crea in queste strutture a scatole cinesi).

La sortita nel cinemino dell'epilogo è piacevolemnte ambigua, perché riprende atmosfere da contestazioni anarco-punx di altri tempi, ammantandole di nostalgia e dimostrando quanto siano state fagocitate, integrate e riproposte come spettacolo, manipolando gli intenti più puri; ma tutto questo non rientra nel predicozzo, bensì si presenta come possibile evoluzione di quelle pratiche irreconciliate e una possibile soluzione finale degli sberleffi di gioventù. Tuttavia il potere è in grado di assorbire tutto e dunque...