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Split
Anno: 1999
Regista: Canan Gerede;
Autore Recensione: Andrea Caramanna
Provenienza: Turchia; Islanda;
Data inserimento nel database: 29-07-1999


Visto al
Taormina 
Film Fest 99
Split

Split

Regia: Canan Gerede
Sceneggiatura: Canan Gerede
Fotografia: Peter Steuger
Montaggio: Suzanne Koch
Interpreti: Bennu Gerede (Sol), Mahir Günsiray (Halil), Baltazar Kormäkur (Fridrick)
Produzione: Eliane Stutterheim, Fridrik Thor Fridriksson
Origine: Turchia-Islanda, 1999
Durata: 103', 35 mm
In concorso

Un pugnale è conficcato su una tavola di legno, è il modo fortemente metaforico secondo la tradizione turca di sancire il matrimonio. Le immagini successive descrivono l'Islanda fredda e isolata, sommersa da coltri di neve bianchissima e spazzata da venti incessanti. Percepiamo immediatamente il contrasto: le musiche in sottofondo sono quelle calde e orientali della Turchia. Basta entrare in un pub, le musiche islandesi ci sommergono sprofondandoci in un'umanità diversa. Due culture profondamente diverse, quella turca e quella islandese, che s'identificano rispettivamente in Halil e Sol. La loro unione, fin dalle prime battute è caratterizzata da scontri, che fanno presagire chiaramente l'esplosione imminente di un dramma, la lacerazione successiva e irreversibile, che coinvolgerà i due figli innocenti. La lotta di Sol è ardua, perché "ci si può battere contro un uomo, ma non contro la religione e la mentalità di un paese".
L'idea del condizionamento culturale, della profonda influenza di regole nelle menti giovani è fondamentale, perché il film, pur essendo una cronaca fedele di fatti realmente accaduti, deve giustificare le scelte stilistiche spesso ambigue, cadendo in contraddizione, quando riportando i dialoghi delle bimbe, che accettano la cultura dell'Islam, appaiono nel volto profondamente turbate interrogate in tribunale, dopo aver chiaramente espresso una scelta in favore del padre, condannando la madre che amava un altro uomo. Il finale, dal punto di vista simbolico è, invece, chiarissimo: decine di bambine tutte vestite allo stesso modo, tutte con gli occhiali scuri, salgono su un autobus, le due protagoniste poi si tolgono gli occhiali, ma il loro sguardo è completamente spento e perduto nel vuoto.
La parte migliore del film sta nella descrizione dei piccoli gesti da parte di uomini e donne, che fanno emergere a tutto tondo la mentalità maschilista - un tema ormai ricorrente in questi giorni a Taormina - della società turca, dove la religione islamica è "un modo di guardare le cose", ma il punto di vista è sempre sfavorevole alle donne, relegandole ad una condizione inferiore. Gli uomini possono stare tranquilli, continuare ad alzarsi dal tavolo da pranzo, sedersi comodamente davanti la TV e ordinare alle mogli una tazza di caffè...

 

Conferenza stampa con Canan Gerede (Regista) e Bennu Gerede (Attrice)

Qual è il suo personale parere sul confronto tra due culture, la islandese e la turca, così differenti?
Canan Gerede: "Sono due paesi completamente diversi. Non è questione di giudicare da quale parte sta la ragione, è nei rapporti personali che inizia il conflitto."

Il fatto che il marito le strappi durante l'amplesso la croce e l'altro rapporto in cui la croce è più grande, c'è un significato preciso di entrambe le scene?
Canan Gerede: "La croce è solo un aspetto simbolico per lui, ma non per lei".

Come si è preparata per interpretare il personaggio di Sol?
Bennu Gerede: "Io sono turca e non islandese, siccome faccio la fotografa, non era un aspetto nuovo trovarmi in un set. Ho cercato di mediare le esperienze personali con il personaggio interpretato, ma non ho preparato il personaggio direttamente parlando con la persona reale".

Ha voluto approfondire i rapporti tra le culture o tra i genitori e i figli?
Canan Gerede: "Ho cercato di approfondire i fatti, più della psicologia, credo che la sicurezza che provavano in quel paese non l'avevano in Islanda, sicurezza che è importante per le bambine. È la sostituzione del padre con un'altra persona che colpisce profondamente i bambini facendoli alla fine schierare dalla parte del padre".

E la madre ha dunque sbagliato?
Canan Gerede: "Come madre aveva il diritto di vedere i figli come credeva, ma il suo comportamento è stato troppo leggero affidandosi troppo all'istinto invece di razionalizzare una situazione abbastanza compromessa e difficile da risolvere a suo favore senza l'aiuto di esperti legali.".