1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra. Boris
Sagal. 1971. USA.
Attori: Charlton Heston,
Rosalind Cash, Anthony Zerbe, Paul Koslo
Durata: 98’
Titolo
originale: The
Omega Man
New York. Un uomo gira a bordo della sua auto in una città
deserta, vede un’ombra in un appartamento, e gli spara. Dal 1975, a causa di una crisi
mondiale tra Cina e Russia, dopo l’uso d’armi batteriologice, il mondo intero è
stato contaminato. Sono tutti morti tranne lui, Robert, medico che è riuscito
ad iniettarsi l’antidoto poco prima di venir contagiato, ed un gruppo di
contaminati al terzo stadio che si lascia chiamare La famiglia, divenuti albini
e sofferenti alla luce, e guidati dal leader Mathias, che gli dà la caccia. In
giro per la città, il medico incontra Lisa, una ragazza di colore superstite, che
però fugge via. Un giorno il gruppo diretto da Mathias riesce a catturare Robert,
ma è proprio l’intervento di Lisa, e di un altro ragazzo, a salvarlo dalla
condanna a morte, colpevole secondo i contaminati di rappresentare quel modello
di progresso che ha distrutto il mondo intero. Portato in salvo, il medico
aiuta Lisa a salvare il fratello, contaminato ma non ancora al terzo stadio,
utilizzando il suo sangue (immune perché contiene l’antidoto) come siero. Una
volta che il ragazzo si è ristabilito, pronti per partire tutti lontano dalla
città, è proprio Lisa a rimanere contagiata ed a permettere alla Famiglia di
entrare nell’appartamento dove il medico vive da anni arroccato. Robert si
sacrifica ugualmente e gli altri possono scappare dalla città con l’antidoto.
Tratto dal racconto di Richard Matheson I am a Legend, il film di Boris Sagal è
il secondo rifacimento del testo, anticipato dal più riuscito L’ultimo uomo della terra (1964) di
Ubaldo Ragona. Il testo originale è rispettato nella stessa misura del film
italiano (tranne il finale quindi), sicuramente ispiratore quanto il lavoro di
Matheson, e sebbene sia dotato di un linguaggio cinematografico superiore (a
colori e con movimenti della m.d.p. che nel precedente mancavano) non affascina
come dovrebbe. L’iconografia dei vampiri emerge in maniera classica, sebbene vi
sia l’aspetto albino, così come il simbolismo del sangue (nel suo aspetto
religioso, legato soprattutto alla crocifissione) assume un valore superiore
rispetto al lavoro di Ragona. Il film ha però il pregio di contribuire alla
rivalutazione (anche cinematografica) della figura dell’uomo di colore (Lisa in
questo caso), processo che proprio il cinema di genere aveva avviato con La notte dei morti viventi (1968) di George
A. Romero, dove gli uomini di colore sono mostrati come vittime o comunque come
esseri umani da salvare. Citazione storico-politica (ma anche cinematografica)
è Woodstock – Tre giorni di pace, amore e
musica (1970) di Michael Wadleigh, la pellicola che Robert va a vedere al
cinema, e che rimanda ad un modello sociale perduto e mai raggiunto. Singolare
è invece un altro aspetto, e cioè che l’attore Charlton Heston, che aveva
interpretato anche Il pianeta delle
scimmie (1968) di Franklin J. Shaffner, un’altra pellicola antimilitarista,
sullo schermo appaia come elemento positivo, mentre nella realtà è uno dei
massimi rappresentanti delle armi (della marca Winchester se non erro). È
questa una delle contraddizioni tipiche del cinema, e del modello americano.
Bucci Mario
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