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1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra - The Omega Man
Anno: 1971
Regista: Boris Sagal;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 25-04-2005


1975

1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra.  Boris Sagal. 1971. USA.

Attori: Charlton Heston, Rosalind Cash, Anthony Zerbe, Paul Koslo

Durata: 98’

Titolo originale: The Omega Man

 

 

New York. Un uomo gira a bordo della sua auto in una città deserta, vede un’ombra in un appartamento, e gli spara. Dal 1975, a causa di una crisi mondiale tra Cina e Russia, dopo l’uso d’armi batteriologice, il mondo intero è stato contaminato. Sono tutti morti tranne lui, Robert, medico che è riuscito ad iniettarsi l’antidoto poco prima di venir contagiato, ed un gruppo di contaminati al terzo stadio che si lascia chiamare La famiglia, divenuti albini e sofferenti alla luce, e guidati dal leader Mathias, che gli dà la caccia. In giro per la città, il medico incontra Lisa, una ragazza di colore superstite, che però fugge via. Un giorno il gruppo diretto da Mathias riesce a catturare Robert, ma è proprio l’intervento di Lisa, e di un altro ragazzo, a salvarlo dalla condanna a morte, colpevole secondo i contaminati di rappresentare quel modello di progresso che ha distrutto il mondo intero. Portato in salvo, il medico aiuta Lisa a salvare il fratello, contaminato ma non ancora al terzo stadio, utilizzando il suo sangue (immune perché contiene l’antidoto) come siero. Una volta che il ragazzo si è ristabilito, pronti per partire tutti lontano dalla città, è proprio Lisa a rimanere contagiata ed a permettere alla Famiglia di entrare nell’appartamento dove il medico vive da anni arroccato. Robert si sacrifica ugualmente e gli altri possono scappare dalla città con l’antidoto.

Tratto dal racconto di Richard Matheson I am a Legend, il film di Boris Sagal è il secondo rifacimento del testo, anticipato dal più riuscito L’ultimo uomo della terra (1964) di Ubaldo Ragona. Il testo originale è rispettato nella stessa misura del film italiano (tranne il finale quindi), sicuramente ispiratore quanto il lavoro di Matheson, e sebbene sia dotato di un linguaggio cinematografico superiore (a colori e con movimenti della m.d.p. che nel precedente mancavano) non affascina come dovrebbe. L’iconografia dei vampiri emerge in maniera classica, sebbene vi sia l’aspetto albino, così come il simbolismo del sangue (nel suo aspetto religioso, legato soprattutto alla crocifissione) assume un valore superiore rispetto al lavoro di Ragona. Il film ha però il pregio di contribuire alla rivalutazione (anche cinematografica) della figura dell’uomo di colore (Lisa in questo caso), processo che proprio il cinema di genere aveva avviato con La notte dei morti viventi (1968) di George A. Romero, dove gli uomini di colore sono mostrati come vittime o comunque come esseri umani da salvare. Citazione storico-politica (ma anche cinematografica) è Woodstock – Tre giorni di pace, amore e musica (1970) di Michael Wadleigh, la pellicola che Robert va a vedere al cinema, e che rimanda ad un modello sociale perduto e mai raggiunto. Singolare è invece un altro aspetto, e cioè che l’attore Charlton Heston, che aveva interpretato anche Il pianeta delle scimmie (1968) di Franklin J. Shaffner, un’altra pellicola antimilitarista, sullo schermo appaia come elemento positivo, mentre nella realtà è uno dei massimi rappresentanti delle armi (della marca Winchester se non erro). È questa una delle contraddizioni tipiche del cinema, e del modello americano. 

                                                                                                         

                                  

Bucci Mario

                                                                                                        [email protected]