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L'estate di Giacomo Anno: 2011 Regista: Alessandro Comodin; Autore Recensione: Roberto Matteucci Provenienza: Italia; Francia; Belgio; Data inserimento nel database: 01-09-2015
“Ci sono delle nature belle e delle nature di merda.”
Abituati a vedere immagini di amore, di sesso entro normale umanità, facciamo fatica a comprendere che la sensualità appartiene a tutto il mondo. E non tutte le coppie sono Brad Pitt e Angelina Jolie. Ci sono anche i brutti, gli sfigati, i timidi, i deformati, gli ammalati. Sebbene non abbiano i principi tipici dell’attrattiva, anche noi fuori dai canoni (notare l’uso della prima persona plurale) abbiamo capacità, desiderio, voglia di amare e di avere una propensione alla sessualità.
È il tema del film di Alessandro Comodin, L’estate di Giacomo.
Nella prima inquadratura osserviamo una batteria, un apparecchio acustico, un crocefisso sul muro e un ragazzo di spalle che suona. L’autore ci porta già in un primo contrasto. Il musicista è il sordo muto Giacomo.
Giacomo e Stefania stanno andando a fare un picnic sul Trasimeno.
In una natura felice e ridente, i due ragazzi s’incontrano e si conoscono. Nella loro semplicità il loro è un sentimento definitivo. Fra loro l’attitudine alla conoscenza è passionale e amicale.
“È strano che sei felice”, “Forse sono nato infelice”, i dialoghi fra i due s’intavolano lungo le normali attività umane.
È un film discreto, gentile, educato. Quando la sensualità si trasforma in gesto erotico, è indiscutibile che tutto sia normale, e le difficoltà naturali fra i due si riempiono di spontaneità adolescenziale.
All’inizio prevale un’inquadratura alle spalle, come per estraniare i due protagonisti. I gesti sono isterici, inquieti, secchi, Giacomo ripete sempre “merda”.
Ma il coito finale riporta tutto nella normalità degli adolescenti.
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