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La ruota - La roue
Anno: 1922
Regista: Abel Gance;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Francia;
Data inserimento nel database: 22-06-2006


La grande guerra

La ruota. Abel Gance. 1922. FRANCIA.

Attori: Gil Clary, Ivy Close, Gabiel De Gravone, Pierre Magnier, Severin Mars

Durata: 90’

Titolo originale: La roue

 

 

Nizza. Prima parte. Un treno deraglia e la folla presente si anima per salvare i feriti. Il vedovo Sisifo, macchinista, si occupa di una neonata. Sisifo porta la bambina a casa sua, dove c’è già Elie, il suo bambino. Scopre da una targhetta che la bambina si chiama Norma. All’ufficio della stazione, dove si stanno catalogando gli oggetti recuperati dal deragliamento, trova una lettera che accenna proprio a Norma, e scopre che la bambina è orfana. Quindici anni dopo. Sisifo è a bere in un bar della stazione, mentre a casa Elie racconta a Norma del suo sogno di poter condividere una vita sfarzosa con lei, anziché in quella fatiscente abitazione. Elie fa il liutaio, costruendo violini. Nel bar intanto un operaio informa Sisifo di aver visto un macchinista provare ad abusare di sua figlia e nel bar scoppia una rissa tra il colpevole e Sisifo. Il richiamo al lavoro blocca Sisifo, ma il gesto è servito da lezione per tutti i presenti. A casa nel frattempo si presenta il ricco Hersan a domandare la mano di Norma. La ragazza è tentata dalla ricchezza dell’uomo, ma è troppo legata a suo fratello e quindi rifiuta. Quando Sisifo torna a casa e vede fratello e sorella troppo vicini s’innervosisce e a notte si mette a lavorare ad alcuni prototipi commissionati dal ricco Hersan. La mattina dopo Sisifo sgrida Norma perché indossa una gonna troppo corta e poco dopo lo raggiunge Hersan il quale vorrebbe accennare alla sua volontà di prendere in sposa Norma ma quando vede Sisifo impugnare un bastone per andare a far capire ai due fratelli che non possono stare troppo assieme, capisce che Sisifo ha bisogno di raccontarsi. Sisifo gli confessa che i due non sono fratello e sorella e che lui stesso, innamoratosi di Norma, vive come un’ossessione la gelosia e il senso di proprietà della ragazza, soprattutto da quando si è accorto di lei più matura. Sopraggiunge Norma e Sisifo domanda a Hersan di mantenere il segreto. Lasciati soli, Hersan prova ancora a far cedere Norma e se ne accorge Elie il quale, dopo che l’uomo se n’è andato, chiede a Norma di non sposarlo e di avere pazienza fino a che non diventerà un grande liutaio e i due potranno vivere felici assieme. A notte Sisifo dà il cambio ad un macchinista ed impossessatosi della vettura la fa partire per sdraiarsi poco dopo sulle rotaie. Sisifo vorrebbe suicidarsi, ma l’altro macchinista riesce a tirare il freno. Corre a casa e informa Norma dell’accaduto e la ragazza decide di prendere una decisione, scrivendo una lettera. Il giorno dopo padre e figlia mangiano tranquillamente ed Elie mostra il suo ultimo lavoro, finalmente un buon violino. I tre sono felici, ma un’aria di tristezza cala lentamente. Sul posto di lavoro, Hersan ricatta Sisifo per il suo silenzio, domandando in moglie Norma, ma è il richiamo al lavoro che ferma Sisifo da una reazione troppo violenta. A casa poi Hersan gli mostra una lettera scritta dalla figlia nella quale lei accetta di andargli in moglie e così Sisifo deve cedere. Norma non è però convinta, si è pentita. Una mattina Sisifo si accorge che Elie accompagna Norma alla stazione e che prende proprio il treno nel quale lui è macchinista. Colto dal senso di sconfitta per la partenza della figlia, Sisifo si fa cogliere da un raptus e spinge la locomotiva al massimo. Ancora una volta è il suo collega ad accorgersi del gesto ed a rallentare la locomotiva prima di un deragliamento. Sisifo decide di chiamare il treno con il nome della figlia. Elie scopre sul libretto di famiglia che non è stata denunciata sua sorella ed al ritorno di Sisifo gli domanda di conoscere la verità, il padre gliela racconta ma non basta ad Elie il quale vuole sapere il motivo di una menzogna lunga tanti anni. Norma intanto vive in una lussuosa villa, ed anche se Hersan ha abbandonato i suoi vizi per lei, la ragazza non è felice ugualmente. Scrive una lettera ad Elie nella quale gli comunica di sentire troppo la sua mancanza. Elie accusa il padre di questa condizione ed anche lui soffre per averla persa. Padre e figlio si abbracciano nella sofferenza. Sisifo diventa cieco a causa di un colpo di vapore negli occhi e distrugge la locomotiva. Sisifo trova lavoro per una funicolare in montagna. Hensan ed Elie si uccidono a vicenda contendendosi Norma e il padre si rifugia in una baita di montagna dove rincontra Norma. Divenuto ormai completamente cieco, muore durante una festa.   

Considerata come una summa di tutti gli esperimenti fatti sul linguaggio cinematografico dalle correnti legate al fenomeno dell’avanguardia, La ruota (distribuita anche con il titolo La rosa sulle rotaie) è un melodramma dall’apparente struttura lineare, ma dal più complesso insieme di simbolismi. Realizzato con grande maturità e coscienza cinematografica, in grado quindi di tendere le fila dei tempi narrativi attraverso il flashback o le proiezioni oniriche (il sogno tangibile del castello fatato, con Norma che si tocca la testa credendo di avere ancora il copricapo) senza mai allontanarsi troppo dalle corde emotive del racconto. Considerato nel periodo storico in cui fu realizzato, il film gode di una delle migliori realizzazioni proprio sul piano della gestione del tempo, e quindi del ritmo filmico. Abel Gance infatti distribuisce le inquadrature (maturo delle esperienze di D. W. Griffith dopo essere stato a New York per presentare J’accuse (1919) il suo precedente lavoro, ed avendo potuto vedere Nascita di una nazione (1915) del regista americano) con un giusto dosaggio del tempo, contrastando suspence e melanconia a proprio gusto. È proprio nel ritmo il punto di forza di questo melodramma, nella scelta della durata delle inquadrature in base al ritmo emotivo del racconto (con un accorciamento di quelle finali per ottenere un aumento di suspence, per esempio) ed al loro uso nella scansione dei tempi. Esemplare la rissa nel bar, con l’alternanza di pubblico e lottatori, totali e primi piani. Anche la scelta dei dettagli alternati agli sguardi dei protagonisti, introduce ad un concetto quasi puro di soggettiva emozionale, dove i particolari assumono un’importanza affettiva, fino all’identificazione completa con il protagonista attraverso l’uso della sfocatura sui dettagli dopo che Sisifo è stato colpito agli occhi dal getto di vapore. Un solo movimento di macchina, quando cioè questa esce dal bar (e dove in partenza di movimento si vede l’ombra della piccola gru). È sicuramente un film che lavora sul più semplice schema dei contrasti (i due bambini nella culla, con cane e gatto ai loro piedi; l’altalena e il treno; il paesaggio scuro della prima parte e quello chiaro della seconda) e che gode di una struttura classica del racconto, ma La ruota è un film forte anche in alcuni suoi contenuti oltre che nella forma (doppio specchio nel quale si riflette il volto di Norma, in quello sulla parete della stanza dove c’è Elie a lavorare e in quello da trucco nelle mani del ricco Hersan) soprattutto perché evidente nei suoi riferimenti (pretenziosi) alle tragedie di Eschilo, nel personaggio del ferroviere Sisifo, confinato su un monte come il mito greco classico, perché non riesce a combattere contro i suoi impulsi di fronte al progresso. Il primo testo, quello più evidente, è quello legato all’attrazione (alla base del melodramma), dalla quale il regista fa emergere tutti i suoi lati più morbosi e ossessivi (gelosia e incesto: le gambe di Norma sull’altalena) mentre il secondo, quello un po’ più sottile, è legato al rapporto tra l’operaio e il ricco imprenditore, e nella ferrovia come strumento di codifica per la relazione tra i due (emblematica l’immagine di Hersan e Sisifo alla finestra, montata con quella molto simile ma con protagonisti Norma ed Elie). Attraverso le sue prime opere dunque, Abel Gance svolse un importante ruolo nella cinematografia francese, convinto di un lirismo vertiginoso, delle possibilità creative del nuovo mezzo di espressione, che egli considerò, per il suo impatto sulla società del XX secolo, alla pari di quello ottenuto dalla tragedia greca di Eschilo fra i suoi contemporanei. Può essere inconfessabile anche l’amore del padre al progresso, l’amore dell’operaio al proprio lavoro, in una sorta di ricatto affettivo non corrisposto? La pellicola fu presentata al Gaumont Palace nel 1922. “Con questo film il cinema ha ricevuto la rivelazione dei propri mezzi, ha preso coscienza della sua personalità e della sua capacità di essere un’arte autonoma” così commentò il regista Jean Epstein dopo averlo visto [i]. Fu dopo questo film comunque che s’incominciò davvero a parlare di ritmo della narrazione cinematografica. Per certi versi, infine, ci potrebbero essere dei punti d’incontro tra questo film e L’Atalante (1934) di Jean Vigo perché in una storia che ha lo stesso malinconico sapore, c’è il senso della traiettoria, ma su diverse superfici (Vigo ha cioè spostato il confine dal limite all’illimitato, dalla rotaia e quindi dalla traiettoria segnata è passato alla mancanza delle traiettorie, all’acqua), perché entrambi hanno personaggi con caratteri mobili (treno e barca) e poi perchè entrambi fanno emergere l’affetto dei protagonisti impressionati sui medesimi caratteri (Norma nei vapori della locomotiva; Juliette nell’acqua del canale).

                                                                                                                                                    

 

Bucci Mario

        [email protected]



[i] Jean Mitry. Storia del cinema sperimentale. Clueb. pg. 79