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Flame
Anno: 1996
Regista: Ingrid Sinclair;
Autore Recensione: Adriano Boano
Provenienza: Zimbabwe;
Data inserimento nel database: 06-03-1998


Regia: Ingrid Sinclair;
Sceneggiatura: Ingrid Sinclair, B. Jago, P. Roberts;
Montaggio: Elizabeth Moulinier;
Fotografia: Joao Costa;
Suono: Faouzi Thabet;
Musica: Philip Roberts;
Costumi: Carine Tredgold
Interpreti: Marian Kunonga, Ulla Mahaka, NormanMadawo, Moyce Matura, Dick "Chinx" Chingaira;
Origine: Zimbabwe 1996. Durata: 90'
Produzione: Black and White Film Co. (Harare, Zimbabwe), JBA Productions (France), Onland Productions (Namibie)
Ha vinto il premio OAU e per la miglior regia al Southern African Film Festival. La prima fu a Cannes 1996.


    La Trama:
    Le prime immagini di fiction della sanguinosa guerra civile, la seconda
    chimurenga (1972-80), che condusse alla sconfitta del potere bianco di Ian Smith in Rhodesia.
    Flame e Liberty, nome di battaglia di Florence e Nyasha, lasciano il villaggio per arruolarsi nell´Esercito dei Rivoluzionari. Il Film ricostruisce con esattezza la quotidianità dei campi di addestramento, l´educazione politica e militare, la tragedia della guerra vera e della morte, lo stupro degli stessi compagni d´arme. Il soldato Flame non si oppone alla sorte, compie la sua missione fino in fondo senza esitazioni.


    Recensione:
    La colonna sonora si avvale di musica corale e percussioni che decorarono i chimurenga, sonorità famose durante la guerra di liberazione. La musica e la danza risultano essere le uniche due componenti espressive non colonizzate: ci regalano momenti di forte emozione, dai quali traspare la solidarietà ed il legame tra i combattenti, probabilmente perché sono i momenti in cui la regista non riesce a controllare le masse e a metterle sotto il vetrino da entomologo, che soffoca le spontanee capacitá espressive delle genti africane.
    Un altro spunto pregevole è offerto dalle foto sui titoli, che riassumono in brevi istanti la storia della colonizzazione fino a quando viene pronunciata la parola ¨Zimbabwe¨, che sostituisce la turpe ¨Rhodesia¨, con cui i bianchi avevano voluto schiacciare ogni identificazione degli autoctoni con le definizioni della loro terra. Da quel momento si contrappongono le fazioni a scatti di pose rivoluzionarie, fino alla foto riprodotta qui a fianco che incornicia l´intero film, che si dipana in un lungo flashback.

    Purtroppo la regista non dimentica il lessico cinematografico europeo: le intenzioni sarebbero buone: mostrare come delle due protagoniste quella inurbata ed in carriera, attraverso compromessi, sia riuscita nei suoi intenti, ma adattandosi più di quanto le sia stato concesso imporre il proprio punto di vista, mentre Flame, una volta disarmatasi a guerra finita, abbia finito per inseguire il solito sogno provinciale che prevede un uomo padrone (peraltro già accarezzato durante la lotta stessa, diventando prima succube e poi compagna del suo stupratore). Però la regista assegna a Flame lo spessore che altri personaggi non hanno e intravvede in lei ancora la forza di riformare il machismo della società africana. L´alternanza fra le due nel rivestire il ruolo di trascinatrice è stiracchiato per tutto il film, cercando di far emergere la rivalità tra i due punti di vista, che probabilmente dividono le donne dello Zimbabwe. Non funziona nonostante i buoni propositi perché non si riesce ad invertire la frase :"We are just women, not heroes"; è vero che non servono eroi, ma per ottenere donne partecipi, esse non andrebbero snaturate dalla occidentalizzazione, senza presentare come unica alternativa la sudditanza prevista dalla tradizione.
    Non solo Sinclair riprende e monta secondo il linguaggio occidentale, e quindi ci ammannisce un villaggio distrutto dai bianchi, mostrato a posteriori, ma ancora con le grida dei bambini sullo sfondo, forse come prolessi dell'attacco aereo, che invece risulta memore del cinema di guerra, ma soprattutto dei western (rivelando il suo atteggiamento sofferente comunque della sindrome da nativo pellerossa). Che differenza da Sayles, che invece si è lasciato andare alle suggestioni e alle simbologie messicane nella stessa situazione!
    Non solo formalmente, ma aggiunge all´intreccio anche la struttura occidentale: storielle d´amore, interrogatori e inquadrature di sordidi traditori, ripresi con la laida espressione che si addice agli infami d'Occidente. Possibile che nel sud del mondo non esistano altre modalità di rappresentazione?
    Il repertorio elementare e retorico fin qui descritto dovrebbe adescare il pubblico femminile, solleticando il solidarismo attraverso episodi macabri (la maglietta anti-proiettile con su scritto ¨Ecco Zimbabwe le tue leonesse¨, foriera di morte a chi l´aveva appena costruita), ambigui (il compagno, poi marito e infine padrone che sussurra ¨Mi prenderò cura di te¨, insufflando una nota di melenso sentimentalismo) e, come avvenuto anche per le donne chiapaneche, tenta di evidenziare segnali dell´avvenuta emancipazione femminile grazie alla guerriglia, ma la recitazione impacciata e la regia contenuta impediscono l´emersione anche di quei pochi spunti interessanti, come la consapevolezza della foresta sviluppata da Flame durante la guerra e che potrebbe permettere di porre le basi della futura africanità, in congiunzione con la capacità di Liberty di scrivere.

    Reazioni:
    Sinclair Ë stata accusata di destabilizzare il Presidente Robert Mugabe, perchè mettere in mostra alcuni aspetti della lotta di Indipendenza minerebbe le basi della legittimazione del Governo.
    Il soggetto ha indispettito i vecchi combattenti, che hanno accusato la regista di pornografia, interessando la polizia, che ha bloccato per un certo tempo le pizze del film, dopo che si fu scatenata una campagna stampa virulenta contro la regista.





    La Regista:
    D´origine inglese, ma ormai d´adozione dello Zimbabwe, Ingrid (nata a Bristol nel 1948) studia dapprima medicina e letteratura inglese, poi si dà alla fotografia e alla realizzazione di documentari. Militante in organizzazioni a favore dei diritti umani, si batte controle censure nel paese africano in cui vive dal 1985, quando lascia l´Inghilterra per trasferirsi definitivamente in Zimbabwe dove comincia a produrre documentari con il marito Simon Bright, conosciuto quando arrivò per la prima volta in Zimbabwe per girare un documentario sul lavoro di suo fratello che lavorava presso il Ministero dell´Acqua.

    Flame è il suo primo film di fiction; i titoli dei corti precedenti sono: Wake up (1989), The sanction debate (1990), Bird from another word (1992), una lirica esplorazione di due scultori dello Zimbabwe, premiato al Festival del cinema africano di Milano (questo documentario permise di raccogliere fondi in Svizzera per realizzare Flame), More Seeds From Better Trees (1995). Ma il primo film da lei realizzato riguardava il mondo dei travestiti. Il primo da lei diretto fu Harriet Vyse, un documentario su un sindacalista gobbo e nano.
    Il prossimo progetto prevede di mettere in scena il genocidio del Ruanda con i soldi realizzati dal successo di
    Flame.
    Altro progetto riguarda un film sulla vita dell´autore esiliato Bessie Head