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Il cacciatore - The Deer Hunter
Anno: 1978
Regista: Michael Cimino;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Usa;
Data inserimento nel database: 02-12-2003


La grande guerra

Il cacciatore. Michael Cimino. 1978. USA.

Attori: Robert De Niro, John Savage, Meryl Streep, Christopher Walken, George Dzundza, John Cazale

Durata: 183’

Titolo originale: The Deer Hunter

 

 

Clayton, Pennsylvania, USA. Un gruppo di operai di una comunità russa si organizza per il matrimonio ortodosso di uno di loro, Steven promesso sposo di Angela, e per una battuta di caccia. Tre del gruppo il giorno dopo dovranno partire per il Vietnam: Steven, Nick Chevatorevich, fidanzato della bella Linda, e Michael Vronsky. Catturati in guerra, tutti e tre si ritrovano ad essere usati dai vietcong come oggetti di scommesse. La roulette russa è il gioco in questione. Steven, posto di fronte a Mike, non ha il coraggio di uccidersi e quindi è rinchiuso in una gabbia immersa nel fiume e piena di topi. Nick e Mike, messi di fronte uno all’altro, riescono a convincere i guardiani a mettere tre pallottole nella rivoltella e con queste riescono ad uccidere tutti i presenti ed a fuggire con Steven aggrappandosi ad un grosso tronco alla deriva nel fiume. Sopraggiunto un elicottero solo Nick riesce a mettersi in salvo mentre Mike e Steven cadono in acqua e quest’ultimo va a sbattere sulle rocce. In ospedale, Nick dà i primi segni di squilibrio ed a Saigon, in libera uscita, trova un posto dove la gente scommette denaro con la roulette russa. C’è anche Mike nello stesso posto, ma non lo vede. Di ritorno a casa sua Mike prima diserta la festa che i compagni gli hanno preparato e la mattina dopo va trovare Linda. Il reinserimento di Mike è difficile e quando scopre che Steven è ritornato in America decide di andarlo a trovare. Questi è in un ospedale per reduci di guerra, con tutte e due le gambe amputate ed un braccio in meno. Steven mostra a Mike un cassetto pieno di dollari che gli sono spediti da Saigon. Convinto allora che sia ancora vivo, Mike ritorna a Saigon, ormai prossima a cadere, e si fa accompagnare dal francese che organizzava gli incontri, nella bisca dove immagina di ritrovare Nick. Il suo vecchio compagno di caccia è lì in effetti, che si gioca la vita alla roulette russa. Mike cerca di convincerlo a tornare a casa ma questo prima non lo riconosce e poi, messi uno di fronte all’altro, proprio quando sembra riconoscerlo, muore sparandosi in testa. La salma torna negli Stati Uniti e dopo il funerale, i reduci ed i compagni che non erano partiti, con le loro rispettive donne, si ritrovano a cantare God bless America in memoria di Nick. Sullo sfondo, costante la fabbrica.

Quello che Cimino porta sullo schermo non è la storia del Vietnam e non è nemmeno la storia di una guerra, quanto la storia degli Stati uniti d’America in uno dei momenti più bui e difficili che non abbia mai creato per se stessa. Con abbondanza di carrelli (su terra ed in acqua) piani sequenza e movimenti lenti della macchina da presa Cimino racconta non una storia, ma la Storia di un paese orgoglioso (Mike che incita Steven a spararsi durante la roulette russa per mostrare al nemico di cosa sono capaci) fino alla follia (Nick che continua a giocare alla roulette anche quando Saigon sta per cadere). Sceneggiatura d’acciaio di Deric Washburn, che oltre a dividere in due consistenti parti la trama (il matrimonio ed il ritorno, divisi dall’esperienza della guerra) delinea i personaggi senza trascurarne i particolari: la freddezza di Mike che si trasforma in pietà attraverso il suo obiettivo preferito, il cervo, prima agonizzante e trofeo di una battuta di caccia e poi lasciato vivere in una seconda battuta, di ritorno dal Vietnam; l’azzardo di Nick, giocatore nato (scommessa con il camion, il football ed il biliardo); l’innocenza di Steven, per il quale il destino ha già deciso, quando versa le gocce dal calice della fortuna durante il rito del suo matrimonio; la sofferenza delle donne che rimangono a casa, Angela che impazzisce e Linda che non sa che male la tormenta; personaggi interpretati con assoluta devozione alla causa: la tragedia di un gesto folle e collettivo. La costruzione del linguaggio è consegnata oltre che alle parole (i ragazzi chiedono ad un berretto verde “Com’è laggiù?” e quello ripete con distanza “In culo”) soprattutto alle immagini: il matrimonio, la madre di Steven che piange in chiesa (carrello all’indietro) e parla delle disgrazie del figlio, il matrimonio con una donna senza scrupoli non timorata di Dio (gli USA?) e che sta partendo per il Vietnam; la battuta di caccia (vista prima e dopo l’esperienza della guerra e Mike che mostra a Stan l’inutilità della sua pistola); i silenzi tra vecchi amici al ritorno di Mike ed al suo difficile ma progressivo reinserimento (“Mi sento lontano” confessa a Linda che gli chiede di andare a letto); la roulette russa (prima contro il nemico, poi contro il proprio compagno, per orgoglio, sopravvivenza o per denaro, senza differenza) e le fortissime riflessioni ad essa legate. Cinque premi Oscar: miglior film, regia, attore non protagonista per Christopher Walken, montaggio (Peter Zinner) e suono.  Nel 1979 al festival di Berlino, la proiezione del film costrinse una delegazione sovietica ad abbandonare la manifestazione in segno di protesta contro l’eccessiva rappresentazione delle torture inflitte dai loro alleati (vietcong) ai prigionieri (Di Giammatteo – Dizionario del cinema americano).

Crudo, sentimentale, eterno, con obbligatorio confronto con Apocalypse now (1979) di F.F. Coppola. Walken e De Niro si sono incontrati sul set solo un’altra volta, in Amanti, primedonne (1992) di Barry Primus.

Per concludere, Linda chiede a Mike “L’avresti detto che la vita sarebbe cambiata così?” “No”.

 

 

Bucci Mario

[email protected]