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Monsieur Ibrahim et les fleurs du Coran - Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano
Anno: 2003
Regista: François Dupeyron;
Autore Recensione: Mauro Pons
Provenienza: Francia;
Data inserimento nel database: 19-09-2003


Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano - FRANçOIS DUPEYRON

François Dupeyron

Monsieur Ibrahim et les fleurs du Coran

Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano






 



Regia:  François Dupeyron
Sceneggiatura:  François Dupeyron, Eric Emmanuel Schmitt
Fotografia:  Rémy Chevrin
Montaqgio:  Jean Dubreuil
Musica:  Valérie Lindon

CAST

Starring: OMAR SHARIF, PIERRE BOULANGER, GILBERT MELKI, ISABELLE RENAULD, LOLA NAYMARK, ANNE SUAREZ, MATA GABIN, CÉLINE SAMIE, ISABELLE ADJANI

Produzione: Lucky Red
Durata: 101'
Anno: 2003
Nazione: Francia

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Un destino negletto

Ci sono molte ragioni per sentirsi infelici in quella stagione della nostra vita, quando non sei più un ragazzo e non sei ancora un uomo: non hai più l' età per giocare e nessuno ti prende seriamente in considerazione perché sembri così indefinito, creatura ancora sessualmente indistinta, dal viso di fanciullo, ma mani e piedi grossi che fatichi a trascinarti dietro. Quando poi tua madre se ne è andata di casa con tuo fratello maggiore, lasciandoti solo con un padre che spande intorno a sé solo un senso di freddo ed inadeguatezza, non si può che concludere che, forse, era meglio non venire al mondo. Quale futuro può toccare in sorte ad uno "sfigato" simile? ad uno che si tormenta nel cercare di comprendere i motivi perché proprio lui, il più piccolo dei figli, è stato abbandonato dalla madre? uno che deve continuamente confrontarsi con il fantasma del fratello Popol, il quale, non solo si impegnava nello studio, ma, soprattutto, non sporcava mai la vasca da bagno, non faceva la pipì fuori dal cesso e leggeva solo i libri preferiti da papà?. Pensiamo: suicidio, fuga da casa o omicidio del padre?. Invece anche uno, a cui il destino sembra aver riservato una vita da infelice, alla fine può farcela a trovare una sua dimensione esistenziale piena di senso.


Bildungsroman

È questa la storia che ci viene raccontata in Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano di François Dupeyron, tratto dall'omonimo romanzo di Eric-Emmanuel Schmitt (Roma, Edizioni e/o, 2003). Mosè, detto Momo, è l'adolescente che sente l' uomo crescere dentro il proprio corpo, pieno di emozioni e sentimenti contrastanti che trasbordano e accelerano il ritmo della sua crescita biologica. Ibrahim, interpretato da un meraviglioso Omar Sharif, è "l'arabo" - in realtà persiano -, che vive in rue Faubourg-Poissonnière, la via degli ebrei di Parigi, il quale diventerà il compagno di strada di Momo nel suo processo di maturazione fino alle soglie dell'età adulta. Racconto di formazione, in parte, ma anche storia di un viaggio vero da Parigi al paese di origine di Ibrahim, metafora di quel cammino che ogni essere umano deve compiere fuori di sé per prendere contatto con la realtà del mondo. Storia di un ragazzo che cresce, ma anche una storia al maschile in un doppio senso: da una parte, le donne vi appaiono come figure di contorno, non solo perché assenti (la madre), ma perché sfumano in una dimensione simbolica (le prostitute, l'attrice o l'icona della ragazza coetanea di cui Momo si innamora); dall'altra parte, la relazione tra Momo ed Ibrahim è qualcosa di più che una amicizia, non è solo complicità, ha in sé una fisicità che permette a entrambi di scoprire una intimità che li coinvolge a tal punto da eliminare dalla loro esistenza ogni altra cosa che non sia il semplice stare insieme, la condivisione di progetti, sogni e speranze.


Ma è anche una storia che mette a confronto identità culturali e religiose diverse. Quando, seduti in un caffè, Ibrahim ordina una anisette, Momo osserva che i musulmani non bevono alcool. Ibrahim gli risponde che lui è sufi e che il sufismo non è una malattia, ma solo un modo di pensare ("Secondo il mio Corano"). Per Momo, il rapporto con la fede ebraica è molto più complesso e problematico, un ostacolo da superare in qualche modo, perché troppo identificabile con un padre "depresso tutto il giorno" e, nello stesso tempo, una identità "che mi impedisce di essere qualcos'altro". In ogni caso anche la lettura del Corano, il confronto con un altro testo "sacro" in grado di aprire l'orizzonte della felicità a Ibrahim, non aiuta Momo a comprendere o a dare un senso alla propria esistenza. "Sai, Momo, - osserva Ibrahim - l'uomo a cui Dio non ha rivelato la via direttamente, non troverà certamente la rivelazione in un libro". Ma è possibile che Dio si riveli a Momo nel mondo claustrofobico del quartiere ebraico di Parigi? Come Abramo anche Momo dovrà lasciare la sua Charan per recarsi nella sua terra promessa, ma a differenza del primo, non in risposta a una vocazione che ha ricevuto, ma per trovare la propria vocazione.

A provocare questa dislocazione geografica e mentale è prima il suicidio del padre, l'adozione di Momo da parte di Ibrahim e, infine, il lungo viaggio da Parigi alle terre dell'Anatolia. Dal mondo ristretto del quartiere alla bellezza di una natura selvaggia e solare; dalla città piena di persone che riempiono fino alla saturazione la strada al deserto nel quale Momo, ma anche Ibrahim, possono riconciliarsi con se stessi e le proprie vite. In seguito a un incidente stradale Ibrahim muore. Momo torna a Parigi e il film si conclude con lui che lavora come "l'arabo" del quartiere, nel negozietto di alimentari ereditato da Ibrahim. La vita continua, Momo sostituisce Ibrahim e un altro adolescente prende il posto di Momo: in una società che non produce più dei padri, in cui le madri sono assenti, è possibile che qualcuno possa incontrare un vecchio "saggio", un maestro di vita, che prende atto del fatto che tu sei una persona da accompagnare per un tratto della tua esistenza. Con umiltà, nel dialogo paritario, non insegna, ma ti aiuta a scoprire il senso della vita, secondo il mio Corano.

Mauro Pons