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Ballo a tre passi
Anno: 2003
Regista: Salvatore Mereu;
Autore Recensione: Andrea Caramanna-
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 05-09-2003


Ballo a tre passi
Visto a Venezia 2003
Visto a Venezia 2003

Ballo a tre passi
Regia: Salvatore Mereu
Sceneggiatura: Salvatore Mereu
Fotografia: Renato Berta, Tommaso Borgstrom, Renato Bravi, Nicolas Franick
Scenografia: Giada Calabria
Montaggio: Paola Freddi
Costumi: Stefania Grilli, Silvia Nebiolo, Valentina Scalia
Interpreti: Caroline Ducey, Yaël Abecassis, Michele Carboni
Produttori: Gianluca Arcopinto, Andrea Occhipinti
Produzione: Eyescreen
Distribuzione internazionale: Eyescreen /Lucky Red
Anno di produzione: 2003
Durata: 107’
Formato 35 mm, colore
Versione originale italiana
Settimana internazionale della critica

Sorpresa, meraviglia e stupore in cerca di briciole autentiche d'umanità. Visioni pervase, penetrate dallo spazio antropologico, ovvero la stretta contiguità degli uomini con le cose che li circondano. Etnografia che si lacera improvvisamente quando la mdp si apre alla modernità di una spiaggia affollata da gaudenti bagnanti, turisti ai quali la "pesantezza" della terra appare come colore pittoresco. L'incontro tra il pastore Michele e la bella Solveig che piomba letteralmente dal cielo è metaforicamente il primo rapporto erotico (mai filmato) tra antico e moderno, fusione diretta tra corpo istintivo, pulsionale e razionalità desiderante (della tecnologia: l'ebbrezza del volo, dell'elica dell'aereo). L'arrivo della suora Francesca nella affollata, caotica ebbrezza familiare più che un ritorno a casa, è il fenomeno di contaminazione tra riti. La monaca rappresenta l'assolutezza della disciplina, il ritiro e la chiusura, il silenzio rigoroso della concentrazione mistica della preghiera, l'isolamento dalle distrazioni mondane; dall'altra parte la famigli presa nell'organizzazione di un baccanale pagano, il matrimonio che si celebra all'aperto, tra balletti, le emozioni forti del rito col temporale improvviso che scompiglia la buona organizzazione della festa. Il cinema di Mereu, partendo da un segno antropologico, riesce perfettamente a rappresentare il conflitto di una storia, anzi di episodi che fanno infine la Storia di un paese. Certo questa Sardegna appare coraggiosamente aggrappata alla tradizione. Il cammino verso la civiltà dei consumi (i turisti sono solo consumatori), di fronte alla dimensione di purezza dei personaggi antichi, appare semplicemente ridicolo e non necessario. Ed il passaggio delle stagioni sottolinea questa alternanza precisa tra uomo e natura, mentre sulla spiaggia il medesimo passaggio coincide esclusivamente con la presenza di bagnanti. Quei personaggi antichi hanno pochissimo a che fare col mare. Sono ritirati nella terra, perché è la pastorizia l'attività che li sostiene. Così i bambini si chiedono dove inizi il mare, mentre l'acqua salata può esser bevuta: un contatto tenerissimo, una sola inquadratura che ci dice in modo meraviglioso che lo stupore, l'ingenuità speciali del passato occupano ancora la postmodernità.