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Beautiful thing Anno: 1996 Regista: Hettie MacDonald; Autore Recensione: l.a. Provenienza: UK; Data inserimento nel database: 06-03-1998
Beautiful Thing (id.), di Hettie MacDonald.
Sceneggiatura, J. Harvey. Con L. Henry, G. Berry, S. Neal, B.
Daniels, T. Empson. G.B., 1996. Dur.: 1h e 30'.
Prendete le atmosfere dolenti e le ambientazioni
suburbano-proletarie delle canzoni degli Smiths, miscelatele con i
Bronsky Beats di Smalltown Boy, filmatele con il taglio essenziale e
realistico del Frears migliore - aprendo talvolta a sequenze
liricamente (studiatamente) kitsch; contrappuntatene la
drammaticità con dialoghi schizofrenicamente altalenanti tra
tragico e comico alla Mike Lies, iniettate ottimismo e delicatezza di
tono, popolatele di attori teatrali che non soffrono la
macchina da presa: otterrete un mix che avrà il sapore di
"Beautiful Thing". Ambientato in una casa popolare di una
città satellite di Londra, Thamesmead, narra la storia di due
giovani gay, del loro innamoramento, delle loro prime esperienze,
delle difficoltà di accettare e dichiarare la propria natura
in un contesto chiuso quando non ostile. Dramedy (ovvero, drama +
comedy) perfettamente in equilibrio tra i due poli, ha la sua origine
in un testo teatrale scritto nel '92 da un allora appena
ventiquattrenne Jonathan Harvey (messo in scena al "Bush" di Londra
dalla stessa regista che poi ne ha diretto l'adattamento
cinematografico, ovvero Hettie MacDonald, su sceneggiatura dello
stesso autore). L'essenzialità è il tratto più
evidente dell'operazione: tre alloggi che si affacciano sullo stesso
ballatoio, tre famiglie esplose-frammentate-dimezzate, tre
adolescenti (i taciturni Jamie e Ste; e la ciarliera Leah, cultrice
di Mama Cass dei "Mamas And Papas") e come collante Sandra, giovane
ed energica madre di Jamie (involontaria Cupido tra i due)... Ridotti
al minimo gli elementi portanti, costretti / concentrati in uno
spazio altrettanto minimo, vengono lentamente portati ad un punto di
rottura, di non ritorno: ma l'ostacolo del didascalismo viene
regolarmente scansato all'ultimo istante grazie a dialoghi che
spostano fulmineamente il baricentro delle situazioni, facendo
slittare il drammatico verso il comico senza soluzione di
continuità (fino al momento di chiusura del cerchio, in cui
dal comico emerge il sottotesto drammatico).
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