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Beautiful Girls Anno: 1996 Regista: Ted Demme; Autore Recensione: l.a. Provenienza: Usa; Data inserimento nel database: 07-05-1998
BEAUTIFUL GIRLS di Ted Demme
Beautiful Girls (id.), di Ted Demme. Script, S. Rosemberg.
Con M. Dillon, T. Hutton, M. Sorvino, U. Thurman, L. Holly, M.
Rapaport, N. Emmerich. Usa, 1996. Dur.: 1h e 50'.
Periodo post-natalizio di un inverno rigido. Willie, musicista
da piano-bar, lascia New York per tornare nella cittadina natale,
Knight's Ridge, Massachusettes, per partecipare ad un raduno annuale
di ex-compagni di liceo. A Knight's Ridge ritrova gli amici di
sempre. Le due settimane che vi trascorre sono spese tra spalate
di neve e lunghe veglie alcooliche durante le quali gli amici
ritrovati si raccontano, confessano, chiacchierano fino all'alba...
parole parole parole, abbondanti come la neve che fiocca continuamente.
Parole, racconti nel racconto, flussi di coscienza liberati dalla
birra e dal whisky. Le ore diurne sono spese per litigare con
le rispettive fidanzate ed amanti; quelle notturne per sfogarsi
con gli amici, o per essere picchiati da mariti traditi. In mezzo
a questa tormenta di neve e sentimenti, Willie, elemento di novità
dopo la prolungata assenza, funge da catalizzatore e valvola di
sfogo... Se non fosse che lo stesso Willie è sentimentalmente
e psicologicamente "a terra" quanto gli altri. Ha una
fidanzata-avvocato "in carriera" bella, intelligente,
affascinante e di successo; forse troppo perfetta. Al contrario,
Willie non vede sbocchi nel suo lavoro, è disilluso, senza
più entusiasmo, sente di dover prendere delle decisioni
(lavoro, matrimonio...) e si sente perso: il confronto con la
fidanzata è schiacciante su tutti i fronti. Ha bisogno
di qualcosa di nuovo, di stimolante, per allontanarsi dalla propria
realtà: ad ogni piè sospinto crede di innamorarsi.
Attorno a lui si muovono gli amici, altrettanto confusi in campo
esistenzial-sentimentale. Sembrerebbe materiale trito e ritrito,
visto e rivisto nel cinema che ha come oggetto la X-Generation,
da "Singles" a "Giovani, Carini e Disoccupati"...
ma i protagonisti di "Beautiful Girls", alle soglie
dei trent'anni, si distaccano dalle problematiche di quelle pellicole:
il problema non è abbandonare l'adolescenza e diventare
adulti in una società senza prospettive né valori
ecc. ecc. - il lavoro, la carriera, ribellione all'edonismo, ricerca
di un'alternativa al way-of-life dei genitori, con pistolotto
finale su quanto sia importante l'amore in un mondo confuso...
"Beautiful Girls" ruota solo ed esclusivamente attorno
alle varie sfaccettature del problema "amore" in un
ben preciso momento della vita, al di là di problematiche
generazionali. Parallelamente - sottovoce: il tarlo del dubbio
di chi ha lasciato famiglia, amici, abitudini, per raggiungere
un obiettivo ed avverare un sogno, ma deve prendere coscienza
del fatto che forse la meta non verrà mai raggiunta. I
cinque amici rappresentano cinque modi differenti di affrontare
il mondo femminile: c'è chi si è sposato, chi una
donna forse non la troverà mai ed è relegato nel
ruolo di spettatore, chi approfitta dei sentimenti, chi vive di
sogni di donne da sogno e di affari di cuore non ne capisce niente...
Uomini perplessi, fanfaroni, infantili, sensibili alla bellezza,
dal cuore tenero... problematici: perché alla soglia dei
trent'anni non si arrendono - e soprattutto non sanno a che cosa
sentono di doversi arrendere. Anche questo è visto e rivisto,
trito e ritrito: ma i caratteri sono ben costruiti, ben tratteggiati;
le situazioni sono ben delineate, le sfumature ben distribuite.
In funzione di contraltare, il gruppo delle donne: più
mature, più sagge - per loro il momento della crisi sembra
essere lontano; sanno cosa vogliono, sanno tagliare di netto oppure,
se ne vale la pena, sanno aspettare - chi più, chi meno.
Però qualcosa (troppo) non funziona in questo film: "Beautiful
Girls" vive di una contraddizione interna che lo fa crollare.
E' un film impostato sulla semplicità e tutto sommato sul
realismo; ed è affettato, falso, nei risultati. Problema
n°1, la recitazione: un cast all-stars, che tuttavia non
funziona assolutamente (fatta eccezione per la giovane Natalie
Portman, baby-killer-apprendista in Lèon, anche
in questa sua performance più che convincente). Problema
n°2, la regia: il nipote di Jonathan Demme, Ted, non ha il
tocco dell'illustre parente, ed appiattisce ogni drammaticità
spezzando monologhi con tagli fuoriluogo, annullando ogni impressione
di verità con un montaggio pesante, scandendo i piani sempre
fuoritempo vanificando ogni possibilità comica (o drammatica)
della situazione ripresa. Problema n°3, i dialoghi: il contenuto
è "vero", la forma è "falsa";
ogni qualvolta i protagonisti si abbandonano alle loro riflessioni,
le parole si staccano dalla realtà dei personaggi, si fanno
ricercate, poco credibili nel fuoriuscire da bocche di uomini
ubriachi ed in confidenza - come se si temesse la volgarità,
o la perdita di credibilità. Il contenuto può essere
poetico, ma è esagerato pretendere che tutti parlino come
poeti. Beneficio del dubbio: potrebbe essere un errore di traduzione.
Ma, tornando al problema n°1, le espressioni del volto degli
attori poco convincono... Tutto troppo "pulitino", troppo
"politically correct"; teatrale, nel complesso; a tratti
stucchevole.
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